AGI - ‘Questa è la storia di un uomo che cade dal cinquantesimo piano. Per farsi coraggio a ogni piano si ripete: ‘Fino a qui tutto bene. L’importante non è la caduta, ma l’atterraggio’. Il mantra ripetuto nel film ‘L’odio’, di Mathieu Kassovitz, che esce nelle sale cinematografiche nel 1995 e racconta la storia di un ragazzo della periferia parigina pestato a morte dalla polizia francese e delle proteste che seguono a quel drammatico evento, resta la metafora della Francia nel suo rapporto con le banlieue.
Sono passati più di 30 anni dall’uscita di quel film profetico che sembrava raffigurare un futuro distopico e quasi irrealistico. Ma come spesso accade, l’arte aveva giù intuito che qualcosa si stava muovendo nel ventre profondo della società. Le violenze di questi giorni, seguite all’uccisione del giovane Nahel da parte di un agente che gli ha sparato a bruciapelo, richiamano alla memoria molti fatti di cronaca che si sono susseguiti negli anni in Francia.
Il più clamoroso dei quali è certamente la rivolta delle banlieue del 2005, quando per tre lunghe settimane l’intero Paese fu sconvolto da manifestazioni, scontri e violenze.
Squilli di rivolta, la granata nella moschea
La miccia che fa esplodere la protesta viene accesa una notte di ottobre del 2005 a Chlichy-sous-Bois, 15 km da Parigi. Due ragazzi di 17 e 15 anni, Zyed Benna e Bouna Traoré muoiono fulminati da un trasformatore dentro una cabina elettrica dove si sono rifugiati probabilmente per sfuggire a un controllo della polizia. Un terzo ragazzo Muhittin Altun di 17 anni, rimane gravemente ferito. L’episodio scatena la reazione dei giovani delle banlieue, in maggioranza immigrati e figli di immigrati, iniziano i primi scontri con le forze dell’ordine, vengono incendiati alcune auto e bidoni dell'immondizia, ma la cosa sembra chiudersi senza particolari conseguenze.
Due giorni dopo, la mattina di sabato 29 ottobre 2005 un migliaio di persone scende in strada per chiedere chiarezza sui fatti di Clichy-sous Bois. Tutto si svolge regolarmente e senza tensioni.
Ma la sera dopo una mano anonima lancia una granata di gas lacrimogeno nella moschea di Clichy, gremita di fedeli in preghiera. Passa poco tempo prima che si diffonda la notizia, poi confermata dallo stesso ministero dell’Interno, che la granata lanciata nella moschea è dello stesso modello di quella usata dai reparti antisommossa della polizia francese.
Nicolas Sarkozy, all’epoca ministro dell’Interno e futuro presidente della Repubblica, usa toni durissimi nei confronti dei giovani delle banlieue, dichiara la volontà di proseguire la sua politica di tolleranza zero per ‘ripulire le banlieue’ e annuncia un inasprimento delle misure di polizia contro le violenze urbane. Le parole di Sarkozy fanno detonatore a un malessere pronto a esplodere.
Esplode la violenza in tutto il Paese, coprifuoco e leggi speciali
La sera del 27 ottobre inizia ufficialmente la rivolta. Decine di giovani si scontrano con la polizia, bruciano auto, erigono barricate, lanciano bottiglie incendiarie, qualcuno parla di colpi di pistola esplosi. Nei giorni successivi la rivolta si allarga agli altri sobborghi della capitale, vengono assaltati uffici pubblici, scuole, stazioni di polizia. Le auto in fiamme sono centinaia, la reazione della forza pubblica si fa sempre più dura.
Una settimana dopo, ai primi di novembre, la protesta si estende oltre la periferia parigina. Incidenti si registrano a Digione e poi a Nantes, a Lille, a Roubaix, ad Avignone, a Marsiglia e in moltissimi altri comuni della Francia.
Per la prima volta delle auto vengono bruciate nel centro di Parigi. Gli arresti e i fermi iniziano a essere decine. Passano i giorni e la protesta non si placa, gli episodi di violenza urbana e l’escalation degli scontri tra manifestanti e polizia è in crescendo.
Il primo ministro De Villepin annuncia il dispiegamento di quasi 20 mila agenti di polizia, il Parlamento francese approva leggi di emergenza che consentono alle autorità locali di imporre coprifuochi, condurre perquisizioni di casa in casa e proibire assembramenti pubblici. Il coprifuoco sarà imposto tra le altre città anche a Parigi, Marsiglia, Strasburgo, Lione, Tolosa. La più grande rivolta sul territorio francese dal maggio del ’68 durerà in tutto tre settimane e il bilancio finale sarà di un morto, decine di feriti, quasi 2600 arresti, centinaia di espulsioni dal Paese e migliaia di auto incendiate.
Il “profondo malessere” della società francese
La classe politica francese si interroga e si divide, il presidente della Repubblica, Jacques Chirac ammette l’esistenza di un "profondo malessere" nella società francese, ma la risposta non arriva se non in termini di ordine pubblico, con un inasprimento delle misure di polizia e un atteggiamento sempre più discutibile e violento da parte delle forze di sicurezza.
Quasi vent’anni dopo la rivolta delle banlieue e trenta dopo l’uscita nelle sale de ‘L’Odio’, mentre la Francia si appresta in queste ore ad affrontare la quarta notte di manifestazioni e di scontri, la frase del protagonista del film di Kassovitz è la profezia di un grande Paese che non riesce a fare i conti con la povertà, il mancato inserimento sociale, il disagio profondo di parte dei suoi cittadini, soprattutto figli di immigrati. Una interminabile caduta di cui ancora non si comprende del tutto l’impatto finale.