AGI - A prescindere da chi verrà eletto nel ballottaggio di domani, le elezioni in Turchia hanno già un vincitore indiscusso: il nazionalismo. Abbastanza prevedibile in un Paese in cui l'amore per la bandiera e per la patria costituiscono un elemento in assenza del quale è più facile finire in carcere che in Parlamento.
Questa caratteristica trasversale della politica (e della società) turca ha raggiunto l'apice nell'ultima campagna elettorale, a causa di Sinan Ogan. Lo definiremo ultranazionalista, è il terzo incomodo che ottenendo il 5.27% delle preferenze al primo turno ha costretto i due principali contendenti alla presidenza, il presidente Recep Tayyip Erdogan (49.5%) e lo sfidante di opposizione Kemal Kilicdaroglu (44.9%) a un'ulteriore sfida con il ballottaggio.
Chi è lo sfidante di opposizione Kemal Kilicdaroglu
Il leader dell'opposizione è alla guida del partito repubblicano Chp, laico, secolare, kemalista nel legame indissolubile con il fondatore della patria turca, Mustafa Kemal Ataturk.
In una parola un partito nazionalista, per nascita e definizione; negli anni scorsi non ha mai smesso di accusare Erdogan di aver tradito i valori fondanti della Repubblica, islamizzando il Paese e delegittimando la figura di Ataturk e i connotati della 'Patria cosi come "i padri" l'avevano voluta.
Tali accuse, rivolte al partito Akp di Erdogan, non hanno però mai fatto breccia in larga parte della popolazione, anche perchè l'attuale presidente in quanto a nazionalismo non è secondo a nessuno e ha legato la sua figura allo slogan ripetuto all'infinito mentre la mano fa il segno della 'rabià (le 4 dita ndr) "Una sola Patria. Una sola bandiera. Un solo popolo. Una sola nazione".
Erdogan, un leader che non vuole prendere ordini da nessuno
Erdogan ha lanciato 3 interventi militari in Siria in ossequio "alla sicurezza nazionale", non ha paura di mettersi contro gli Stati Uniti e l'Europa, di tenere in standby da solo l'allargamento Nato, rivendicare il successo dell'industria della Difesa e arrivare a ringhiare in faccia alla Grecia rivendicando l'autodeterminazione di un Paese "che non vuole più prendere ordini da nessuno, come avveniva in passato".
Tali parole e azioni sono il fulcro del legame con il suo elettorato, capaci di toccare le corde, manco a dirlo nazionaliste, più sensibili di gran parte della popolazione e gli hanno garantito 20 anni al potere. Il principale alleato di Erdogan è il partito Mhp, letteralmente "Partito nazionalista del popolo", guidato dall'ex lupo grigio Devlet Bahceli, un partito di estrema destra distintosi per il pugno duro nei confronti dei curdi per 40 anni.
Il programma di Ogan
Ogan scomparve per anni dalla scena politica prima di ricomparire in queste elezioni, dove ha rilanciato la propria figura con un programma incentrato sul ritorno ai valori della Turchia e della patria: dal rimpatrio dei siriani e dalla esclusione dei curdi dalla scena politica.
Il partito che ha portato più voti a Ogan è stato il partito Zafer (Vittoria ndr), fondato nel 2021. Il leader e fondatore del partito, Umit Ozdag, non ha mai smesso di accusare il governo di politiche troppo morbide nei confronti dei siriani, di aver cambiato la demografia del Paese e aver 'islamizzato la Turchia proprio attraverso la presenza dei profughi.
Ozdag ha lanciato la campagna con una provocatoria raccolta fondi per comprare biglietti di bus di sola andata per i rifugiati siriani in Turchia. Già prima Ozdag si era rilanciato attraverso messaggi xenofobi diffusi sui canali social e Youtube e si è imposto all'attenzione dei media attraverso un cortometraggio di 9 minuti, "Invasione Silenziosa", che mostra una Turchia del futuro in cui i siriani rappresentano la maggioranza di un Paese tornato all'alfabeto arabo (abbandonato nel 1928 ndr) e ha superato le 5 milioni di visualizzazioni.
Ozdag nel secondo turno sosterrà Kilicdaroglu e in caso di vittoria potrebbe divenire ministro degli Interni al posto del suo nemico giurato, Suleyman Soylu. Quest'ultimo, in sella da 8 anni, è stato il principale bersaglio di Ozdag, ed è forse l'elemento più nazionalista dell'intero governo Erdogan.