AGI - Più di 280 famiglie pakistane si sono presentate alle autorità nel timore di aver perso una persona cara nell'affondamento della barca di migranti a metà giugno al largo della costa della Grecia. Lo dichiara il ministro dell'Interno pakistano.
Dopo aver lasciato la Libia, il peschereccio, fatiscente e sovraccarico, è naufragato nella notte tra il 13 e il 14 giugno al largo della penisola del Peloponneso, sulla rotta migratoria più pericolosa del mondo. Il bilancio delle vittime accertate è di 82 e 104 persone sono sopravvissute. Ma le testimonianze dei superstiti suggeriscono che a bordo c'erano diverse centinaia di persone, i cui corpi non sono stati ritrovati.
"Finora, 281 famiglie pakistane ci hanno contattato per dirci che i loro figli potrebbero essere stati vittime di questo incidente", ha detto venerdì al parlamento il ministro dell'Interno Rana Sanaullah. Tra i sopravvissuti ci sono 12 pakistani e Sanaullah ha stimato che "quasi 350 pakistani erano a bordo". "Forse non c'è mai stato un bilancio così pesante, nemmeno in incidenti terroristici" nella storia del Pakistan, ha suggerito.
Il dolore delle famiglie
La Federal Investigation Agency (FIA) del Pakistan ha finora raccolto 193 campioni di DNA dalle famiglie per aiutare a identificare i corpi. Ma il numero dei dispersi supera di gran lunga il numero dei corpi ritrovati, il che significa che molte di queste famiglie pakistane, per lo più delle province del Kashmir e del Punjab, non potranno mai piangere.
"Dovremmo almeno avere i corpi dei defunti in modo che parenti e persone care possano stare tranquilli", ha detto Zafar Iqbal, 55 anni, residente a Bandli, nel Kashmir pakistano, che ha riferito di aver perso due nipoti nel naufragio. Le autorità pakistane hanno affermato di aver arrestato da allora 25 sospetti trafficanti di esseri umani. "Sono in corso ricerche contro i trafficanti di esseri umani e le indagini continuano", ha detto venerdi' ad AFP un funzionario della FIA.