AGI - La Commissione e la presidenza di turno dell'Unione europea puntano a un primo accordo tra gli Stati sul Patto per le migrazioni e l'asilo già oggi, alla riunione dei ministri dell'Interno che si tiene a Lussemburgo. Ma è tutt'altro che scontato. La commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, si era detta lunedì molto ottimista. Ma altri funzionari dell'Ue e diplomatici dei vari Paesi restano più cauti.
"Se mi chiedete come andrà posso solo tirare a indovinare, magari su delle basi, ma comunque posso solo individuare. E vi dico che la probabilità che venga raggiunto un accordo è 50-50. Ho sentito la Commissione più ottimista ed è giusto cosi'. Ma saranno direttamente i ministri a decidere per i propri Stati perché il dossier è molto delicato", ha spiegato un funzionario che ha lavorato alla preparazione della riunione. "Ovviamente non aspettatevi una fumata bianca alle 10, ci vorrà sicuramente del tempo, ma ci sono delle chance per riuscirci. Anche io sono ottimista", ha aggiunto.
Le basi del possibile accordo
Secondo il funzionario, nei negoziati degli ultimi mesi guidati dalla presidenza svedese, "sono state poste le basi per trovare un terreno comune, seppur davvero molto esteso. E per riuscirci è stato inevitabile affiancare all'obbligo di solidarietà, ma non obbligo di ricollocamenti, la dimensione esterna delle migrazioni. Per affrontare la questione a livello più ampio", ha spiegato.
Insomma è stato l'unico modo per cercare di accontentare il maggior numero dei Paesi. E sicuramente non tutti saranno contenti. Se si arriverà a un'approvazione sarà a maggioranza qualificata, non certo all'unanimità. "In tutto il processo siamo stati molto chiari: il voto finale sarà a maggioranza qualificata. È l'unico modo per aver un accordo. Se dovessimo cercare l'unanimità non ce la faremmo mai ad approvarlo, quindi usiamo quello che i trattati ci permettono e voteremo a maggioranza qualificata", ha chiarito il funzionario.
"Ovviamente dobbiamo calcolare la maggioranza qualificata, ora non so se ci sia, ma sulla base dell'animo in stanza, faremo i calcoli per vedere se procedere con la votazione", ha aggiunto. E nei calcoli ci sono almeno due Paesi quasi certamente contrari - Polonia e Ungheria - e non è esclusa qualche astensione. La maggioranza qualificata al Consiglio richiede il favore del 55% degli Stati (15) che rappresentino il 65% della popolazione.
Il ruolo dell'Italia
Nelle ipotesi di calcolo c'è chi inserisce anche l'Italia. "La maggioranza sarebbe possibile ma non auspicabile" senza l'Italia, spiega un diplomatico europeo. Il messaggio è chiaro. Tuttavia gli Stati del Med5 - Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta - sostengono che dato che la riforma del sistema di asilo europeo ha un impatto particolare sugli Stati membri frontalieri, la logica maggioritaria, pur se formalmente applicabile al negoziato, non possa esser applicata nel concreto.
Si tratta, secondo loro, di un negoziato che non può prescindere dall'accordo degli Stati che sono maggiormente toccati. Tradotto: si potrebbe andare avanti con il voto contrario di Ungheria o Polonia ma non di Spagna o Italia.
L'equilibrio tra solidarietà e responsabilità
Uno dei punti di maggiore attrito tra i Ventisette riguarda il difficile (finora impossibile) equilibrio tra la solidarietà e la responsabilità. La responsabilità è richiesta ai Paesi di primo arrivo (con l'identificazione, la registrazione e la prima accoglienza degli arrivi) e la solidarietà dovrebbe essere compito dei Paesi secondari con i ricollocamenti (obbligatori) dei migranti arrivati in Ue.
Ma l'obbligo di solidarietà non è assolutamente un obbligo di ricollocamenti di migranti. "No ai ricollocamenti obbligatori, ma è chiaro che i Paesi possono scegliere di garantire un altro tipo di solidarietà. La solidarietà deve essere obbligatoria altrimenti non sarebbe realistica", ha spiegato la commissaria Johansson.
