AGI – Marmi bianchi di Carrara, mattoni d’argilla fatti a mano e arenaria rosa. Ci sono voluti oltre 2mila artigiani solo per scolpire i 200 pilastri colorati raffiguranti decine di divinità. Ma dopo quattro anni di cantieri nell’area desertica di Abu Mureikha, tra Dubai e Abu Dhabi, il tempio induista Mandir è stato ufficialmente consacrato dal leader della nuova India, il subcontinente che già nel 2030 potrebbe diventare la terza economia del pianeta: il premier Narendra Modi.
Il BAPS Hindu Mandir, costruito su un territorio di 110 mila chilometri quadrati donato dal governo degli EAU aprirà i battenti a oltre 3,5 milioni di fedeli, emigrati nelle due metropoli emiratine, il 18 febbraio.
L’attesa inaugurazione del tempio - il più grande di tutto il Medio Oriente, il primo interamente costruito secondo i canoni della tradizione – era stata anticipata dai media locali da giorni, alla stregua di un grande evento. Solo poche settimane fa, del resto, Modi aveva celebrato la riapertura del tempio dedicato al dio Ram, nella città indiana di Ayodhya. Tempio che ha preso il posto di una moschea del XVI secolo abbattuta dalla folla indù nel 1992. E mentre l’India si prepara a tornare alle urne, molti analisti hanno ritenuto che anche l’apertura del tempio di Abu Dhabi, in un Paese che l’India considera ‘fratello’ e ‘strategico’, fosse un tassello di una più vasta strategia pre-elettorale del premier, chiaramente di stampo induista-nazionalista.
Ed, effettivamente, la cerimonia è stata all’altezza delle previsioni: evocativa e grandiosa, ma nel segno della tradizione e di una spiritualità induista che ora, dopo decenni di silenzio, ha l’ambizione di parlare al mondo.
La nuova “casa” per gli indiani della ‘diaspora’ nel Golfo deve essere “simbolo dell’unità del Pianeta” ha detto Modi, affiancato dalle autorità religiose, dopo aver offerto l’acqua sacra nei fiumi (virtuali) Ganga e Yamuna, e aver seguito scrupolosamente tutti i rituali religiosi della cerimonia a beneficio delle telecamere di tutte le testate internazionali.
Perché il nuovo, monumentale tempio è “manifesto di tolleranza e della capacità di coesistere pacificamente” dimostrata dagli EAU, un Paese – ha detto Modi – “che oggi ha scritto un altro capitolo d’oro nella storia dell’Umanità”.
Come gli antichi santuari BAPS - acronimo dell’organizzazione socio-spirituale induista nata 200 anni fa nello Stato natale di Modi, il Gujara, per promuovere pace e armonia globale – l’Hindu Mandir di Abu Dhabi è stato realizzato senza utilizzare acciaio, ferro o cemento armato.
Per costruirlo state ordinate oltre 5mila tonnellate di marmo bianco di Carrara e 14mila tonnellate di arenaria rosa, lavorate in Rajastan e assemblate a Dubai.
Una struttura alta 32 metri, realizzata secondo la tipica tecnica a “strati” successivi utilizzata per i templi, con decorazioni fatte a mano e marmi esterni a ‘consolidare’ una struttura che ha richiesto anche 20 mila tonnellate di pietra e milioni di mattoni di argilla fatti a mano.
L’India – ha proseguito Modi – sta lavorando con gli EAU per “promuovere la missione ‘Un Pianeta, una Salute’” perché “la nostra cultura ci ispira a impegnarci per il benessere del Mondo” ha spiegato caricando d’enfasi il discorso. Intanto, la settima visita del premier indiano che si sta concludendo in queste ore ha permesso al Premier di portare a casa, a soli due mesi dalle urne, importanti successi nel Paese del Golfo: il lancio del primo sistema di pagamento istantaneo e condiviso negli EAU (la carta ‘Jaywan’), una serie d’importanti accordi strategici nel campo della difesa e delle nuove tecnologie, la promessa da parte dell’Emiro di un altro regalo prezioso’ alla comunità indiana del posto: altri ettari di terreno per la costruzione di un ospedali per i lavoratori indiani nel Paese…E non è davvero poco.