AGI - Il terremoto politico scatenato nel Regno Unito dalle dimissioni di Boris Johnson dalla Camera dei Comuni evidenzia la profonda spaccatura nei Tory ma anche, a un anno dalle elezioni generali, lascia intravedere la vendetta politica dell'ex premier.
Come l'ex presidente Usa Donald Trump, BoJo ha accusato chi lo attacca, in questo caso la commissione di inchiesta sul cosiddetto 'partygate', di condurre una caccia alle streghe piena di pregiudizi.
Poi, alle sue dimissioni da deputato, ha fatto seguire quelle di due 'fedelissimi': prima, Nadine Dorries, ex segretaria alla cultura, che ha lasciato il suo seggio nel Mid Bedfordshire, roccaforte conservatrice; poi Nigel Adams, un seggio ai Comuni dal 2010, eletto nella circoscrizione di Selby and Ainstry, anche quella una roccaforte Tory, in cui i conservatori avevano vinto con margine di circa 20mila voti, nelle elezioni del 2019.
E le elezioni suppletive saranno anche a Uxbridge e South Ruislip, per il seggio lasciato liberi da Johnson, una circoscrizione che all'epoca era passata dalla parte dei Tory con un margine più ristretto, appena 7mila voti. Insomma, per il premier britannico Rishi Sunak, si prepara un test elettorale complicato, in un momento in cui i laburisti vengono dati in ampio vantaggio anche per le elezioni politiche del prossimo anno.
Non solo: le tre dimissioni nel giro di ventiquattr'ore cominciano ad assomigliare a una campagna coordinata per innescare una serie di elezioni suppletive; e non è un caso che una fonte vicina a Johnson ha detto che potrebbero dimettersi altri 5 o 6 'lealisti'.
Insomma, per Sunak, che ancora non ha detto una parola sulle dimissioni di Johnson, si preparano tempi grami. A innescare la nuova crisi nel Partito conservatore è stata l'inchiesta che doveva stabilire se BoJo avesse mentito al Parlamento sui party a Downing Street durante la pandemia di Covid-19.
Prima che il Comitato Privilegi rendesse pubbliche le sue conclusioni al riguardo, subodorando che la commissione si preparava a raccomandare la sua sospensione da deputato, Johnson venerdì sera ha annunciato le sue dimissioni con effetto immediato.
E annunciando il passo indietro ha lanciato bordate e fendenti sia contro il premier, sia contro il Comitato; poi ha chiesto tagli alle tasse aziendali e personali e sollecitato il partito a sfruttare meglio la Brexit.
"Non sono il solo a pensare che ci sia una caccia alle streghe per vendicarsi della Brexit e alla fine ribaltare il risultato del referendum del 2016", ha tuonato. "La mia sostituzione è stato il primo passo necessario e penso che ci sia stato uno sforzo concertato per riuscire a raggiungere questo obiettivo".
"Non dobbiamo avere paura di essere un governo conservatore", ha aggiunto, accusando Sunak di avere tradito la sua eredità. "Dovremmo ricordarci che più di 17 milioni hanno votato per la Brexit. Perché abbiamo abbandonato passivamente la prospettiva di un accordo commerciale con gli Stati Uniti? Dobbiamo sfruttare al meglio la Brexit e dobbiamo farlo nei prossimi mesi con un'agenda pro-crescita e pro-investimenti".
E ha ricordato come il Partito conservatore, al momento della sua dimissione da leader, fosse in ritardo nei sondaggi "solo di una manciata di punti" e come "quella distanza si sia allargata in modo massiccio" dall'arrivo di Sunak a Downing Street, lo scorso ottobre.
"Pochi anni dopo aver ottenuto la più grande maggioranza in quasi mezzo secolo, rischiamo chiaramente di perderla", ha avvertito Johnson, che ha così sciorinato la sua ricetta per le prossime elezioni. "Il nostro partito ha urgente bisogno di ritrovare slancio e convinzione in ciò che questo Paese può fare". Insomma, la vendetta è cominciata.
Il coordinatore della campagna nazionale del partito laburista, Shabana Mahmood, ha detto che Sunak "ha perso il controllo del suo partito". "È semplicemente troppo debole per unire un 'Tory' diviso, che è più interessato a farsi a pezzi a vicenda, rendendo la vita difficile al proprio premier con le elezioni suppletive, piuttosto che concentrarsi sulle questioni che contano davvero per gli elettori".
Tra l'altro Sunak è obbligato a convocare le elezioni generali prima del gennaio 2025 e gli analisti si attendono il voto per la seconda metà del 2024, con i sondaggi che danno il Labour in netto vantaggio. Quanto a BoJo, aveva detto alla commissione che se avessero trovato qualcosa contro di lui, non avrebbe rispettato le conclusioni. E così ha fatto, incurante di cosa significhi per i Tory.