AGI - Quindici anni dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, la regione balcanica continua a essere epicentro di tensioni. L'ultima escalation di lunedì - coi violenti scontri nel Nord tra manifestanti di etnia serba e polizia - ha le sue radici nelle elezioni locali del 23 aprile, quando sono andati al voto quattro comuni settentrionali dove la comunità serba rappresenta la maggioranza della popolazione; gli elettori serbi hanno pero' boicottato le urne, consentendo o ai rappresentanti albanesi di assumere il controllo dei consigli locali.
I disordini nella regione si sono intensificati dall'insediamento dei sindaci di etnia albanese, la cui autorità non è riconosciuta dai cittadini di etnia serba; questi ultimi sono scesi in piazza, chiedendo il ritiro dei primi cittadini, come pure delle forze speciali della polizia kosovara, inviate sul posto in previsione delle tensioni. Gli agenti di Pristina sono accusati di aver usato il pugno di ferro sui manifestanti e ieri le forze di interposizione Nato della missione Kfor sono intervenute per sedare gli scontri : 30 militari sono rimasti feriti, di cui 11 italiani e 19 ungheresi.
I serbi kosovari non hanno mai accettato la dichiarazione di indipendenza dalla Serbia del 2008, riconosciuta dai principali Paesi dell'Ue e dagli Stati Uniti, ma non dalla Russia, e considerano Belgrado la propria capitale.
Gli albanesi etnici costituiscono oltre il 90% degli 1,8 milioni di abitanti del Kosovo; i serbi - che si stima siano in tutto 120 mila - si concentrano per lo più nelle enclave del Nord: chiedono da tempo l'attuazione di un accordo del 2013 mediato dall'Ue per la creazione di un'associazione di comuni autonomi nella loro area.
Ieri, i nazionalisti serbi più radicali - tra l'altro simpatizzanti della Russia di Putin, che non riconosce l'indipendenza del Kosovo - hanno provato a irrompere nei comuni dei sindaci contestati: nelle cariche in piazza, oltre ai 30 militari della Kfor, sono rimasti feriti 50 manifestanti. Belgrado accusa di aver provocato gli incidenti il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, che venerdì aveva utilizzato le forze speciali di polizia contro i manifestanti per forzare l'ingresso dei sindaci nei municipi.
Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha invitato i serbi del Kosovo a manifestare pacificamente e "a non entrare in conflitto con la Nato"; ha anche ribadito l'invito ai Paesi occidentali a premere su Pristina per il ritiro dei sindaci. Serbia e Kosovo stanno negoziando la normalizzazione delle loro relazioni nel quadro di un nuovo piano dell'Unione europea, sostenuto dagli Stati Uniti, in un processo spesso interrotto da crisi e tensioni.