AGI - A meno di ventiquattr'ore dall'inizio delle prime vere primarie Repubblicane aperte a tutti, quelle in New Hampshire - in Iowa, la settimana scorsa, erano caucus, limitati agli elettori conservatori registrati - Nikky Haley si gioca tutto, ma sa che la strada è molto in salita.
E per un motivo: la campagna dell'ex ambasciatrice Onu è stata troppo prudente su Donald Trump, e ora sembra tardi per recuperare il distacco. Secondo l'ultimo sondaggio realizzato in New Hampshire da Suffolk University/Boston Globe/Nbc10 Boston, Trump guida con almeno diciassette punti di vantaggio, con il 53 per cento di consensi contro il 36 della sua sfidante. La media è di 15 punti. Una settimana fa il tycoon era avanti di dodici. L'ascesa di Haley sembra essersi già fermata.
Il dato del New Hampshire è importante in chiave nazionale perché questo è uno Stato a prevalenza bianco e con una solida base di indipendenti, che rappresenta il 40 per cento degli elettori dello Stato, cioè il tipo di americano a cui si rivolge l'ex ambasciatrice, che qui ha puntato tutto, investendo in campagna pubblicitaria più del doppio dei suoi avversari. Ma Trump sembra inarrestabile e pronto a conquistare, dopo l'Iowa, anche il New Hampshire. Dal 1976 nessun candidato Repubblicano alle primarie è mai riuscito a vincere in entrambi gli Stati.
La campagna di Haley punta sulla grande partecipazione degli indipendenti e dei moderati, e guarda alla corsa di John McCain nel 2008. Il Senatore repubblicano vinse le primarie in questo Stato del nordest degli Stati Uniti, dominando il voto degli indipendenti, e poi conquistando la nomination, anche se poi avrebbe perso contro l'astro nascente della politica americana, Barak Obama. I sondaggi dicono che Haley ha buone chance sugli indipendenti - in questa fascia di elettori ha otto punti di vantaggio su Trump - ma non sembra bastare per contenere l'ondata di voti che si riverserà sull'ex presidente degli Stati Uniti. Tra i Repubblicani il 65 per cento è con lui, il 25 con lei.
C'è, pero', un'incognita in più: l'uscita di scena di Ron DeSantis, che si poneva come l'anti-Trump, seppure non l'abbia mai fatto in modo deciso, porterà un travaso di voti sui due candidati. Si', ma su chi? La campagna di Haley spera che gli elettori di DeSantis appoggino l'avversaria del tycoon, ma lo stesso governatore della Florida, subito dopo l'annuncio del suo ritiro dalla corsa, ha dato l'endorsement a Trump, nella speranza di rientrare nella selezione finale dei candidati alla vicepresidenza.
Haley ha consolidato il voto degli anti-trumpiani, ma al di la' di puntare sul fattore anagrafico - "volete un'America guidata da due ottantenni?", ha ribadito nell'ultimo comizio in New Hampshire - non sembra aver scalfito le certezze della base Repubblicana, che in Trump non vede un semplice candidato ma il leader di un movimento. Per questo il voto di domani può incidere molto sulla campagna di Haley: un'altra sconfitta, e soprattutto una netta sconfitta, potrebbe far scattare il conto alla rovescia sulla sua uscita di scena, anche se tra un mese ci saranno le primarie nello Stato in cui è stata governatrice, il South Carolina. Ma qui la candidata moderata è indietro di trenta punti.
È il secondo svantaggio più ridotto, dopo quello in New Hampshire, ma sono pur sempre tanti. In Wisconsin Trump guida di 34 punti, in Michigan di 41, in Ohio di 48, in North Carolina di 51, in Florida di 52. Il distacco maggiore è in Tennessee con 62 punti di vantaggio. Il South Carolina è la casa di Haley, ma non cosi' comoda politicamente e poi l'appuntamento con le primarie potrebbe arrivare troppo tardi, a meno che Haley non punti anche sul fattore giudiziario e sull'impatto che i processi a Trump potrebbero avere sui moderati e gli indipendenti.
Ma al momento il caucus in Iowa e i sondaggi indicano un altro trend: più viene messo sott'accusa, più il tycoon riceve donazioni e compatta la base. Non sembra esserci partita. Trump vuole che le primarie finiscano subito per concentrarsi sulla sfida a Biden, e presentarsi ai processi come il candidato ufficiale dei Repubblicani e la vittima della "grande congiura" dello "stato profondo" e oscuro di Washington, come racconta da anni la sua campagna. Il voto in New Hampshire può rappresentare il passo di avvicinamento, forse decisivo, a quel momento.