AGI - La Turchia è attesa domani dal decisivo ballottaggio che dirà chi, tra il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan e il candidato dell'opposizione, il repubblicano Kemal Kilicdaroglu, governerà il Paese per i prossimi 5 anni. L'88% raggiunto al primo turno conferma che, al di la di un sistema che ha rivelato più di un difetto, per i turchi le elezioni costituiscono un momento di partecipazione, l'occasione di essere coinvolti nelle scelte del Paese.
Gli elettori attesi alle urne sono 64 milioni
Sono infatti in totale 64 milioni gli elettori attesi alle urne in un Paese di 83 milioni di abitanti, circa due milioni hanno già votato all'estero. Il primo turno del 14 maggio ha rivelato ancora una volta un Paese polarizzato, spaccato in due. Da un lato il 49.5% degli elettori che appena due settimane fa ha espresso la propria preferenza per Erdogan, scegliendo la continuità di un leader in sella da 20 anni, prima da premier e dal 2014 da presidente della repubblica.
Dall'altro una coalizione di più partiti che proprio in quella continuità vede avanzare la minaccia di un regime di un uomo solo al comando. Una minaccia per scongiurare la quale si è stretta attorno alla candidatura di Kilicdaroglu. Al primo turno lo schieramento di sei partiti che sostiene il candidato ha sfiorato il 45%, anche grazie al sostegno esterno dei curdi di Hdp, costretti a presentarsi come Sinistra Verde da vicende giudiziarie e nonostante questo andati vicini al 10%.
Al primo turno Erdogan in vantaggio per 2,5 milioni di voti
Il primo turno si è concluso con un vantaggio di appena 2.5 milioni di voti per Erdogan, pochissimi in un Paese che ha 64 milioni di votanti e in cui l'affluenza, tradizionalmente altissima, ha toccato l'88% (il record è del 93.6%). A rendere necessario il secondo turno il 5.17% dei voti, pari a 2.8 milioni di preferenze, ottenuti dal 'terzo incomodò, l'ultra-nazionalista di estrema destra Sinan Ogan.
Dopo il primo turno i riflettori sono stati puntati proprio sull'ex (?) Lupo Grigio, che per anni era sparito dalla scena politica turca. In queste due settimane trascorse dal primo turno i due candidati si sono concentrati sugli 8 milioni di elettori che hanno optato per l'astensione al primo turno.
Tuttavia il 5.17% dei voti ottenuto da Ogan ha rilanciato gli ultra-nazionalisti dal pugno duro, l'estrema destra turca che ha visto nell'apertura ai partiti curdi in politica e all'arrivo di milioni di siriani in fuga dalla guerra lo snaturamento e il tradimento dei valori della 'patrì turca.
Il candidato dell'opposizione Kilicdaroglu ha cercato i voti a destra
Inevitabile che queste due settimane abbiano visto una deriva nazionalista, una corsa per conquistare i voti dell'estrema destra in cui si è distinto in particolare il candidato dell'opposizione Kilicdaroglu.
Deluso dalla mancata vittoria al primo turno ha fatto attuato un giro di vite all'interno del proprio staff, cambiato consulenti strategici e dato una maggiore centralità al sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, ora candidato alla vicepresidenza: l'uomo che nel 2019 aveva strappato la metropoli più importante del Paese al partito del presidente (dopo 25 anni ndr) proprio con una campagna incentrata sul sentimento avverso nei confronti dei profughi siriani.
Kilicdaroglu ha alzato i toni con un video in cui ha accusato Erdogan di non aver saputo difendere i confini, di aver svenduto cittadinanza e diritto di voto (in Turchia votano 140mila siriani, ndr), di aver portato nel Paese 10 milioni di profughi (3,9 milioni secondo l'Onu, ndr) e prospettato l'arrivo di altri 10 milioni in caso di riconferma del presidente in carica.
L'alleanza di Kilicdaroglu con il partito di ultradestra xenofoba guidato da Ozdag
Culmine del cambio di rotta di Kilicdaroglu è stata l'alleanza stipulata in 6 punti con il partito di ultradestra xenofoba e nazionalista Zafer (Vittoria, ndr), guidato da Umit Ozdag, autore di una dura campagna contro i migranti. Con l'endorsement di Ogan a favore di Erdogan la partita per la presidenza sembrava chiusa e invece poco è cambiato in termini numerici.
È infatti assai probabile che molti degli elettori di Ogan non si recheranno alle urne per protesta, mentre l'Alleanza di Kilicdaroglu con Ozdag garantisce all'opposizione 1.2 milioni di voti (teorici), quasi la metà dell'intero pacchetto racimolato da Ogan al primo turno. In termini numerici poco è cambiato rispetto al primo turno: Erdogan conserva lo scarto iniziale e solo gli indecisi potrebbero ribaltare la situazione a favore dell'opposizione.
L'intesa tra Kilicdaroglu e Ozdag è stata sigillata da un protocollo in 7 punti, in cui spicca il rimpatrio dei siriani in un anno. Ozdag ha anche anticipato che, in caso di vittoria di Kilicdaroglu, ricoprirà il ruolo di ministro dell'Interno; e a meno di una settimana dal ballottaggio enormi striscioni con scritto 'I siriani andranno via sono comparsi nelle principali città del Paese.
In attesa di capire chi vincerà il ballottaggio va ricordato che Erdogan al primo turno si è garantito la maggioranza dei seggi in Parlamento e il 'suo Akp, pur perdendo voti rispetto al passato, si conferma primo partito.
Il Partito del presidente ha conquistato il 35,58% dei voti, che garantiscono ad Akp 267 dei 600 seggi in parlamento. Una situazione che, in caso di sconfitta di Erdogan al ballottaggio, metterebbe il suo sfidante in una difficile posizione di coabitazione: corto circuito istituzionale che i turchi in passato hanno dimostrato di non amare.
L'alleanza di Erdogan con i nazionalisti di Mhp
Per raggiungere la maggioranza assoluta Erdogan ha ancora una volta avuto bisogno di allearsi con i nazionalisti di Mhp, che hanno ottenuto il 10% di consensi, sufficienti a garantire 50 candidati, mentre il nuovo partito Refah, di ispirazione religiosa, ha ottenuto 5 parlamentari grazie al 2,82% del consenso.
Saranno dunque 322 i parlamentari della coalizione che ha sostenuto il presidente turco, la maggioranza dei 600 seggi che costituiscono il Parlamento della capitale Ankara; e 213 i parlamentari dell'alleanza di sei partiti che ha sfidato Erdogan sotto la guida di Kemal Kilicdaroglu.
Il partito dello sfidante si conferma secondo partito e principale forza di opposizione con il 25,3% e 169 seggi in Parlamento. Gli alleati nazionalisti di Iyi prendono il 9,7% e conquistano 44 seggi, completando così la composizione dei 213 parlamentari di opposizione.
Sono invece 65 i parlamentari conquistati dall'alleanza di sinistra tra i filo curdi di Hdp il partito dei lavoratori con il 10.54% che permette di superare l'altissima soglia del 10% ed entrare in Parlamento.
Hdp, a rischio incostituzionalità, si è presentato alle elezioni con il simbolo di Sinistra Verde e ha ottenuto 61 seggi con l'8.9% dei voti. Il partito dei lavoratori, nato da una scissione dal partito comunista turco, con l'1,73% ha piazzato 4 parlamentari.