AGI - E' stata ridotta di sei anni la pena che Aung San Suu Kyi deve scontare: lo ha reso noto un portavoce della giunta militare birmana, spiegando la portata dell'amnistia garantita all'attivista politica, che fu per lunghi anni capo dell'opposizione e poi leader 'de facto' del Paese, negli anni della transizione democratica.
Arrestata dopo il colpo di Stato del febbraio 2021, Aung San Suu Kyi, è stata graziata parzialmente nell'ambito di un'amnistia decretata dalla giunta militare e di cui beneficeranno oltre 7.000 prigionieri, amnistia decisa in occasione delle festività buddiste.
Aung San Suu Kyi è stata condannata a 33 anni di carcere per una serie di accuse, tra le quali quelle di corruzione, possesso illegale di walkie-talkie e violazione delle restrizioni imposte per il Covid. La grazia riguarda 5 delle 19 condanne a suo carico e non è al momento chiaro se questo sia sufficiente a garantirne il rilascio.
San Suu Kyi è apparsa in pubblico solo una volta da quando è stata arrestata dopo il golpe del 1 febbraio 2021: foto sgranate, scattate dai media statali, di lei che era in un'aula di un tribunale di Naypyidaw, la capitale birmana costruita dai militari nella giungla. La scorsa settimana, una fonte del suo partito ha fatto sapere che è stata trasferita dalla sua cella di prigione a un edificio governativo, una foresteria di cui non si conosce l'ubicazione.
Suu Kyi ha già trascorso 15 anni agli arresti domiciliari nella sua villa a Rangun, durante il governo della precedente giunta militare (1962-2011). Il colpo di stato di due anni e mezzo fa, che ha rovesciato il governo guidato da lei e che ha posto fine a un decennio di transizione democratica, ha fatto precipitare il Myanmar in una profonda crisi politica, sociale ed economica e in una spirale di violenza che ha esacerbato la guerriglia che il Paese vive da decenni. Una situazione che ha messo in moto, secondo i dati delle Nazioni Unite, un milione di sfollati.