AGI - "In Ucraina le ipotesi portano al prolungamento di una fase di tensione e contrapposizione almeno per tutto il 2024", in Medio Oriente, "pur in presenza di una tragedia umanitaria, le premesse perchè il dialogo continui ci sono": Giampiero Massolo, presidente dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), in un'intervista all'AGI spiega perchè rispetto ai due conflitti in atto ci sia qualche spiraglio per una distensione sul fronte Israele-Gaza. "La situazione può ancora sfuggire di mano ma tra Iran, Usa e Israele nessuno è interessato a un allargamento del conflitto", sottolinea l'ex segretario generale della Farnesina ed ex direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis).
Massolo giudica "uno sviluppo promettente" che stia decollando il negoziato a Parigi per la liberazione degli ostaggi in cambio di una sospensione dell'offensiva nella Striscia di Gaza: "L'ipotesi è una liberazione degli ostaggi in due fasi, prima donne e bambini e poi gli uomini", osserva. "Ci sarà poi da definire come proseguirà la guerra", sottolinea, "visto che Israele ha chiarito il suo no a uno stop al conflitto. Ancora una fase di offensiva massiva o una più mirata tesa a eliminare gli esponenti di punta di Hamas e a ridurre drasticamente la capacità operativa del movimento, in modo che non debba contare nei futuri assetti?". "Questi ultimi sono obiettivi a cui Israele non può rinunciare", osserva il presidente dell'Ispi.
In Medio Oriente "ci muoviamo in un sentiero molto stretto", sottolinea l'ex segretario generale della Farnesina, "da un lato c'è una guerra in corso che Israele sta conducendo in modo assolutamente legittimo, pagando dei costi politici molto alti a causa delle vittime civili. Dall'altro c'è Hamas che, con il sostegno dell'Iran, vuole impedire una riconfigurazione del Medio Oriente nel segno dell'Occidente e punta a diventare l'unico rappresentante della causa palestinese". In mezzo "ci sono i tentativi della comunità internazionale tesi alla liberazione degli ostaggi, ad alleviare le difficili condizioni umanitarie dei palestinesi e a evitare che il prolungarsi della guerra aggravi le prospettive per il dopo, compromettendo la possibilita' di un nuovo assetto del Medio Oriente". Per Massolo resta alto "il rischio di un'escalation nella regione, come dimostra l'attacco di milizie filo-iraniane in Giordania in cui sono morti tre militari americani". "Ora bisognerà vedere quale sarà la reazione degli Usa", avverte.
Un nuovo fronte si è aperto nel Mar Rosso, dove i miliziani sciiti Houthi minacciano la libertà di navigazione con i ripetuti attacchi alle navi in transito. "L'Occidente ha risposto con l'attività militare offensiva di Usa e Gran Bretagna contro gli Houthi e con quella difensiva della missione Ue per la scorta e la protezione delle navi", osserva Massolo, "ma è stato anche avviato un pressing sulla Cina perchè faccia valere la sua influenza sull'Iran che a sua volta dovrebbe intervenire sui ribelli sciiti nello Yemen". "Non e' facile", avverte, "perchè Teheran non ha sugli Houthi lo stesso controllo che ha per esempio su Hezbollah".
Da parte loro, osserva il presidente dell'Ispi, "i Paesi del Golfo hanno tutto l'interesse a non compromettere il loro obiettivo di diventare i perni di un nuovo Medio Oriente venuto a patti con Israele e basato su flussi commerciali, turistici, finanziari e culturali anche se devono contemperarlo con l'esigenza di trovare un accomodamento per la causa palestinese". "E' il caso di Arabia Saudita, Emirati e Marocco che devono in qualche modo rispondere alla propria piazza o il Qatar che, pur non rientrando nell'allargamento degli Accordi di Abramo, vuole rafforzare il suo ruolo di mediatore", aggiunge. Messa in ombra dal conflitto mediorientale, la guerra in Ucraina resta l'altra grande incognita che pesa sulla stabilità mondiale: "Dopo il fallimento della controffensiva di Kiev c'è un graduale cambio di paradigma", osserva Massolo, "da 'aiutiamoli a vincere' ad 'aiutiamoli a mettere in sicurezza', con l'implicito riconoscimento che quattro regioni, circa il 18-20% del territorio ucraino, sono sotto il controllo russo". "In questo scenario diventa importante il processo di avvicinamento di Kiev a Nato e Ue", sottolinea, "si profila un perdurare della fase di tensione e poi a novembre si vedrà: se vince Biden, si andrà avanti così, ma se vince Trump ci sarà una pressione molto forte sull'Ucraina perchè accetti di negoziare per arrivare a un accomodamento".