AGI - Dopo essere stati liberati dal carcere per combattere (almeno sei mesi) in Ucraina nelle truppe dell'esercito privato Wagner, numerosi criminali si apprestano a tornare a casa in Russia: un'inchiesta del quotidiano britannico Guardian si sofferma su questa pericolosissima conseguenza sociale del reclutamento in carcere di combattenti da parte della formazione di Evgeniy Prigozhin, autorizzato dal Cremlino.
Sono già numerose le segnalazioni di ex detenuti sopravvissuti al periodo di combattimento e tornati liberi come promesso. Tra di loro, segnala il Guardian, molti avevano commesso crimini violenti anche efferati contro le donne. Le vittime e le loro famiglie sono indignate e spaventate. L'articolo cita in particolar e il caso di Vladislav Kanyus, condannato a 17 anni di carcere per avere torturato e ucciso, nel 2020, la ex compagna ventitreenne, Vera Pekhteleva, in un crimine di cui il tribunale aveva accertato la "estrema crudeltà".
L'omicidio della giovane Pekhteleva, ricorda il quotidiano britannico, era stato tanto efferato da provocare clamore e sdegno anche in un Paese dove normalmente non si dà molto spazio alle notizie di femminicidi e violenze contro le donne. Dopo che la famiglia della ragazza uccisa ha saputo che Kanyus stava combattendo in Ucraina, ha lanciato l'allarme cercando di capire se è in vista un suo ritorno alla città di origine, dove potrebbe vendicarsi della famiglia che ha condotto una dura battaglia legale per ottenerne la condanna.
Il giovane, inizialmente presente sui social media, ha però fatto perdere le sue tracce. In altri casi citati dal Guardian, diversi assassini conclamati sono già tornati nel luogo di origine, qualche volta anche prima del previsto perché feriti in combattimento. L'accordo fra Wagner e Mosca prevede che i detenuti possano essere "graziati" e non dover scontare il resto delle loro condanne se sopravvivono ad almeno sei mesi di guerra in Ucraina. Particolarmente preoccupate sono le vittime ancora vive degli ex-detenuti colpevoli di stupri o violenze; un'attivista russa citata dal Guardian, Alena Popova, riferisce le numerose segnalazioni da parte delle donne terrorizzate dalla prospettiva di ritrovarsi di fronte il proprio aguzzino.