AGI - Caos in diverse città industriali del Bangladesh, dove decine di migliaia di operai del settore tessile hanno abbandonato il posto di lavoro per manifestare il proprio malcontento per condizioni di lavoro sempre più difficili, stipendi miseri e carovita. Nell'insurrezione inedita, decine di fabbriche sono state vandalizzate e almeno una persona ha perso la vita negli scontri tra manifestanti e agenti di polizia, che hanno respinto i cortei con gas lacrimogeni.
Le azioni più dure si sono verificate a Gazipur, Ashulia e Hemayetpur, tre centri industriali e tessili tra i più importanti, non lontano da Dacca, la capitale del Bangladesh. Per i sindacati almeno 100 mila manifestanti sono scesi in strada per chiedere un aumento del salario minimo e migliori condizioni di lavoro. Un dato contestato da fonti ufficiali, secondo cui alle proteste non hanno preso parte più di 10 mila persone.
Bangladesh garment workers recently held protests across multiple industrial zones and factories demanding adequate payments.
— imtiaz (@imtiaz1899) October 30, 2023
Bangladesh exports $45B garment products each year
Meanwhile garment workers barely earns $150 monthly
Gazipur, Dhaka, Bangladesh pic.twitter.com/pDHqLvF9fF
"I manifestanti hanno vandalizzato le fabbriche, rotto finestre e danneggiato mobili. Hanno cercato di costringere i lavoratori a unirsi a loro. Abbiamo lanciato gas lacrimogeni e granate assordanti per disperderli", ha riferito Sarwar Alam, capo della polizia della zona industriale di Gazipur, sottolineando che almeno 40 fabbriche sono state prese di mira.
Il Bangladesh ospita circa 3.500 fabbriche tessili, ma il salario base mensile dei lavoratori è di soli 75 dollari. L'ultima volta che lo stipendio dei lavoratori tessili è stato rivisto risale al 2018, quando fu stabilito un salario minimo di circa 72 dollari al mese. Proteste erano già scoppiate nel fine settimana, dopo che la potente organizzazione dei produttori tessili aveva proposto un aumento del 25% del salario minimo, mentre i sindacati avevano chiesto di quasi triplicare il salario minimo, a 208 dollari.
L'industria tessile rappresenta l'85% dei 55 miliardi di dollari di esportazioni annuali del Paese asiatico e ha contribuito in modo significativo alla crescita del reddito della popolazione. Ma le proteste salariali costituiscono una sfida importante per il governo del primo ministro Sheikh Hasina, al potere da circa 15 anni.
"I lavoratori sono stati duramente colpiti dalla crisi del costo della vita", ha spiegato Taslima Akter, presidente del sindacato Garment Sramik Samhati. A causa dell'inflazione e del deprezzamento della valuta locale, i lavoratori guadagnerebbero meno in termini reali di quanto hanno ricevuto nel 2017 con l'aumento proposto. I principali marchi, tra cui Gap, Levi Strauss, Lululemon e Patagonia, hanno scritto al governo all'inizio di ottobre, chiedendo un esito soddisfacente dei negoziati salariali in modo da garantire "i bisogni primari dei lavoratori" e un reddito aggiuntivo.
Per anni il settore tessile in Bangladesh è stato sottoposto a critiche causa delle cattive condizioni di lavoro, soprattutto dopo il crollo del complesso Rana Plaza nel 2013, in cui 1.100 lavoratori furono uccisi e 2.500 feriti. L'attuale caos nel settore tessile si colloca in un contesto di crescenti tensioni politiche nel Bangladesh, in vista delle elezioni generali in agenda all'inizio del 2024.
Il braccio di ferro politico coinvolge il principale partito di opposizione del Bangladesh, il Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp), il cui leader Mirza Fakhrul Islam Alamgir è stato arrestato nel fine settimana con decine di altri membri del suo stesso partito. Assieme a decine di migliaia di persone hanno manifestato a Dacca per chiedere le dimissioni della contestata premier Sheikh Hasina ed elezioni anticipate. La manifestazione è degenerata in violenti scontri - con un bilancio di due morti, oltre a decine di feriti - ai quali il governo ha risposto col pugno duro.