AGI - La Prefettura di Istanbul ha vietato la marcia prevista per l'8 marzo, giornata internazionale della donna, giustificando il provvedimento con "motivi di ordine pubblico". Il divieto, opposto negli ultimi anni per volere del presidente Recep Tayyip Erdogan, ha comportato un massiccio schieramento di polizia in assetto anti sommossa nel quartiere centrale di Beyoglu. Gli agenti hanno blindato piazza Taksim con transenne e iniziato a presidiare gli accessi alla centralissima Istiklal, arteria pedonale tradizionalmente designata come luogo di marce e proteste che poi sfociano in piazza Taksim. La prefettura ha anche annunciato che, partire dalle prime ore del pomeriggio (14 ora locale, 12 a Roma), due fermate della metropolitana saranno chiuse, così come anche la funicolare che porta a piazza Taksim: una misura presa appositamente per rendere difficile l'accesso ai luoghi dove avvengono le manifestazioni. Inoltre, è previsto il controllo di polizia nelle strade laterali che conducono all'area, e da stamane sono state posizionate transenne: il passaggio sarà consentito solo a turisti e residenti. La decisione è coerente con la stretta alla libertà di manifestare degli ultimi anni, ed è particolarmente controversa perchè, quando non è stata vietata, la marcia ha sempre avuto toni pacifici.
Al contrario, la decisione della prefettura si è concretizzata in una presenza a dir poco imponente di forze di polizia che hanno letteralmente militarizzato il centro della città. Negli ultimi anni a Istanbul e nella capitale Ankara lo stesso copione è andato in scena sistematicamente ogni 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne e ogni 8 marzo, ma anche in occasione di gay pride e di marce di solidarietà nei confronti dei detenuti. Un tale schieramento di forze mette in risalto uno dei veri nodi critici dell'amministrazione Erdogan che riguarda appunto la scure sulla libertà di manifestare. Tra gli slogan dei gruppi femministi e Lgbt-Q+ non manca mai il riferimento al protocollo di Istanbul contro la violenza di genere, che il governo Erdogan ha deciso di abbandonare nel 2021 tra roventi polemiche. Numerose associazioni di donne turche hanno condiviso messaggi sulle piattaforme social con cui chiedono che la Turchia torni ad aderire al Protocollo di Istanbul sulla violenza di genere e una legislazione che protegga le donne in un Paese in cui, solo nel 2023 ben 315 donne sono state uccise da uomini, 334 nel 2022. Le organizzazioni per i diritti delle donne in Turchia denunciano che la maggior parte dei femminicidi sono vere e proprie tragedie annunciate e auspicano, oltre a misure concrete, un cambio di mentalità nella società turca.