AGI - "In Niger c'è una grande confusione. Il presidente è detenuto nel palazzo presidenziale. La situazione è ancora convulsa e tesa pertanto è presto per ipotizzare scenari futuri. Una prima lettura, effettivamente, potrebbe essere che cade l'ultimo baluardo nella regione del Sahel". A parlare con l'AGI, a 48 ore del golpe militare che ha deposto il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, è Fabio Minniti, direttore dell'ufficio a Niamey dell'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
Il responsabile, al momento fuori dal Paese africano, è in contatto telefonico continuo con il personale italiano e nigerino in servizio, "che si trova da mercoledì nelle rispettive abitazioni". Tornando sui recenti accadimenti, l'interlocutore riferisce che "mercoledì, verso le ore 10, l'ambasciata italiana ci ha comunicato di movimenti anomali attorno al palazzo presidenziale. Abbiamo predisposto la chiusura dell'ufficio Aics e il personale nigerino e italiano è tornato a casa propria. Ci siamo coordinati con l'ambasciata e con gli operatori della società civile italiana presenti nel Paese".
La presenza fisica della cooperazione italiana con una propria sede in Niger è ancora recente, dopo aver fatto capo per anni all'ufficio progetti Aics di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. L'apertura ufficiale della sede di Niamey risale allo scorso febbraio e coincide con la nomina a direttore di Minniti.
L'apertura di una sede Aics è la riprova della buona intesa tra il governo italiano e quello del Niger. La presenza rafforzata dell'Italia nell'ultimo periodo è in realtà il risultato di un percorso cominciato nel Paese del Sahel a metà degli anni '80, con un progetto di grande successo e particolarmente apprezzato dai locali.
"Tra gli anni '80 e la fine degli anni '90, il progetto di sviluppo rurale integrato realizzato dalla cooperazione italiana, con la FAO e altri attori ha totalmente cambiato il volto della valle di Keita, con il rimboschimento di migliaia di ettari in un approccio fattivo con le persone del posto, in linea con il modo di operare delle Ong italiane", spiega Minniti.
"Dal mio arrivo, lo scorso febbraio, ho ricevuto un'ottima accoglienza e la collaborazione con i vari ministri è stata finora positiva, con tante potenzialità di cooperazione da ampliare", aggiunge il direttore. Al momento l'Italia e i partner occidentali concordano sul fatto che "non c'erano elementi per poter dire che ci potesse essere un colpo di forza, ma in modo evidente i fatti ci dicono il contrario".
In un Paese povero e instabile, dal tessuto socio-economico molto fragile, la cooperazione italiana è incentrata essenzialmente sullo sviluppo rurale, lo sviluppo sociale integrato, con progetti nel settore dell'istruzione, della sanità e di sostegno alle persone diversamente abili.
"I rapporti tra Roma e Niamey si sono rafforzati dal 2010 in poi, grazie alla buona intesa tra gli ultimi governi italiani e nigerini. Nel Paese opera una dozzina di Ong italiane, in parte finanziate dall'Aics, i cui operatori sul terreno collaborano in modo proficuo con autorità locali come comuni, regioni e dipartimenti e con le associazioni locali", dice ancora il responsabile della cooperazione italiana.
Lo scorso dicembre, il presidente Bazoum era venuto in visita ufficiale a Roma, per colloqui con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il Niger è un Paese di intervento prioritario della cooperazione italiana allo sviluppo oltre a vedere la presenza di diverse missioni militari europee, compresa la Misin, la Missione Italiana Bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger, con alcune centinaia di soldati italiani.
Sul versante della cooperazione economica, lo scorso febbraio a Niamey si è tenuto un business summit tra Unione Europea e Niger per rilanciare il partenariato commerciale e al quale ha partecipato una delegazione di imprese italiane. Il Niger è l'ultimo Paese della regione del Sahel teatro di un golpe militare, dopo quelli messi a segno in Mali e Burkina Faso, ex colonie francesi, tra il 2020 e il 2022.
Sia Bamako che Ouagadougou hanno rotto i legami storici con Parigi, portando all'uscita di scena delle missioni militari dei francesi e degli alleati occidentali nella regione, con il delinearsi di nuovi equilibri geopolitici nell'instabile Sahel, sempre più in mano ai jihadisti. Contro i terroristi i vertici di diversi Paesi della regione si stanno affidando ai mercenari russi del gruppo Wagner. Il golpe a Niamey è stato condannato dai vertici dell'Unione europea, dall'Onu, dall'Unione africana, dagli Stati Uniti e dalla Francia.