AGI - Otto bambini, tutti membri di una stessa famiglia, sono morti a Khan Younis, nel Sud della Striscia di Gaza, in uno dei bombardamenti israeliani sul'enclave palestinese. È una delle innumerevoli strazianti tragedie di questi tredici giorni di guerra, cominciati con l'attacco di Hamas a Israele. Le piccole salme sono state allineate sul pavimento dell'obitorio, insieme agli altri due membri della famiglia, morti anche loro nell'attacco. Era il clan della famiglia al-Bakri, hanno raccontato soccorritori e testimoni.
All'ospedale europeo, le piccole salme sono state coperte da lenzuola bianche: Dyala (che aveva 2 anni), Ayman (3), Hamada (5 anni) e Zaher (2) Bakri, oltre a Oudai e Jamal Abou Al-Naja e Nabil e Acil Omran, che avevano tra i due e i cinque anni. "Dormivano quando (gli israeliani, ndr) hanno distrutto la casa che e' crollata sulle loro teste", ha raccontato all'agenzia Afp il patriarca della famiglia Bakri, Abu Mohammad Wafi al-Bakri, che ha 67 anni. Secondo i testimoni, erano tutti al piano terra della casa di famiglia, composta di tre piani, situata tra Khan Younis e Rafah, e i loro corpi sono stati recuperati un'ora dopo il raid.
Jihad al-Bakri, il padre di Ayman, Hamada e Dyala, era uscito di casa "dieci minuti prima del bombardamento per cercare acqua", racconta il nonno. "Nessuno dei miei figli è legato a organizzazioni palestinesi. Non c'erano uomini in casa al momento dell'attentato".
A Rafah, un altro raid israeliano è costato la vita a una madre, Arij Marwan al-Banna, e alle sue due figlie, Sarah e Samya, che avevano meno di dieci anni, hanno aggiunto fonti mediche palestinesi. Arij Marwan al-Banna era fuggita dalla sua casa a Gaza City dopo l'ordine di evacuazione emesso dall'esercito israeliano ed era andata a rifugiarsi dai suoi genitori a Rafah, a Sud. Era incinta di sette mesi: o medici dell'ospedale di Rafah hanno eseguito l'autopsia con il taglio cesareo, ma la bambina era già morta.
Gaza al collasso
Corsa contro il tempo per l'accesso degli aiuti umanitari a Gaza: all'indomani della visita in Medio oriente di Joe Biden, il faro è puntato sui tempi che serviranno per far arrivare cibo e medicine nella Striscia, dove la situazione è sempre più drammatica. Secondo le Nazioni Unite quasi la metà della popolazione è stata sfollata e la diminuzione delle risorse essenziali (cibo, acqua e medicinali) minaccia di trasformarsi in un disastro per gli oltre due milioni di residenti.
Il valico di Rafah, a sud della Striscia verso l'Egitto, è ancora chiuso, ma secondo il New York Times e secondo fonti di stampa egiziana, potrebbe essere aperto già domani: per il NYT sarebbe stato raggiunto un accordo, coordinato dalle Nazioni Unite, per consentire ai camion che trasportano aiuti umanitari di entrare a Gaza dall'Egitto utilizzando il valico di Rafah.
L'accordo prevede che la bandiera delle Nazioni Unite venga issata al valico e che gli osservatori internazionali controllino i camion degli aiuti prima che questi entrino a Gaza. Quest'ultima richiesta è stata avanzata da Israele.
Il coordinatore dei soccorsi di emergenza delle Nazioni Unite Martin Griffiths, ha detto che Gaza ha bisogno di almeno 100 camion di aiuti umanitari al giorno attraverso il valico di Rafah: Biden, e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi avevano raggiunto un accordo per consentire l'ingresso di un massimo di 20 camion. "Dobbiamo iniziare con un numero elevato di camion e dobbiamo arrivare a 100 camion al giorno che vengono utilizzati per il programma di aiuti in arrivo a Gaza", ha aggiunto.
Il pressing su Israele per consentire l'apertura di un accesso umanitario, portato avanti da giorni dall'amministrazione americana, è stato confermato oggi dal primo ministro britannico Rishi Sunak durante la sua visita a Tel Aviv. Sunak ha confermato il pieno sostegno di Londra a Israele e dopo l'incontro con il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha detto di aver "concordato sull'importanza di fornire urgentemente sostegno umanitario ai palestinesi di Gaza che soffrono anche loro".
