AGI - Klaipeda è una delle località balneari più amate dai lituani. Qualche anno fa avremmo trovato l’arenile gremito di turisti russi. Oggi con un passaporto di Mosca, se non si è diplomatici o dissidenti, non si può più entrare nel Paese baltico. Ci sono però numerose famiglie locali che, a distanza, guardano con curiosità l’esercitazione militare della Nato che si svolge su una sezione della costa delimitata ma non chiusa.
Difendere il Baltico in tempo di guerra
La camionetta che conduce i giornalisti all’area delle manovre attraversa il sentiero di un campeggio. All’ombra degli alberi, i soldati dell’esercito di Vilnius espongono armi e mezzi a favore di camera. In mezzo a loro alcuni bambini eccitatissimi si avvolgono in reti mimetiche o scrutano dagli obiettivi dei cannoni. La spiaggia brulica di uomini e donne in uniforme. Polacchi, inglesi, americani, italiani, portoghesi, spagnoli, canadesi. E molti rumeni, che costituiscono l’equipaggio della ORP Torun della marina di Varsavia (si chiama “interoperabilità) coinvolta, insieme alla nostra San Marco, nell’operazione anfibia al centro dell’edizione 2023 della manovra annuale Baltops, un’esercitazione regolare che, dopo l’aggressione russa all’Ucraina è molto più che routine.
All’orizzonte si intravedono i vascelli. Un caccia vola sopra le nostre teste. A Sud c’è l’exclave russa di Kaliningrad, spina nel fianco della Nato. A Sud Est il corridoio di Suwalki, striscia di confine tra Lituania e Polonia stretta tra l’Oblast controllato dal Cremlino, l'antica Konigsberg che l'Armata Rossa strappò al Terzo Reich, e la Bielorussia, uno dei luoghi più incandescenti del mondo. Una manovra congiunta di Mosca e Minsk isolerebbe i tre Paesi baltici dal resto dell’Alleanza Atlantica. Un'evenienza che nei primi convulsi mesi della guerra in Ucraina era diventata all’improvviso molto più di una sinistra ipotesi. “Nello scenario corrente, lo sbarco di questi veicoli ha l’obiettivo di garantire la sicurezza e la protezione della costa”, sottolinea una ufficiale lituana, non nascondendo che il conflitto in corso rende la preparazione ancora più importante.
Operazione "Storm Strike"
I quattro automezzi dell’esercito lituano che stazionavano sulla sabbia, a destra del centro stampa, partono. È l’inizio dell’esercitazione “Storm Strike” dei marine lituani, un cardine della strategia di difesa nazionale di Vilnius, quest’anno inclusa nel quadro di Baltops, la maggiore manovra Nato nel Baltico, 53 anni di storia, concepita, come ovvio in settori diversi, quando la Lituania era ancora parte dell'Urss.
Lo scenario è la bonifica di una zona già occupata dal nemico, in attesa dei rinforzi. I fucilieri scendono dai veicoli, sparano, avanzano, superano la spiaggia di Nemirseta, si inoltrano nel bosco. Il fumo avvolge il bagnasciuga, tra il rumore delle raffiche. Poi dal mare giungono i canotti con i commilitoni. È la prima ondata dello sbarco. A bordo ci sono gli sminatori. Solo quando l’area è ritenuta libera da trappole e ostacoli è tutto pronto per l’arrivo degli alleati, per il quale è cruciale il supporto aereo. I jet mobilitati provengono da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Turchia e Usa. E dalle tre nazioni baltiche. Il loro schieramento è permanente. Sono pronti a intervenire in qualsiasi momento.
Uno sforzo "complesso e pericoloso"
Poi l’ufficiale lituano impone ai presenti gli occhiali protettivi. E si ode l’inconfondibile suono di un elicottero in avvicinamento. È un EH-101 della Marina italiana. Solleva una nube di sabbia che accieca gli obiettivi fotografici. I marò si calano da una corda. Baltops 23 entra nel vivo. Italiani, polacchi e rumeni proseguono l’operazione di infiltrazione, dando rinforzo agli uomini di “Storm Strike”.
Lo scopo è “rafforzare l’interoperabilità con gli alleati”, spiega Tadas Jablonskis, comandante di flotta della Marina lituana, “la nostra intelligence ci ha segnalato un’escalation della situazione e abbiamo rafforzato la nostra preparazione”. “L’area delle operazioni è molto ampia da coprire per le forze disponibili, la situazione presenta molto pericoli e abbiamo selezionato un’area adatta allo sbarco di potenziali avversari”, prosegue Jablonskis, “lo sbarco anfibio è uno sforzo molto complesso e pericoloso perché richiede un elevato grado di coordinamento tra forze di mare, terra e aria”.
Il prossimo elicottero è per i cronisti. Portellone aperto, “come nei film”, almeno per chi la guerra, vera o simulata, l’ha vista solo al cinema. Destinazione la San Marco.