AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha bloccato la partecipazione della delegazione turca al World Economic Forum (WEF) di Davos. Una decisione presa dal leader turco per via della posizione "filo israeliana" degli organizzatori dell'evento in corso nella cittadina svizzera; tuttavia alla presa di posizione di Erdogan non corrisponde un taglio nei rapporti commerciali ed economici con lo Stato ebraico.
A Davos era già stata annunciata la presenza del Ministro turco dell'Economia, Mehmet Simsek; il programma è tuttavia cambiato dopo una dichiarazione dell'organizzatore ritenuta troppo faziosa da Erdogan, che ha deciso di bloccare la partecipazione al vertice della Turchia.
Turkish President Recep Tayyip Erdogan has ordered his government to boycott the World Economic Forum in Davos, Switzerlandhttps://t.co/d84Qcc3DlA
— Middle East Eye (@MiddleEastEye) January 15, 2024
Non è la prima volta che Davos diviene terreno di scontro tra il leader turco e Israele.
Fece scalpore il violento attacco verbale che proprio in occasione del WEF del 2010 Erdogan, premier all'epoca dei fatti, rivolse all'allora presidente Israeliano Shimon Peres. Il leader turco interruppe un simposio per accusare lo Stato ebraico di massacrare civili e bambini e favorire la carriera politica di chi si era macchiato di atrocità a danno dei palestinesi. Un'uscita che lasciò la platea a bocca aperta e valse al presidente turco il titolo di 'Re di Gaza'.
Attacchi verbali che non sono mancati nelle ultime settimane. Erdogan ha paragonato al dittatore nazista Adolf Hitler il premier israeliano Benjamin Netanyahu e si è unito al Sudafrica nella causa per genocidio intentata contro Israele.
LIVE UPDATES: Turkey's Erdogan says Netanyahu is no different than Hitlerhttps://t.co/d2HfzuAolO
— Haaretz.com (@haaretzcom) December 27, 2023
La Turchia è un Paese spaccato nel supporto al presidente, ma unito nel sostegno alla causa palestinese. La mancata partecipazione al forum di Davos, i duri attacchi a Netanyahu, non sono stati supportati da sanzioni o tagli nei rapporti economici e commerciali. Una ambiguità che ha sollevato dure critiche a Erdogan.
Va sottolineato che Ankara non è tradizionalmente propensa a interrompere i rapporti commerciali a fronte di crisi diplomatiche. Anche nel 2010, quando i rapporti tra i due Paesi raggiunsero il minimo storico, gli affari continuarono. La prima critica rivolta al presidente turco riguarda l'utilizzo delle infrastrutture turche per facilitare il trasporto del petrolio dell'Azerbaigian verso i porti israeliani. Erdogan è finito nell'occhio del ciclone dei social media, dove sono stati pubblicati dati parziali rispetto al commercio.
Gli affari tra i due Paesi, insomma, vanno avanti e nessuna sanzione è stata decisa, ma questa guerra sta avendo ripercussioni nel volume di scambio commerciale tra Ankara e Tel Aviv. Mettendo a confronto i dati di dicembre 2022 con i dati dello stesso mese del 2023 si nota una riduzione del 30% del volume di scambio, sceso da 611 milioni di dollari a 431. Il calo è ancora più netto se si prendono in esame i dati tra il 7 ottobre, data dell'attacco di Hamas, e il 31 dicembre del 2023, e si comparano con lo stesso lasso di tempo dell'anno precedente: da un volume di scambio di 2.3 miliardi di dollari si è scesi a 1.2, un crollo del 45%.
Un danno consistente per la già traballante economia turca, numeri che spingono il governo a non prendere neanche in considerazione l'ipotesi di negare l'uso delle proprie strutture per il passaggio del petrolio dell'Azerbaigian verso Israele. Allo stesso tempo le compagnie di trasporto merci turche, pubbliche e private, potranno continuare a concludere contratti con lo Stato ebraico. Ankara ancora una volta non considera le sanzioni economiche come una via praticabile, nel caso specifico tagliare i ponti con Israele non fa il gioco dell'agenda economica di Erdogan.
Al contrario il presidente turco ha indirizzato il proprio attacco non alla società israeliana ma a Netanyahu. Il premier israeliano è per Erdogan "un criminale di guerra da condannare", "uguale a Hitler", ma soprattutto un "politico al capolinea" di cui il leader turco aspetta l'uscita di scena per costruire una nuova pagina di sempre più proficui rapporti con Israele