AGI - Kemal Kilicdaroglu è il segretario del partito repubblicano Chp e leader della coalizione di sei partiti che tra tre giorni potrebbe mettere fine ai 20 anni al potere del presidente Recep Tayyip Erdogan di cui rappresenta l'antitesi nei modi e nella retorica. Scelto come candidato non senza polemiche e divisioni all'interno della stessa coalizione, Kilicdaroglu ha ottenuto il sostegno anche del partito filo curdo Hdp grazie alla scelta di rinunciare al secolarismo e al nazionalismo senza se e senza ma che ha determinato le sconfitte del proprio partito negli ultimi due decenni. La mossa gli ha procurato un sostegno che potrebbe essere decisivo e al momento ha un peso specifico importantissimo.
Destini paralleli
Un cognome difficile da pronunciare non lo ha certo aiutato a imporsi sulla scena internazionale, tuttavia nel panorama politico turco Kilicdaroglu si è conquistato un ruolo centrale sin dal 2010, quando e divenuto segretario del principale partito di opposizione. Nato nel 1948 a Tunceli, nell'est del Paese, Kilicdaroglu cresce in una famiglia alevita, la seconda corrente dell'Islam più diffusa in Turchia dopo i sunniti.
Gli aleviti in Turchia si sono sempre distinti per una visione progressista dell'Islam, creando divisioni e relegandoli a volte a un ruolo secondario. Kilicdaroglu è laureato in economia e ha iniziato la carriera all'interno delle istituzioni, distinguendosi prima nella caccia all'evasione fiscale, poi con un ruolo sempre più di rilievo all'interno del ministero dell'economia e delle finanze, in veste di funzionario. Nel 2002 viene eletto per la prima volta nel parlamento di Ankara, lo stesso anno in cui l'Akp di Erdogan vince le elezioni e l'attuale presidente viene eletto primo ministro per la prima volta. I rispettivi destini sono da allora in qualche modo paralleli per quanto le politiche non potrebbero essere più diversi per modi, stile e retorica.
Dalla lotta alla corruzione alla "marcia per la Giustizia"
Nel 2007 da vicepresidente del parlamento, Kilicdaroglu denuncia casi di corruzione nel Paese costringendo alle dimissioni un parlamentare dell'Akp. L'episodio gli permette di acquisire visibilità nell'opinione pubblica mentre scala posizioni all'interno del partito tanto da essere scelto come candidato sindaco di Istanbul nel 2009. Nonostante la sconfitta nelle elezioni contro il candidato di Erdogan, un anno dopo Kilicdaroglu viene scelto come il settimo segretario nella storia dello storico partito Chp. In quanto tale, nel 2014 subisce una dura contestazione prima delle elezioni presidenziali, quando si allea con il partito ultranazionalista Mhp (che da fine 2015 sarà in coalizione con Erdogan) nella speranza di incrementare consenso per il proprio candidato, Kemaleddin Ihsanoglu.
La decisione gli inimica i curdi del Paese e non impedisce la vittoria di Erdogan al primo turno. Solo la convocazione di un congresso straordinario del partito lo salva dalla fine della carriera politica. Un altro momento difficile arriva 3 anni dopo, con il referendum che ha decretato il passaggio al sistema presidenziale fra voci di brogli: la vittoria di Erdogan è risicata e ci si aspetta un colpo di coda che non arriva, deludendo la base.
Una svolta nella vita politica di Kilicdaroglu è arrivata nel 2017, con la famosa "marcia per la Giustizia": 450 km a piedi da Ankara a Istanbul per denunciare la condanna per spionaggio di un parlamentare Chp, Enis Berberoglu, accusato di aver passato al quotidiano Cumhuriyet informazioni coperte da segreto di stato. Nel 2019 è poi arrivata l'apertura ai curdi e all'Hdp in particolare, dopo che in precedenza Kilicdaroglu aveva definito la lingua curda 'inesistentè. Grazie a questo, Hdp decide di non schierare un candidato e sostenere, con il partito di Kilicdaroglu Ekrem Imamoglu che diventa il sindaco di Istanbul e Mahsur Yavas che conquista la guida della capitale Ankara.
Il primo presidente alevita?
Nel 2020 nasce la coalizione di sei partiti che tra due giorni sfiderà Erdogan. Kilicdaroglu, il cui partito conta su una percentuale di consenso compresa tra il 24% e il 28%, si accorda con i nazionalisti di del partito Iyi, nati da una scissione con Mhp e 4 partiti minori, tra cui i religiosi di Saadet e i nuovi movimenti fondati dall'ex ministro dell'economia di Erdogan, Ali Babacan e l'ex premier e ministro degli Esteri di Erdogan, Ahmet Davutoglu.
Altra svolta negli ultimi tempi è arrivata con un video, divenuto virale, con cui Kilicdaroglu ha rivendicato la propria appartenenza alla minoranza musulmana sciita-alevita, rompendo quello che da sempre era stato un taboo della politica turca e prospettando la possibilità che la Turchia potesse avere, per la prima volta, un presidente alevita. Il video è considerato una mossa azzeccata, così come quello girato nella cucina di casa dove attraverso il prezzo delle cipolle spiega la deriva dell'economia turca; ma il grande merito di Kilicdaroglu riguarda però l'apertura al velo e alla religione e il cambio di rotta sui curdi.
Lo sfidante del presidente ha cavalcato il tema della presenza siriana nel Paese in maniera nazionalista e populista. Kilcdaroglu da mesi promette il rimpatrio dei siriani in due anni e ha recentemente annunciato di voler riaprire ufficialmente le frontiere con l'Europa. Anche se qualcuno avrebbe preferito candidare i sindaci di Istanbul e Ankara, che in caso di vittoria saranno i suoi vice, l'anti Erdogan ha iniziato una campagna senza sosta, preferendo giocare la propria partita presentandosi come l'antitesi alla figura al potere tra 20 anni piuttosto che porsi come alternativa a Erdogan e sfidarlo nel suo campo imitandone modi e toni, imparando dall'errore commesso dallo sfidante del 2018 Muharrem Ince, che ha poi abbandonato Chp. Questa volta ha ritirato la sua candidatura a pochi giorni dal voto, avvantaggiando Kilicdaroglu.