A Madrid è il giorno dell’investitura di Pedro Sanchez, che rimane al governo grazie all’indispensabile sostegno di Junts per Catalunya, il partito di Carles Puigdemont, l’ex presidente catalano fuggito in Belgio dopo il tentativo di secessione del 2017. La contropartita per i voti di Junts è stata un’amnistia per gli imputati del ‘Proces’, ovvero i politici indipendentisti perseguiti per il referendum, ritenuto illegale dalla magistratura, che quell’anno cercò di sancire la separazione della Catalogna dal resto del Paese.
Il progetto di legge ha provocato una forte polarizzazione nella società spagnola e a guidare la mobilitazione contro l’accordo è stata Vox, che nei giorni scorsi ha convocato manifestazioni nelle principali città del Paese contro quello che il partito nazionalista guidato da Santiago Abascal ritiene un vero e proprio colpo di Stato. L’Agi ha incontrato a Barcellona il segretario generale di Vox, Ignacio Garriga, attualmente deputato presso il Parlament catalano, che si è detto sicuro che l’amnistia sia destinata a non passare, non solo per i dubbi profili di costituzionalità ma in virtù di una crescente opposizione di piazza. Finché i conservatori del Partito Popolare non saranno però in grado di replicare l’alleanza con Vox già esistente in alcune regioni, una coalizione alternativa a quella formata dal Psoe di Sanchez e la sinistra radicale di Sumar non sarà però possibile.
Che Spagna sarà dopo questa investitura? L’amnistia provocherà divisioni di lunga durata nella società?
"Sicuramente la società spagnola sarà molto più divisa, tra le altre cose perché la sinistra in questo Paese da parecchi anni continua a dividere la società spagnola. La ha divisa promuovendo leggi sul genere, promuovendo leggi sulla memoria storica, fomentando e rendendo più forte il separatismo che ha diviso la società catalana e criminalizzando quella parte della società che sta dicendo no all’amnistia. È evidente che la sinistra, ogni volta che può, divide e lo sta facendo una volta di più con questa legge di amnistia che fomenterà questa divisione tra spagnoli. Ciò detto, la cosa più grave è che ciò che questa divisione comporta è la fine dello Stato di diritto".
Il Partito Popolare in Senato, dove ha la maggioranza relativa, sta cercando di ritardare l’approvazione dell’amnistia di due mesi con audizioni di giudici, pubblici ministeri e altre figure contrarie al provvedimento. Ritenete questa strategia efficace?
"Non ci sembra sufficiente. Abbiamo chiesto che il testo non venga proprio trasmesso perché siamo convinti sia una legge incostituzionale e per questo chiederemo che venga redatta un informativa che bolli questa legge come incostituzionale affinché la Commissione del Senato abbia un argomento per non trasmetterla alla Camera. In caso contrario, verrebbero legalizzati reati come quelli relativi al referendum del 2017, la famosa legge per la secessione. Intendiamo lavorare perché questa legge non venga mai trasmessa".
Non c’è un rischio di paralisi istituzionale con due maggioranze diverse alla Camera e al Senato?
"Senza dubbio, è un episodio insolito nella nostra storia nazionale. Se la legge non sarà trasmessa alla Camera, entreremo in un conflitto istituzionale e non sappiamo come si risolverà. Speriamo che prevalga il diritto e che sia le autorità costituzionale che l’Unione Europea si pronuncino contro. Esistono dei precedenti riguardo altre leggi di amnistia varate da altri Paesi europei, quindi c’è un margine per paralizzare questo colpo di Stato e per frenare questa legge di amnistia. Evidentemente, non si può portare avanti solo una battaglia legale ma anche una battaglia nelle strade, con questa mobilitazione permanente che stiamo portando in tutta la Spagna perché emerga una forte opposizione a questo cambio di regime al quale punta Sanchez e perché Sanchez sappia che incontra una forte opposizione da parte degli spagnoli contro questa legge".
Cosa vi aspettate dall’Unione Europea?
"Abbiamo ottenuto che si tenga una plenaria straordinaria per discutere questo tema e siamo convinti che ci sarà un pronunciamento dell’Unione Europea perché è evidente che questa legge va contro la Costituzione. Quel che sta accadendo è che una banda di delinquenti ha tenuto la Catalogna sotto sequestro per anni e intende solo portare avanti questo progetto separatista, creando un conflitto tra Catalogna e Spagna che per noi non esiste".
In una recente intervista ad Abc, lei ha dichiarato che la Catalogna si trova in condizioni molto peggiori rispetto al 2017. In che senso?
