AGI - Le parole di Donald Trump sul futuro della Nato sono state accolte con preoccupazione, con scherno, con sufficienza, ma tutte le reazioni hanno portato alla luce una realtà con cui la diplomazia fa i conti già da qualche tempo: l'ipotesi che l'Alleanza vada avanti senza gli Stati Uniti.
I leader europei stanno discutendo senza isterie su come prepararsi per un mondo in cui Washington possa non essere più il fulcro dell'Alleanza nata 75 anni fa. Pur se con la consueta ampollosità del suo eloquio elettorale, Trump ha comunque forzato il dibattito europeo e lo ha portato dalla discrezione delle cancellerie a una dimensione molto più pubblica.
La sua minaccia - invitare Vladimir Putin ad attaccare una nazione membro dell'alleanza non i regola con i pagamenti per far parte del club difensivo - ha stupito molti in Europa, soprattutto dopo tre anni in cui il presidente Biden, nel tentativo di ripristinare la fiducia perduta durante i quattro anni di mandato di Trump, ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti avrebbero "difeso ogni centimetro del territorio della Nato". E mentre un portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha denunciato i commenti di Trump come "sconvolgenti", domenica mattina questi avevano già avuto risonanza presso quanti sostengono da tempo che l'Europa non può dipendere dagli Stati Uniti per scoraggiare le intenzioni espansionistiche della Russia.
Charles Michel, presidente del Consiglio europeo ha scritto che "dichiarazioni sconsiderate" come quella di Trump "servono solo l'interesse di Putin" e rendono più urgenti i nascenti sforzi dell'Europa per "sviluppare la sua autonomia strategica e investire nella sua difesa".
E a Berlino, Norbert Roentgen, membro della commissione per gli affari esteri del parlamento tedesco, ha scritto su X che "tutti dovrebbero capire che presto l'Europa potrebbe non avere altra scelta che difendersi".
Tutti questi dubbi sono destinati a dominare la riunione dei ministri della difesa della Nato giovedì a Bruxelles e poi la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, un incontro annuale dei leader della sicurezza nazionale, venerdì. E mentre il vicepresidente Kamala Harris e il segretario di Stato Antony Blinken sfrutteranno senza dubbio questo momento per celebrare la solidarietà della Nato che è stata fondamentale per aiutare l'Ucraina a resistere all'invasione russa, qualsiasi dichiarazione che faranno sul futuro dell'Alleanza sarà quasi certamente accolta con il beneficio del dubbio.
In realtà una riconsiderazione dell'Alleanza è in corso da mesi, affermano alcuni diplomatici europei e funzionari della difesa citati dal New York Times, anche se in pubblico vi hanno fatto allusione solo indirettamente.
Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha iniziato a parlare di come la Germania debba prepararsi alla possibilità di decenni di confronto con la Russia. Gli ha fatto eco il segretario generale uscente della Nato, Jens Stoltenberg, che la scorsa settimana ha dichiarato che l'alleanza deve prepararsi per un "confronto decennale" con la Russia.
"Qualsiasi suggerimento secondo cui gli alleati non si difenderanno a vicenda mina tutta la nostra sicurezza, compresa quella degli Stati Uniti, e mette i soldati americani ed europei a maggior rischio" ha aggiunto "mi aspetto che, indipendentemente da chi vincerà le elezioni presidenziali, gli Stati Uniti rimarranno un alleato Nato forte e impegnato".
Il ministro della difesa danese, Troels Lund Poulsen, ha affermato che entro tre o cinque anni la Russia potrebbe "mettere alla prova" la solidarietà della Nato attaccando uno dei suoi membri più deboli, tentando di spaccarla dimostrando che non tutti i membri sono poi così disposti a correre in difesa di un alleato.
La discussione in corso in Europa riguarda fondamentalmente l'ombrello nucleare statunitense - il deterrente ultimo contro l'invasione russa. Molti membri dell'alleanza si domandano se continuerà a coprirli anche se la valigetta con i codici di lancio dovesse tornare nelle mani di Trump.
Gran Bretagna e Francia hanno i loro piccoli arsenali nucleari e non è improbabile che se, nel corso del prossimo anno, i membri europei della Nato dovessero dubitare della validità dell'Articolo V del trattato in base al quale un attacco contro uno stato membro costituisce un attacco a tutta l'Alleanza, il dibattito si sposterebbe su un altro interrogativo: quale altro Paese europeo dovrebbe dotarsi di armi atomiche?
Durante la Guerra Fredda, questa discussione era tutt'alro che peregrina e Konrad Adenauer, il primo cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, dichiarò nel 1957 che le armi nucleari tattiche - del tipo che la Russia ha minacciato di utilizzare in Ucraina - non erano "altro che l'ulteriore sviluppo dell'artiglieria" e in un incontro del 1962 aggiunse che una eventuale difesa di Berlino "doveva essere combattuta fin dall'inizio con l'atomica".
Per sessant'anni gli Stati Uniti hanno tamponato queste ambizioni installando armi nucleari americane in tutta Europa. Ma il valore di quel deterrente è stato messo in discussione già nel 2018 quando Trump, sia pubblicamente e privatamente, ha cominciato a minare le fondamenta del più inviolabile dei tabù. All'epoca il team di sicurezza nazionale, compreso il segretario alla Difesa, Jim Mattis, e due successivi consiglieri - H.R. McMaster e John R. Bolton - si affrettarono a impedirgli di sabotare la pietra angolare della strategia di difesa europea. La loro preoccupazione era che l'influenza americana in Europa sarebbe stata minata e la Russia incoraggiata.
Ma le parole pronunciate sabato da Trump fanno somigliare la Nato più al racket del pizzo che a un'alleanza in difesa della democrazia. E che Trump vinca o meno a novembre, il fatto che tale visione della Nato abbia preso piede presso un numero significativo di americani rappresenta un cambiamento che è destinato a influenzare la visione dell'alleanza transatlantica in Europa negli anni a venire.