AGI - "Infondi nei cuori degli uomini e dei responsabili delle Nazioni il desiderio di costruire la pace, dare alle giovani generazioni un futuro di speranza, non di guerra; un avvenire pieno di culle, non di tombe; un mondo di fratelli, non di muri". È la supplica di Papa Francesco alla Madonna. Da Budapest, a poche centinaia di chilometri dalla guerra che infiamma il centro dell'Europa, il Pontefice rinnova la sua accorata invocazione a Maria, per "riporre nel suo cuore la fede e il futuro dell'intero Continente europeo" e "in modo particolare la causa della pace".
"Santa Vergine, guarda ai popoli che piu' soffrono. Guarda soprattutto al vicino martoriato popolo ucraino e al popolo russo, a te consacrati", afferma Bergoglio, dopo aver presieduto la messa - davanti a circa 50 mila persone - nella piazza Kossuth Lajos di Budapest, alla presenza del premier Viktor Orban e del Metropolita Hilarion.
E un appello a essere "porte aperte" verso il prossimo, il Papa lo lancia nell'omelia. "È triste e fa male vedere porte chiuse - sottolinea -: le porte chiuse del nostro egoismo verso chi ci cammina accanto ogni giorno; le porte chiuse del nostro individualismo in una società che rischia di atrofizzarsi nella solitudine; le porte chiuse della nostra indifferenza nei confronti di chi è nella sofferenza e nella povertà; le porte chiuse verso chi è straniero, diverso, migrante, povero".
E perfino, continua, "le porte chiuse delle nostre comunita' ecclesiali: chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi 'non è in regola', chiuse verso chi anela al perdono di Dio. Per favore: apriamo le porte!", rimarca con forza. "Cerchiamo di essere anche noi - con le parole, i gesti, le attività quotidiane - come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell'amore e del perdono del Signore", prosegue.
"È bello che i confini non rappresentino frontiere che separano, ma zone di contatto; e che i credenti in Cristo mettano al primo posto la carità che unisce e non le differenze storiche, culturali e religiose che dividono". Serve "essere aperti e inclusivi gli uni verso gli altri", è l'incoraggiamento di Francesco: "Essere porte sempre più aperte: 'facilitatori' della grazia di Dio, esperti di vicinanza".
E anche la Chiesa "sia un ovile inclusivo e mai escludente". Perché "è bello trovarci insieme: i vescovi e i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici; ed è bello condividere questa gioia insieme alle Delegazioni ecumeniche, ai capi della Comunità ebraica, ai rappresentanti delle istituzioni civili e del Corpo diplomatico. Questa è cattolicità". "E, perciò, siamo tutti chiamati a coltivare relazioni di fraternità e di collaborazione, senza dividerci tra noi, senza considerare la nostra comunità come un ambiente riservato, senza farci prendere dalla preoccupazione di difendere ciascuno il proprio spazio, ma aprendoci all'amore vicendevole".