AGI - Il cambiamento climatico sta mettendo a rischio il futuro degli elefanti africani, colpendo soprattutto gli elefanti più anziani. A lanciare l’allarme un nuovo studio dell’Università del Massachusetts Amherst e della Wildlife Conservation Society, pubblicato su PLOS Sustainability and Transformation. Un gruppo di ricercatori che gestisce il più grande programma di conservazione sul campo del mondo, ha condotto una ricerca, unica nel suo genere, su come il cambiamento climatico globale influisca sugli elefanti africani.
Il lavoro dimostra che gli elefanti più anziani avranno probabilità di sopravvivenza nettamente inferiori, il che non solo ridurrà drasticamente la capacità complessiva della specie di resistere ai cambiamenti climatici, ma produrrà effetti a catena in tutto il paesaggio circostante. La squadra di scienziati ha anche sviluppato dei modelli dei possibili scenari di mitigazione, che WCS sta già implementando.
Il Greater Virunga Landscape è un’area di 15.700 chilometri quadrati di savane, montagne e laghi in Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo; questa ospita i più grandi animali terrestri dell’Africa, con sette parchi nazionali, tre riserve tropicali di alta foresta e tre riserve naturali, tre delle quali sono patrimonio dell’umanità, che coprono l’88% dell’area. È anche la patria di una popolazione di elefanti africani il cui numero è diminuito così precipitosamente nell’ultimo secolo che sono ora elencati fra le specie in pericolo critico nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione.
Gli elefanti svolgono un ruolo fondamentale nel modificare e sostenere i paesaggi che abitano, disperdendo i semi delle piante di cui si nutrono, abbattendo gli alberi e arricchendo la fertilità del suolo con il loro sterco. Svolgono inoltre un compito importante in molte culture africane. Ad oggi, pochi studi si sono concentrati sulla relazione tra cambiamenti climatici e demografia degli elefanti e dinamiche dell’ambiente e altrettante poche ricerche hanno rivolto lo sguardo su come il cambiamento dell’habitat influenzi gli elefanti per lunghi periodi.
Per avere un quadro più chiaro di quello che potrebbe essere il futuro degli elefanti e delle misure da mettere in atto per garantire al meglio la loro sopravvivenza, l’autore principale, Simon Nampindo, che ha completato questa ricerca nell’ambito del suo dottorato in conservazione ambientale alla UMass Amherst e che ora è direttore nazionale della WCS Uganda, e Timothy Randhir, professore di conservazione ambientale alla UMass Amherst, hanno costruito un modello dinamico dei sistemi.
“Questo modello – ha detto Nampindo – è in grado di esaminare tutte le diverse dinamiche ambientali e di popolazione all’interno di un sistema”. “Per la prima volta, siamo in grado di avere una visione completa di come potrebbe essere il futuro degli elefanti africani di fronte ai cambiamenti climatici”, ha continuato Nampindo, che assieme a Randhir ha costruito il modello utilizzando dati sul numero di elefanti, sui cambiamenti storici del paesaggio e su diversi scenari futuri di cambiamento climatico che rappresentano un riscaldamento di 1,6, 2,8 e 4,3 gradi Celsius nei prossimi 80 anni.
I ricercatori hanno tracciato l’effetto che ciascuno degli scenari climatici avrebbe avuto su cinque fasce d’età degli elefanti: meno di 10 anni, 11-30 anni, 31-40 anni, 41-50 anni e più di 50 anni. “Qualsiasi impatto su una classe d’età ha un effetto comunitario sull’intera popolazione” ha spiegato Randhir. “Abbiamo scoperto che gli elefanti più anziani saranno massicciamente colpiti dal riscaldamento in ogni scenario”, ha affermato Nampindo. “Gli elefanti sono matriarcali, i loro leader sono le esemplari più anziane e le mandrie dipendono dalla loro saggezza, dalla loro lunga memoria e dalla loro capacità di superare in astuzia le prede; se queste vengono a mancare a causa dei cambiamenti climatici, si scatenerà il caos sulle mandrie più giovani e sopravvissute, oltre a cambiare i profili genetici e le strutture della mandria”, ha osservato Randhir.”
Ci saranno anche effetti a catena nel paesaggio della GVL ma – ha proseguito Randhir – questo modello non ci dice solo quali sono le minacce, possiamo anche usarlo per valutare quali siano le possibilità politiche più efficaci per aiutare gli elefanti africani a sopravvivere”. Nel caso di una specie come l’elefante, che migra ampiamente attraverso i confini nazionali, è particolarmente importante capire anche come le diverse politiche potrebbero influenzare i futuri branchi, in modo che le agenzie di gestione possano coordinare le loro risposte.
In particolare, Nampindo e Randhir ritengono che, per affrontare le minacce del bracconaggio, sia necessaria una strategia di gestione coordinata a livello nazionale, regionale e locale. Finanziare sforzi antibracconaggio è essenziale, ma secondo gli autori, anche sono importanti anche programmi guidati dalle comunità e di educazione nelle città e nei villaggi in prima linea, dove l’interazione tra uomo ed elefante è comune. Il paesaggio della GVL deve essere gestito in modo appropriato per ridurre l’impatto della frammentazione dell’habitat, degli incendi e delle specie invasive.
“I risultati sono molto importanti per la WCS”, ha sottolineato Nampindo. “Se riusciremo a fare un buon lavoro nel proteggere gli elefanti, i nostri sforzi si rifletteranno positivamente su altre specie, come i leoni e i gorilla di montagna”, ha aggiunto Nampindo. “Più in generale – ha concluso Randhir – la cosa più eccitante di questa modellazione dinamica dei sistemi è che può essere adattata a qualsiasi specie migratoria che si muove attraverso i confini politici, dai pesci agli uccelli ai leoni”.