AGI - Il prossimo 19 novembre in Argentina il ballottaggio delle presidenziali opporrà il ministro dell'Economia uscente, il peronista Sergio Massa, all'ultraliberista di estrema destra Javier Milei.
Il ministro del presidente Alberto Fernandez, candidato peronista della coalizione di governo Unione por la Patria, è arrivato in testa, con il 36,68% dei voti e il sostegno di oltre 9,6 milioni di elettori sui 35 milioni di aventi diritto. Il secondo posto è andato all'economista ultra-liberale Milei, che ha ottenuto il 29,86% dei voti, scelto da quasi 7,9 milioni di argentini che hanno appoggiato le sue proposte dirompenti.
Una sfida importante attende ora il ministro Massa, che sta facendo le spese di un bilancio economico catastrofico, con un'inflazione su base annua salita al 138,3% il mese scorso, il 40,1% della popolazione in condizioni di povertà, le riserve della Banca centrale ai minimi storici, un crollo della bilancia commerciale e il rischio svalutazione sempre più vicino per il peso argentino.
"Convocherò come presidente il 10 dicembre un governo di unità nazionale, chiedendo i migliori, indipendentemente dalla loro forza politica", ha detto Massa, promettendo di formare un governo di unità in caso di vittoria al secondo turno delle elezioni, il 19 novembre.
L'economia è al centro del suo programma, con l'obiettivo di voler "ricostruire la patria" attraverso un accesso facilitato alla terra, all'alloggio, il rafforzamento delle aziende pubbliche, una politica di adattamento volontario ai cambiamenti climatici e una "rivoluzione educativa" sulla quale, però, è rimasto vago.
Suo avversario sarà Milei, che ha saputo sfruttare l'insoddisfazione generale degli argentini nei confronti di una classe politica screditata, sia a destra - il mandato di Macri lasciò il Paese in uno stato catastrofico - che peronista, con il bilancio più che negativo del presidente uscente Fernandez.
Il leader de 'La Libertà Avanza', tradizionalista e grande ammiratore dell'ex presidente Usa Donald Trump, ha festeggiato "le elezioni storiche", lanciando un appello a recarsi alle urne il mese prossimo, con un occhio in direzione anche degli elettori della coalizione di centrodestra di Bullrich.
"Tutti noi che vogliamo il cambiamento dobbiamo lavorare insieme", ha sottolineato dopo la pubblicazione dei risultati, sostenendo che "il kirchnerismo è stata la cosa peggiore accaduta in Argentina". Nei suoi piani di governo c'è una "riforma integrale dello Stato", forti tagli al bilancio dello Stato con la cancellazione di tutti gli aiuti sociali, la soppressione dei ministeri della Sanità, dell'Istruzione, dello Sviluppo sociale e della condizione femminile.
In campagna elettorale ha promesso di far pagare meno tasse ai cittadini, una maggiore flessibilità del lavoro per creare occupazione, la dollarizzazione dell'economia e una maggiore sicurezza sul territorio nazionale. Tra le sue proposte più controverse c'è il divieto di aborto - che sarebbe un passo indietro, essendo legale solo dal 2020 - la liberalizzazione del commercio delle armi, la vendita libera di organi in Argentina e il divieto di accesso al Paese ai cittadini stranieri con precedenti giudiziari.
La debolezza di colui fino a pochi mesi fa veniva considerato un outsider risiede nella mancanza di un potente apparato politico radicato nelle varie province, mentre il rivale peronista può contare su una solida e storica 'macchina da guerra politica' impiantata ai quattro angoli dell'Argentina.
Tuttavia il malcontento degli argentini è tale che Milei ha qualche possibilità di mettere in difficoltà Massa, anche se poi, secondo gli analisti, le sue capacità di governare saranno limitate dal Parlamento - dominato dai peronisti - che rischia di bloccare le sue riforme.
Pesante sconfitta invece per la destra tradizionale dell'ex presidente Mauricio Macri (2015-2019), la cui candidata Patricia Bullrichè rimasta dietro, al 23,83%. "Non saremo mai complici del comunismo in Argentina o delle mafie che hanno distrutto il Paese", ha dichiarato la leader di 'Insieme per il Cambiamento', riconoscendo subito la sconfitta e annunciando che non parteciperà alla formazione di un fronte repubblicano a sostegno di Massa al secondo turno, senza schierarsi neppure però con Milei.
Oltre alla sorpresa della qualifica del candidato di estrema destra al ballottaggio, c'è stata quella del tasso di astensionismo. Anche se in Argentina il voto è obbligatorio, il tasso di partecipazione (del 74%) ha registrato un calo di nove punti rispetto alle ultime votazioni del 2019.