AGI - Il G20 andato in scena a Delhi non ha contribuito a far registrare progressi nei rapporti tra Usa e Turchia. Il presidente americano Joe Biden aveva espresso tutta la propria soddisfazione in seguito al vertice Nato di Vilnius dello scorso luglio e, dopo aver incontrato personalmente nell'occasione il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aveva fornito rassicurazioni sulla cessione dei jet da guerra F16 che la Turchia attende da ormai più di un anno.
A Delhi i due non hanno parlato, ma Erdogan non ha mancato di manifestare fastidio per l'atteggiamento della Casa Bianca, che al momento sembra orientata ad attendere la ratifica del parlamento turco relativa all'allargamento alla Svezia per procedere con l'invio di 40 aerei e 80 kit per la modernizzazione degli F16 in dotazione all'aeronautica turca. Una posizione, quella degli Usa, che ha "seriamente turbato" la Turchia, per usare le parole di Erdogan, che ha ricordato che la ratifica è inserita nel programma dei lavori del Parlamento. "Non sono io che ratifico personalmente ma il parlamento. Questa è la procedura. Per lui (Biden ndr) c'è il Congresso che deve approvare, per me il Parlamento", ha detto Erdogan domenica.
Parole che rendono l'idea dei temi che dovranno affrontare e del clima in cui i due leader dovranno dialogare durante il prossimo vertice Nato, previsto a New York il prossimo 18 settembre. Se il via libera di Erdogan arrivato a Vilnius sembrava aver messo la parola fine su una discussione durata più di un anno, la frenata è arrivata con le dichiarazioni del leader turco, che aveva rilanciato la palla nel campo dei lavori del Parlamento rinviando di fatto la ratifica a ottobre.
Il malcontento dietro le parole pronunciate da Erdogan fa riaffiorare i dubbi sul semaforo verde del parlamento turco, dove il partito Akp del presidente può contare sulla maggioranza dei seggi grazie all'alleanza con i nazionalisti dell'Mhp. Difficile una marcia indietro dopo le parole di Vilnius, la tensione attuale lascia intendere però che si potrebbe assistere a un braccio di ferro. Ankara, dall'inizio della querelle sull'allargamento, ha infatti rifiutato categoricamente di vincolare il proprio via libera alla Svezia alla promessa di ottenere gli F16 pagati 20 miliardi di dollari. Una proposta che l'amministrazione americana ha reiterato per mesi nel tentativo di strappare il si all'allargamento.
Una polemica che dura da anni
Il ritardo del Congresso, sottolineato da molti media turchi, ha contribuito a creare la sensazione che gli Usa attendano la ratifica del parlamento turco per procedere a sbloccare una cessione di armamenti su cui i due Paesi hanno un'intesa da anni. Un'accusa che può essere facilmente capovolta e rivolta ad Ankara, dove il ritardo del Parlamento turco può far pensare che Erdogan attenda gli F16 prima di dare istruzioni ai suoi in parlamento. La Svezia rimane in attesa, vittima di una polemica iniziata anni fa, quando invece degli F16 si parlava degli F35 e la riluttanza degli Usa era legata all'acquisto del sistema di Difesa missilistico russo s-400 da parte di Ankara. Una polemica che ancora oggi sembra lontana dal giungere al termine.
A Washington c'è chi ritiene la vendita degli F16 essenziale a rammendare i rapporti con un importante alleato Nato, con cui peò' non sono mancate roventi polemiche negli ultimi anni. Oltre che per gli aerei da guerra, a complicare la situazione e spingere per un segnale di riavvicinamento le continue accuse di Ankara alla Casa Bianca per l'alleanza e il sostegno americano ai separatisti curdi dello Ypg. Allo stesso tempo nel Congresso non mancano le voci critiche, a partire dal presidente per le relazioni estere del Senato, il democratico Bob Menendez, che da mesi nega gli F16 chiedendo garanzie sulla sicurezza della Grecia e sull'allargamento Nato. Una intransigenza che non permette di sbloccare l'impasse e, nonostante il recente riavvicinamento tra Grecia e Turchia, alza la tensione in attesa del vertice Nato del prossimo 18 settembre.