AGI - La Repubblica democratica del Congo, teatro di una crisi umanitaria pluridecennale ormai dimenticata, è alla ribalta della cronaca per l’attesa scadenza elettorale del 20 dicembre. A due mesi e mezzo dal cruciale appuntamento con le urne si accende il clima di campagna con la clamorosa candidatura di Denis Mukwege, il ginecologo congolese Nobel per la pace 2018, che promette di “riparare” il suo Paese.
Una candidatura resa possibile anche dal forte sostegno delle donne congolesi che sono riuscite a raccogliere la somma di centomila dollari necessaria per depositare la candidatura. Un’iniziativa emblematica della resilienza della società civile del Paese dei Grandi Laghi e della gratitudine nei confronti del medico che dal 1992, nel suo Panzi Hospital di Bukavu (Sud Kivu), “ripara ragazze e donne” vittime di violenze sessuali come arma da guerra.
La candidatura del ginecologo-eroe
Sulle t-shirt indossate dai sostenitori di Mukwege troneggia la foto del ginecologo-eroe già scampato a diversi attentati con lo slogan “Notre Espoir”, la “Nostra Speranza”.
In questi giorni sono state depositate altre candidature: quella del presidente uscente Félix Tshisekedi per un secondo mandato e del suo sfidante alle elezioni del 2018, Martin Fayulu, che proverà a strappargli l’incarico. In lizza ci sarà anche Moise Katumbi, ricchissimo imprenditore ed ex governatore della regione mineraria del Katanga.
Ma a rubare la scena è stato il noto medico 68enne, pronto ancora una volta a mettersi al servizio dei più sofferenti, estendo ad altri ambiti le competenze acquisite in tanti anni sul campo, in prima linea. Nel suo discorso per annunciare la candidatura, Mukwege ha parlato in swahili, la lingua dell’Est, in lingala, la lingua di Kinshasa, e in francese.
Mukwege il candidato ideale
Per la stampa locale, riassume in sé tutte le caratteristiche del candidato ideale: viene dalla società civile, ha una reputazione specchiata, è conosciuto e apprezzato a livello internazionale, è di riconosciuta integrità. Tuttavia le sfide non mancano, essendo un novellino in politica, privo del supporto di un partito strutturato e di una vera base nazionale.
Per definire la situazione attuale del suo Paese, Mukwege ha parlato di una “crisi esistenziale senza precedenti”, nonostante l’immenso potenziale minerario, agricolo e idrico, “depredato dalla rapacità degli stranieri, costretto a importare derrate alimentari, spesso senz’acqua”, senza dimenticare la minaccia quotidiana di decine di gruppi armati che da decenni imperversa nelle province dell’Est, al confine con Ruanda e Uganda.
A fare la stessa diagnosi sono stati esperti e operatori umanitari intervenuti al recente dialogo umanitario organizzato da Medici senza frontiere Italia (MSF) dal titolo: “Rd. Congo, una crisi umanitaria senza fine”.
Insicurezza alimentare per 26 milioni di persone
Ventisei milioni di persone (24% della popolazione) si trovano oggi in condizione di grave insicurezza alimentare, 6,2 milioni sono sfollati interni e più di mezzo milione i rifugiati. Tutti numeri che fanno della Repubblica democratica del Congo la nazione africana con il più alto numero di sfollati interni e di cittadini affetti da insicurezza alimentare al mondo.
L’epicentro della crisi senza fine è il Nord Kivu, già teatro nel 1998 della ‘prima guerra mondiale africana’, dove milizie locali e gruppi ribelli stranieri sono tutt’ora in lotta per il controllo del territorio e del ricco sottosuolo, mentre i civili sono vittime anche delle violenze delle forze armate regolari che sulla carta dovrebbero proteggerli.
Eppure i riflettori dei media si accendono di rado su questa crisi ormai dimenticata verso la quale l’attenzione della comunità internazionale è ancora insufficiente. Per giunta entro dicembre 2023 i caschi blu della Monusco – la più costosa missione Onu al mondo, dispiegata dal 1999, - lasceranno il Paese senza essere riusciti a difendere i civili minacciati, anche per il mandato poco chiaro affidato e il carattere ambiguo della loro presenza.
