AGI - C'è un associazione in Ucraina che aiuta più di 3mila vedove che hanno perso il loro compagno in guerra. Oksana Borkun, una delle leader, ha spiegato come sia importante mantenere vivo il ricordo dei loro mariti che sono partiti al fronte, superando la paura, per proteggere le loro donne e il Paese. "Dopo aver perso il mio amato, mi sono trovata nel buio più completo, senza aria, con mille aghi nel corpo e un abisso senza fondo nel petto. È come svegliarsi ogni mattina e morire ancora e ancora", spiega a EFE.
È passato quasi un anno e mezzo da quando suo marito, Volodymir Gunko, 33 anni, è morto in battaglia nell'assedio di Bakhmut. Gunko era uno tra le migliaia di civili che si sono offerti volontari per la difesa dell'Ucraina, sebbene avesse una certa esperienza militare maturata durante la guerra nel Donbass del 2014. "Avevano tutti paura di combattere. Ma hanno deciso di diventare uno scudo tra noi e l'orda di russi invasori. E voglio parlarne, affinché gli altri non dimentichino ciò che hanno fatto", sottolinea.
Al servizio di chi è rimasto solo
Aiutare altre vedove, quelle che stanno avendo una ripresa più difficile, ha aiutato Borkun a sopravvivere. Anche perché il resto della società, anch'essa sconvolta dalla guerra, e lo Stato, spesso non sono stati in grado di fornire il sostegno necessario. "È un inferno essere lasciati senza un punto di riferimento, l'amore della tua vita, nel bel mezzo della guerra". E pur provando un dolore immenso, queste donne devono ancora prendersi cura dei loro figli e "lavorare per due" mentre affrontano i numerosi problemi burocratici.
Tra i compiti più onerosi c'è quello di recarsi nei vari uffici per ottenere i documenti necessari per seppellire i loro partner o per dimostrare la loro relazione. Variano anche gli atteggiamenti con cui vengono accolte dai funzionari. Alcuni rivolgono la loro aggressività alle vedove, accusandole di aver "permesso" ai loro mariti di andare in guerra. "È un fardello che opprime anche i più forti", dice Borkun.
Non riuscendo a trovare aiuto altrove, alcune vedove hanno iniziato a parlare tra loro attraverso una chat room creata da un'altra donna, chiamata Tetiana Vatsenko-Bondareva. Lì hanno trovato l'empatia di persone che stavano vivendo la stessa situazione.
Ascolto e condivisione
"Abbiamo dato libero sfogo alle nostre emozioni e abbiamo cercato di aiutarci a vicenda. Ci siamo permessi di lasciar andare il nostro dolore, di provare compassione l'uno per l'altro. Abbiamo pianto insieme, urlato e condiviso ricordi. E ci siamo capiti", riassume Borkun. Quando la comunità si è trasformata nella fondazione "Together", la donna ha collaborato organizzando vari servizi per fornire supporto legale, psicologico, finanziario e di altro tipo.
La sua precedente esperienza come dirigente di una grande azienda l'ha aiutata a strutturare questi processi. Inoltre, la sua pagina Facebook è diventato un punto di incontro per molte donne che hanno perso i propri cari.
Borkun si concentra sul modo in cui parenti e amici dovrebbero sostenere una vedova per evitare ulteriori traumi. Almeno per i primi due mesi, le vedove non hanno alcun controllo su se stesse, avverte. Hanno bisogno di pazienza, sostegno e spazio, non di commenti sul fatto che il dolore passerà o che si innamoreranno di nuovo. "Non dite che la capite. Nessuno può capirla, a meno che non abbia vissuto la stessa cosa", spiega.
"La nostra società deve imparare a sostenere le vedove. Stiamo facendo i primi passi ora", sottolinea. Purtroppo, però, il numero delle vedove è destinato a crescere, perché la Russia continua ad attaccare in maniera sempre più energica. Una delle ultime attività della fondazione è quella legata alle mostre fotografiche e di pittura, sia in Ucraina che all'estero, per attirare l'attenzione sulla morte dei soldati. "Dobbiamo essere all'altezza di questi eroi. Hanno dato la loro vita per noi e dobbiamo apprezzarlo e sostenere le famiglie", conclude Borkun.