E mentre continuano le incursioni israeliane su Gaza, resta altissima la tensione al confine settentrionale di Israele con il Libano, con il rischio che il conflitto possa allargarsi anche ad altre aree del Medio Oriente: le forze di difesa israeliane e le milizie di Hezbollah continuano a scambiarsi attacchi reciproci: due missili anticarro Kornet sono stati lanciati dal Libano verso l'insediamento israeliano di al-Manara e Israele ha risposto con il fuoco di artiglieria alla periferia di Mees Al-Jabal, sul lato libanese del confine.
Le ambasciate americana, britannica e tedesca, hanno invitato i loro connazionali a lasciare il Libano al più presto possibile. L'esercito israeliano, che oggi ha aggiornato a 203 il numero delle persone prese in ostaggio da Hamas e detenute a Gaza dopo l'attacco del 7 ottobre, ha anche affermato di avere ucciso il capo delle forze di sicurezza nazionali di Hamas, Jehad Mheisen, (notizia confermata dallo stesso gruppo terroristico).
I nuovi raid israeliani sulla striscia di Gaza hanno portato alla morte di Jamila al-Shanti, capo dell'ufficio politico di Hamas, mentre continua a salire il bilancio delle vittime dei bombardamenti. Sempre secondo l'IDF, le forze di sicurezza israeliane hanno arrestato oltre 80 sospetti, tra cui 63 membri di Hamas.
Daniel Hagari, portavoce militare, ha detto che i soldati "continueranno a setacciare la zona" alla ricerca di altri membri del gruppo. Il ministero della Sanità di Gaza controllato da Hamas, ha infine aggiornato il bilancio delle vittime dei raid israeliani: dall'inizio della guerra, secondo il ministero palestinese, sono morte 3.785 persone, oltre 12 mila sono state ferite e quattro ospedali sono stati chiusi.
Distrutte il 25% delle abitazioni di Gaza
Più di 98.000 unità residenziali a Gaza, che rappresentano circa il 25% del totale nella striscia palestinese, sono state distrutte o danneggiate nell'attuale offensiva israeliana contro Hamas, ha dichiarato l'Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell'ONU.
Nella sua relazione quotidiana sulla situazione nella zona dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre, l'ufficio sottolinea che tale stima è conservativa, poiché è impossibile accedere a zone gravemente colpite dai bombardamenti, in particolare nella città di Gaza. Solo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre è stato distrutto un edificio residenziale ad Al Bureij (Gaza centrale), dove sono morte 25 persone, e diversi altri hanno subito la stessa sorte a Jabalia (nord della striscia), dove ci sono stati 37 morti, ha evidenziato le Nazioni Unite.
Ankara in campo per gli aiuti
L'esercito turco è pronto a intervenire per portare aiuti umanitari ed evacuare i civili di Gaza e intanto monitora i movimenti delle navi americane giunte nel Mediterraneo a sostegno di Israele. Lo ha reso noto un comunicato del ministero della Difesa turco in cui si specifica che l'esercito è "in attesa di direttive", ma comunque "pronto ad assumere l'incarico".
Nel comunicato si legge anche che la marina turca "segue da vicino" le operazioni delle navi da guerra americane inviate nel Mediterraneo come sostegno ad Israele. "Ci è stato comunicato che sono venuti per l'evacuazione dei civili. Stiamo monitorando da vicino le loro operazioni", scrive il ministero della Difesa di Ankara.
Il bombardamento dell'ospedale
Resta da chiarire di chi sia la responsabilità delle vittime nel bombardamento di martedì sera dell'ospedale Ahli Arab. Dubbi anche sul bilancio: secondo il Ministero della Sanità del Territorio palestinese si tratta di 471 morti, molti meno secondo dell'intelligence europea che parla di non più di 50 morti. Israele ha affermato di avere "prove" che a causare la strage sia stato un razzo sparato dalla Jihad islamica e finito fuori rotta.
I chirurghi: "Usiamo l'aceto come antisettico"
Intanto le scorte mediche stanno finendo negli ospedali di tutta Gaza. Il chirurgo Ghassan Abu Sitta afferma di aver fatto ricorso all'"aceto del negozio all'angolo" per curare le ferite batteriche e prevenire l'infezione. "Siamo arrivati a questo", ha scritto su X.
Tlaleng Mofokeng, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute, afferma: "Il settore sanitario nell'enclave di Gaza è a un punto di rottura".
"Le infrastrutture mediche di Gaza sono state irreparabilmente danneggiate e gli operatori sanitari stanno lavorando in una situazione disastrosa con un accesso limitato alle forniture mediche e condizioni che non consentono loro di fornire assistenza sanitaria tempestiva e di qualita'", ha detto Mofokeng.