"Troveremo un compromesso. Vedremo come sarà equilibrato, ma è assolutamente necessario: non si può chiedere ad alcuni Paesi il ricollocamento mentre altri non fanno nulla. Non sarebbe una soluzione sostenibile, ci vuole equilibrio nella solidarietà nei confronti dei Paesi che sono sotto pressione", è il principio.
La Commissione, che preme per l'approvazione finale del testo prima delle elezioni europee del giugno 2024, secondo la proposta confermata dalla plenaria di Strasburgo, si riserva il potere di dichiarare la "situazione di crisi" in caso di esplosione di arrivi (vedi le crisi Libia, Tunisia, Siria).
Ai sensi del nuovo sistema, gli Stati potranno scegliere come aiutare i Paesi di destinazione dei flussi impegnandosi al ricollocamento dei richiedenti asilo, assumendosi la responsabilità di rimpatriare le persone senza diritto di soggiorno o garantendo altre forme di sostegno operativo. Che può essere anche economico. Tra le varie ipotesi ventilate, e mai confermata ufficialmente dalla Commissione, i funzionari Ue hanno calcolato che gli Stati dovrebbero pagare una compensazione di 20 mila euro per ogni migrante di cui rifiutano il ricollocamento.
Nei periodi di maggiore pressione per alcuni Stati membri tutti i Paesi Ue saranno legalmente obbligati a contribuire in base al loro Pil e alla popolazione, a prescindere che si tratti di sbarchi, operazioni di ricerca in mare o altre situazioni di crisi alle frontiere. In situazioni eccezionali sarebbero ammessi anche i trasferimenti obbligatori e deroghe alle procedure di screening e di asilo.
Today, @EU_Commission presents an EU Action Plan to manage #migrationEU for the Western Mediterranean and Atlantic routes
— EU Home Affairs (@EUHomeAffairs) June 6, 2023
"Our plan proposes targeted operational measures to ensure safer, legal, and orderly migration to the EU" ~ @YlvaJohansson
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Il pacchetto di proposte
Già votato dal Parlamento a Strasburgo, include anche come l'Ue e gli Stati membri agiranno congiuntamente per gestire l'asilo e la migrazione. In particolare, si mira a introdurre nuovi criteri per determinare la responsabilità dei Paesi Ue nel trattamento di una domanda di asilo (i cosiddetti criteri di Dublino) e l'equa ripartizione delle responsabilità.
È ciò che viene rivendicato dai Paesi del Nord in contrapposizione alla solidarietà richiesta dai Paesi del Sud. Le nuove regole, se confermate, stabiliranno inoltre una stretta sullo screening dei cittadini di Paesi terzi alle frontiere Ue. Le persone che non soddisfano le condizioni di ingresso di uno Stato membro saranno soggette all'identificazione, al rilevamento delle impronte digitali, ai controlli di sicurezza e alla valutazione preliminare dello stato di salute e della vulnerabilità.
"Nella mia proposta, tutti hanno diritto a presentare la domanda di asilo e ad avere una valutazione della propria richiesta. Ma se vieni da un Paese con un tasso di riconoscimento molto basso, e ad esempio non sei una persona vulnerabile ne' un minore non accompagnato, dovresti avere una procedura accelerata già ai confini", ha evidenziato Johansson.
"Questo è importante perché sappiamo che un efficace tasso di rientri volontari è più alto se la decisione è presa più velocemente. Più tempo richiede la decisione di rientro, più è difficile rientrare. Per questo avere un processo veloce al confine è importante. Ma c'è sempre un processo, una domanda, una valutazione lucida per chiunque, anche per quanti provengono da Paesi con bassi tassi di riconoscimento. Non ha senso che persone provenienti da Albania, Pakistan o Turchia vengano trattate allo stesso modo di persone che arrivano da Afghanistan, Siria, Sudan ad esempio", ha precisato ancora.