"In ogni senso la Catalogna si trova in condizioni peggiori. Dal punto di vista economico, perché per colpa di questa frattura i catalani hanno meno posti di lavoro, meno accesso ai beni essenziali, più tasse e meno servizi sociali. Ora abbiamo le maggiori liste d’attesa in ospedale del Paese e abbiamo un sistema educativo che prima era tra i migliori e adesso è fanalino di coda. La scuola continua a spingere il catalano come unica lingua, laddove la maggior parte della popolazione parla spagnolo. È peggiorata anche la sicurezza per colpa delle politiche migratorie promosse dal separatismo, una migrazione dal Nord Africa perché gli immigrati diventino nuovi catalani mentre, al momento stesso, viene respinta l’immigrazione dall’America Latina. Questo genera insicurezza: più immigrazione, meno sicurezza. I dati sulla popolazione carceraria mostra che oltre il 50% dei detenuti sono stranieri. Gli indipendentisti si sono concentrati unicamente sul loro progetto separatista, causando più povertà, più insicurezza e un deterioramento dei servizi pubblici".
Ritenete che la maggior parte degli spagnoli sia contraria all’amnistia?
"Sono convinto che la maggioranza della società spagnola sia contro l’amnistia. Pedro Sanchez ha mentito agli spagnoli, ha detto che era impossibile concedere una legge di amnistia perché sarebbe stata incostituzionale, come ha ricordato ieri il nostro presidente nazionale (Santiago Abascal, nda) nel dibattito per l’investitura. Gli spagnoli non vogliono la distruzione dello Stato di diritto, non vogliono che la legge si applichi solo ai più deboli e non ai più potenti come in questo caso. I partiti separatisti rappresentano una parte molto piccola della società e credo che ciò sia reso evidente da questo movimento popolare che la domenica scende nelle piazze per dire no a questo cambio di regime, no a questo colpo di Stato contro la democrazia, contro la nazione e contro la legge. La Spagna è in mano a un delinquente, un latitante che negozia il destino della nazione lontano dalla Spagna, è una situazione intollerabile".
Gli ultimi anni hanno mostrato un quadro partitico molto frammentanto che ha reso molto complesso costruire maggioranze di governo in Spagna. Non sarebbe necessaria una legge elettorale?
“È chiaro che dobbiamo modificare la legge elettorale, sono anni che non si riesce a ottenere una maggioranza assoluta come quella dei governi di Aznar e Rajoy. Il governo è ostaggio delle minoranze, in questo caso i separatisti. In Catalogna abbiamo una legge elettorale che è diversa a Barcellona, a Lleida e a Tarragona, un’anomalia democratica che rende il Parlamento non rappresentativo. Noi intendiamo promuovere una legge che renda illegali i partiti separatisti perché non si possono avere formazioni politiche, in questo solco costituzionale, il cui unico obiettivo sia rompere il fondamento della Costituzione, che è l’unità indissolubile della Spagna".
Il Partito Popolare si è presentato alle elezioni rifiutando un’apertura esplicita a un’alleanza con Vox, nonostante i numerosi accordi di governo a livello regionale, laddove il PSOE di Sanchez e la sinistra radicale di Sumar si sono presentati come una coalizione. Quali sono stati gli errori di Feijòò, attuale leader della formazione conservatrice?
"La lezione principale del 23 luglio è che il Partito Popolare non può criminalizzare a quelli che sono i suoi alleati di governo in molte regioni e non può contribuire alla demonizzazione, criminalizzazione e stigmatizzazione di alleati di governo. Questa è la ragione principale per cui il PSOE e Sumar sono riusciti a costruire una maggioranza alternativa. Speriamo che il PP comprenda che siamo alleati naturali, pur consci delle differenze, e che abbiamo la responsabilità di negoziare aspetti fondamentali di un accordo programmatico che consenta di formare un governo quando necessario. Il grande errore del 23 luglio fu la criminalizzazione di Vox per mano dei media vicini al PP, che hanno contribuito a creare una leggenda nera intorno a noi".
Feijòò era davvero così convinto che Sanchez desse l’assenso a un suo governo di minoranza?
"In campagna elettorale fu Feijòò a dichiarare che, se avesse avuto l’opportunità, si sarebbe accordato con il Partito socialista, il che è gravissimo. Feijòo sa benissimo che non si può negoziare nulla con uno dei principali nemici della nazione. La cosa drammatica è che i cittadini non capivano niente, sembrava che votare Feijòo significasse votare per Sanchez. Speriamo che questa investitura consenta a Feijòò di marcare una distanza incolmabile con i socialisti, che sono contrari agli interessi degli spagnoli e sono disposti a venire a patti coi separatisti. A differenza di Vox, il Partito Popolare ha sempre detto una cosa diversa a seconda della regione, ha un problema di coerenza e di mancanza di determinazione nel difendere i principi. Per questo molta gente inizia a vedere Vox come l’unica alternativa".
Pensate che i Popolari sarebbero disposti a un’alleanza più organica con un leader differente, per esempio Isabel Diaz Ayuso?
"Ayuso sta aspettando il suo momento, senza dubbio. Non cerchiamo un’alleanza generalizzata, siamo partiti differenti ma abbiamo dimostrato che, quando si tratta di giungere ad accordi per formare un’alternativa politica alla destra, siamo responsabili e andiamo avanti. Se c’è una maggioranza sufficiente e facciamo accordi programmatici, abbiamo dimostrato nelle regioni che siamo in grado di costruire un’alternativa al governo della sinistra".