Dall’inizio del 2023, a causa dell’impennata di scontri e attacchi, nella sola Goma, capoluogo del Nord Kivu, si sono registrati 600 mila nuovi sfollati in campi che hanno raggiunto la loro capacità massima di accoglienza.
Malnutrizione bomba umanitaria
“Siamo in presenza di una vera e propria bomba sanitaria e umanitaria. In pochi mesi è raddoppiato il tasso di malnutrizione dei bambini e si registra un’impennata di casi di colera e morbillo, in particolare nei dieci campi sfollati del Masisi”, ha riferito Marco Sandrone di Medici senza frontiere, coordinatore di progetto a Masisi, nel Nord Kivu.
“L’inflazione ha moltiplicato per due il costo della vita e per la forte violenza la capacità di intervento di Ong e altri attori è ulteriormente diminuita. Nei centri periferici molti presidi sono chiusi e le cure mediche sono a pagamento, a eccezione di quelle rivolte a donne incinte e bambini di meno di 5 anni”, ha ancora raccontato l’operatore di MSF.
L’area del progetto da lui coordinato è una zona montuosa di 700 mila abitanti, estesa quanto l’intera provincia di Roma, in cui spostarsi per raggiungere i civili bisognosi è un’impresa quotidiana.
Oltre a dover fare i conti con posti di blocco e violenze della miriade di ribelli, con cui sono costretti a negoziare, gli operatori umanitari devono percorrere strade bianche e fangose – piove 9 mesi l’anno, quanto in Inghilterra – impiegando più giorni per arrivare a destinazione con mezzi motorizzati e dopo ore e ore di cammino.
“In termini di malnutrizione acuta severa – che in questa provincia colpisce il 15% dei bambini con meno di 5 anni – è ancora più critica la situazione della provincia centro-occidentale del Grande Kasai, conosciuta per l’estrazione dei diamanti. Non ci sono infrastrutture, le risorse agricole di sussistenza sono quasi del tutto inesistenti e le terapie intensive sono sempre affollate”, ha testimoniato Giovanni Sciolto, rappresentante in Rd. Congo di Action contre la faim (ACF).
L'impegno dei medici
Sciolto ha evidenziato il “lavoro straordinario dei medici congolesi che lavorano giorno e notte” negli ambulatori, con mezzi davvero limitati, all’interno di un sistema sanitario nazionale al collasso e con una burocrazia labirintica, dai tempi davvero lenti. Inoltre è molto forte la relazione con la popolazione locale che “ci protegge, noi operatori, da molte minacce locali”, ha proseguito Sciolto, esprimendo gratitudine.
“Anche le violazioni dei diritti umani dei civili sono all’ordine del giorno, con bisogni enormi a cui rispondere", ha spiegato Paola Pileri, delegata del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) a Goma, con un mandato specifico di tutela dei detenuti. "Proteggerli e assisterli è davvero complesso per la grande dinamicità dei combattimenti e l’alto numero di sfollati e rifugiati. Uno dei tanti interventi prioritari consiste nel fare ricongiungere i minori smarriti, sfruttati o reclutati come bambini soldati con le proprie famiglie, grazie a un sistema di tracciamento basato su nuove tecnologie".
Competizione globale per le risorse
“Basta isolare la Rd. Congo dal resto dell’Africa e dall’Europa. Non siamo di fronte a una guerra etnica o tribale ma nel cuore della competizione globale tra Usa, Cina, Europa per l’influenza geopolitica sul continente e per l’accesso alle sterminate risorse minerarie, quali cobalto e terre rare, vitali per saziare l’appetito dei vicini e dell’Occidente”, ha analizzato Jean-Léonard Touadi, giornalista, docente, autore ed ex deputato italo-congolese.
Guardando oltre l'argomentazione dello scandalo geologico, della maledizione delle ricchezze e della 'somalizzazione' del colosso congolese, Touadi ha rimarcato “l’infinità capacità di reazione della popolazione agli shock interni ed esterni, inventando e reinventando ogni volta la propria sopravvivenza quotidiana, impedendo così al Paese di venire cancellato dalla mappa”.