AGI - La Germania cederà sul Patto per le migrazioni e l'asilo. Probabilmente già nella giornata di giovedì, secondo quanto hanno anticipato fonti diplomatiche sia a Bruxelles che a Berlino, darà il via libera al Regolamento sulla gestione delle crisi. L'ultimo del pacchetto non ancora approvato in prima lettura dal Consiglio Ue e che aveva portato a uno stallo dei negoziati anche sull'Eurodac (il database delle impronte digitali) e lo screening a seguito della scelta del Parlamento europeo di imporre il "o tutto o niente".
L'annuncio potrebbe arrivare alla riunione dei ministri degli Affari interni che si terra il 28 settembre a Bruxelles. Anche se il regolamento sulla gestione delle crisi non è un punto all'ordine del giorno, un via libera politico aprirebbe la strada all'approvazione formale alla riunione degli ambasciatori Ue che si terrà lo stesso giorno. In ogni caso sarebbe un segnale importante, richiesto da tutte le parti.
Il via libera di Berlino che - su spinta dei Verdi al Governo - aveva respinto le proposte di una gestione emergenziale che avrebbe fatto saltare alcune delle garanzie sul diritto all'asilo, in particolare per i minori, potrebbe innescare anche quello dei Paesi Bassi. A luglio si erano astenuti "per dare più tempo e riflettere su un testo che avrebbe raccolto una maggioranza più ampia".
Numeri alla mano (il Consiglio ha persino un'applicazione per calcolare le soglie della maggioranza necessaria) con il benestare della Germania il regolamento passerebbe. La minoranza d'opposizione composta da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Austria non è grande abbastanza. E oggi il primo ministro di Budapest, Viktor Orban, ha di nuovo tuonato contro "gli eurocrati di Bruxelles" che voglio imporre all'Ungheria un patto sui migranti "che è già fallito. Noi glielo impediremo", ha aggiunto.
Sul tavolo dei ministri la migrazione occuperà - ancora una volta - ampio spazio seppure sotto forma di discussione e non con provvedimenti di sostanza. La Commissione europea è invitata a riferire aggiornamenti su due elementi: il memorandum con la Tunisia e il piano in dieci punti per Lampedusa. Nella riunione di giovedì, si è appreso, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, porterà alcune proposte italiane per velocizzare l'attuazione della strategia europea.
Ovviamente l'attenzione è puntata sulla partnership con il vicino meridionale. Da una parte gli Stati - guidati da Italia e Francia - che spingono per accelerare; dall'altra i Paesi (Germania in testa) che continuano a esprimere perplessità non tanto sul contenuto quanto sulla modalità in cui l'esecutivo europeo ha completato la procedura.
Le questioni aperte con la Tunisia
In tutto questo, la scelta del presidente tunisino, Kais Saied, di posticipare sine die la visita di una delegazione della Commissione (dopo aver vietato l'ingresso di quella del Parlamento europeo a inizio mese) non aiuta. Funzionari e diplomatici fanno prevalere realismo e pragmatismo all'idealismo di confrontarsi solo con chi si ritiene omologo in termini di valori e rispetto dei diritti.
"I vicini non si scelgono ma bisogna parlarci per costruire l'affidabilità di cui c'è bisogno", ha spiegato una fonte diplomatica. "C'è qualcun'altro con cui possiamo dialogare in questo momento?", chiede un funzionario europeo a chi puntualizza sul rischio di avere a che fare con Saied. In ogni caso, il memorandum non e' una pillola a effetto immediato.
"È evidente che è una soluzione che richiederà del tempo e risponderà ai problemi nel medio e lungo termine. Se nell'ultima settimana sono diminuite le partenze dalla Tunisia è più per le condizioni meteorologiche che per quello che abbiamo fatto o stiamo tentando di fare con la Tunisia", ha ammesso un alto funzionario che in queste ore è impegnato alla preparazione del Consiglio.
Anche perché, aldilà dell'annuncio dei fondi che verranno erogati alla Commissione europea nei prossimi giorni (o settimane), - 127 milioni di cui 67 per le migrazioni - della missione navale ad esempio non si è ancora parlato nel concreto nemmeno a livello di ambasciatori. L'idea dell'istituzione di una zona Sar tunisina con corrispondente Centro di coordinamento dei soccorsi viene giudicata "interessante ma complicata".