AGI - Quello che abbiamo visto ieri in Cecenia contro Elena Milashina della Novaya Gazeta e l'avvocato Aleksandr Nemov è "un'aggressione dimostrativa eclatante, un nuovo livello di violenza": la messa al bando del giornalismo in Russia, sullo sfondo della guerra in Ucraina, ha rafforzato la sensazione di impunità che queste pratiche già avevano in passato.
Elena Kostyuchenko ha la voce tremante mentre con l'AGI tira le conclusioni della feroce aggressione contro la collega della Novaya Gazeta, ora ricoverata a Mosca dopo che a Grozny, ieri, un gruppo di uomini col volto coperto l'ha rasata, cosparsa di liquido antisettico verde e spezzato le dita.
Kostyuchenko, autrice del volume 'La mia Russia' edito da Einaudi, da anni racconta le storture del putinismo e con Milashina condivide il lavoro sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia. Ha lasciato la Russia per riparare in Europa visto che i suoi articoli per la Novaya dall'Ucraina nelle prime settimane dell'invasione la rendono "una criminale", secondo le nuove leggi sul discredito dell'esercito e l'alto tradimento.
"Si è trattato di un'aggressione dimostrativa eclatante", denuncia al telefono senza poter rivelare dove si trova per motivi di sicurezza. "Queste persone, e chi sta dietro di loro, sentono di avere le mani libere per fare qualunque cosa, dal momento in cui, di fatto, il giornalismo è stato vietato in Russia".
Milashina, erede della reporter Anna Politkvoskaya, uccisa nel 2006 a Mosca dopo aver coperto numerose storie di crimini in Cecenia, è la giornalista russa più esperta della regione. È stata lei a rivelare al mondo le prigioni speciali per gay, messe in piedi dal regime di Ramzan Kadyrov, che in questa repubblica del Caucaso russo, a maggioranza musulmana, ha creato uno Stato nello Stato.
"Lui e i suoi uomini dispongono dei ceceni a loro piacimento e impunemente: omicidi extragiudiziali, rapimenti, rallestramenti", ricorda Kostjuchenko che avverte: "Se rimarrà impunita come successo finora, questa violenza rischia di diffondersi ulteriormente, anche sul resto del territorio della Federazione".
"Cercare di tagliare le dita a una giornalista e intimarle di non scrivere è un nuovo livello di violenza e illegalità che ha spaventato anche tutti i propagandisti russi; all'improvviso non si sono sentiti sicuri e per questo la reazione della politica e dei media è stata subito di forte condanna", ipotizza la scrittrice che si dice pero' scettica sulla possibilità che vengano processati i responsabili dell'aggressione.
L'attacco di ieri "è stato un segnale rivolto a tutti gli avvocati e giornalisti russi che si rifiutano di accettare che la Cecenia sia uno Stato a parte dove le persone non hanno gli stessi diritti del resto del Paese", conclude Kostyuchenko. È un segnale contro tutti coloro, come Politkovskaya prima e Milashina ora, che lavorano per una riflessione critica della società su questi crimini, per consegnare alla giustizia i loro responsabili ed evitare la loro continua perpetrazione".