AGI - È stato uno degli attentati più famosi e studiati della storia anche perché tuttora avvolti nel mistero. Il 22 novembre di 60 anni fa, nella centralissima Dealey Plaza di Dallas moriva per colpi d'arma da fuoco, a soli 46 anni, il 35mo presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy. Democratico, rampollo di un'influente famiglia della borghesia americana, con una laurea ad Harvard e una carriera politica che doveva essere inarrestabile, come quella dei fratelli: Bob (anche lui assassinato, durante la campagna elettorale del 1968) e Ted, senatpore del Massachusetts fino alla sua morte, nel 2009.
John Kennedy fu assassinato mentre attraversava, con la sua limousine presidenziale, una piazza gremita di sostenitori entusiasti. Una folla di gente accalcata a ridosso delle staccionate, accorsa per applaudire la coppia più glamour del tempo: il bel Presidente e la sua iconica consorte, Jacqueline Kennedy. Seduta al sua fianco, sui sedili posteriori della decapottabile, stretta in un elegante tailleur, Jackie è la prima a gettarsi sul marito per tentare di rianimarlo dopo un primo sparo di fucile lo colpisce in testa.
Le raccapriccianti immagini di quella morte violenta hanno marcato la memoria di intere generazioni. La televisione in Europa stava muovendo i primi passi e la radiocronaca dell'attentato (la sfilata presidenziale negli Stati Uniti era stata trasmessa in diretta) arrivò come un fulmine a ciel sereno, lasciando l'Occidente ammutolito e spaventato. Erano anche gli anni della guerra fredda e del confronto serrato con l'Urss. L'Occidente si sentì perso, mentre l'America era in balia degli eventi, alle prese con un sogno che stava andando in frantumi.
Lee Harvey Oswald, attivista castrista ed ex marine fu arrestato di lì a poco, con l'accusa di esser l'unico esecutore materiale dell'attentato. Fu questa la conclusione della famosa commissione d'inchiesta (1963-194) voluta dal nuovo Presidente, Lyndon B. Johnson. Commissione che ebbe ben pochi elementi su cui lavorare visto che anche Harvey Oswald, poco dopo aver sparato i colpi mortali fu a sua volta freddato da un sicario prima di andare a processo.
Da quel momento fino ai giorni nostri si sono inseguite le teorie più disparate sul mandante dell'attentato. A distanza di inchieste, libri-verità, interviste, documentari, film kolossal e rivelazioni shock, la morte di JFK resta avvolta nel mistero, schiacciata fra legittimi dubbi e improbabili teoremi complottisti. Basti dire che anche pochi mesi fa, lo scorso settembre, è uscita in libreria l'ennesima biografia clamorosa - "The Final Witness" - a firma di un ex agente dei servizi segreti che mette in dubbio, con nuovi elementi, la teoria del proiettile unico e del coinvolgimento di un unico uomo armato.
Lo stesso Walter Veltroni, da sempre grande ammiratore e studioso dei Kennedy, è tornato a esprimersi sull’assassinio di JFK presentando il suo ultimo libro ("I fratelli che volevano cambiare il mondo. La storia di John e Bob Kennedy", Feltrinelli, 2023). “Un filmato - ha affermato - dimostra che non fu colpito solo da dietro ma anche da davanti (...) Chi è stato tra i petrolieri del Texas, la mafia, gli esuli cubani la Cia? Non lo so e non lo sapremo mai. Lui aveva rotto le scatole a un sacco di gente”.
Di Kennedy anche le nuove generazioni - quelle che lo studiano sui libri di storia - ricordano soprattutto la celebre frase del suo discorso d’insediamento (1961): "Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro paese".
Un monito contro il populismo che resta di grande attualità: le 'nuove frontiere' non si conquistano con le promesse elettorali ma con il coinvolgimento dei popoli su obiettivi da realizzare insieme.
Mercoledì tanti nel mondo ripercorreranno, complice la programmazione televisiva e cinematografica, gli ultimi attimi dell'uomo che incarnò il sogno americano. Alcuni credono che quell'attentato cambiò il corso della storia e continuano a chiedersi se ci sarebbe stato ugualmente il Vietnam o il Watergate. Altri, a distanza di 60 anni, si chiederanno invece perché ricordarne ancora la presidenza: John F. Kennedy non sarebbe stato un personaggio altrettanto iconico se la sua vita non fosse stata brutalmente spezzata nel fiore degli anni.