AGI - Spari ed esplosioni hanno continuato a scuotere la capitale del Sudan, Khartum, ma l'intensità dei combattimenti in tutto il Paese si è attenuata grazie alla tregua che si spera possa dare sollievo alle persone ancora intrappolate in case e hotel, con cibo, acqua e medicine che iniziano a scarseggiare.
Le tregue, tuttavia, difficilmente vengono rispettate nella loro interezza. Così, mercoledì pomeriggio, un jet dell'esercito ha tuonato su Karthum bombardando le posizioni delle forze paramilitari (RSF), guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, nella periferia occidentale della città e colpendo un condominio nel quartiere di Ombada.
Alcuni testimoni hanno riferito inoltre di "pesanti attacchi aerei" nella zona del Nilo orientale, a est della Capitale, e di "un'enorme esplosione in direzione di un campo paramilitare". L'RSF ha combattuto contro l'esercito, guidato dal capo militare del Paese, il generale Abdel Fattah al-Burhan, per quasi due settimane in una battaglia senza quartiere per il controllo di ampie zone della regione.
Questa settimana le due parti hanno concordato un cessate il fuoco di tre giorni che scadrà questa sera ma che molti sperano possa essere prolungato. Le forze dell'RSF sono rimaste nel blocco di Ombada per riposare e riacquistare le forze nascondendo i loro veicoli sotto gli alberi per evitare di essere visti dall'aviazione militare.
La lotta in tutto il Paese tra il generale Burhan e Dagalo ha finora portato alla morte di almeno 459 persone, al ferimento di più di 4.000 persone e alla distruzione di diverse strutture civili, tra cui diversi ospedali. Tra i decessi ci sono anche due civili americani, hanno confermato funzionari di Washington. Un terzo dei 46 milioni di abitanti del Sudan fa già affidamento sugli aiuti umanitari.
L'inviato speciale delle Nazioni Unite in Sudan, Volker Perthes, ha dichiarato martedì al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che il cessate il fuoco sembra "reggere in alcune parti" ma ha aggiunto che nessuna delle due parti è pronta a "negoziare seriamente" e suggerendo che "entrambe pensano che sia possibile ottenere una vittoria militare".
We are committed to staying in Sudan and supporting the Sudanese people in every way possible. We will do everything we can to save lives while protecting the safety of our personnel." @volkerperthes
— Volker Perthes (@volkerperthes) April 25, 2023
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Davanti a questa situazione ai cittadini sudanesi, e ai loro ospiti internazionali, non resta che scappare. Un vero esodo di massa è in atto favorito anche dalle azioni tempestive di diversi governi in giro per il mondo. A questo si aggiungono le fughe più complesse e pericolose: più di 10.000 persone hanno attraversato il nord dell'Egitto dal Sudan negli ultimi cinque giorni, hanno dichiarato le autorità del Cairo. Si stima che 20.000 siano entrate in Ciad, passando per itinerari che portano più a ovest. Altri hanno affrontato il deserto e condizioni climatiche al limite del proibitivo.
Sei voli britannici, scrive il Guardian, hanno evacuato 536 persone dal Paese nelle ultime ore con il ministro degli Esteri britannico, James Cleverly, che ha dichiarato come il Regno Unito "non possa garantire" quanti altri voli di evacuazione partiranno una volta scaduto il cessate il fuoco di 72 ore.
Gli ospedali sempre più in difficoltà
Il direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dipinto un quadro desolante del "terribile tributo" del conflitto sul sistema sanitario del Sudan, già molto provato da altri problemi e carenze strutturali. Parlando da Ginevra, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha sottolineato come il 61% delle strutture sanitarie di Khartoum siano ora chiuse e che solo il 16% funziona normalmente.
Circa un quarto dei decessi finora registrati, inoltre, avrebbe potuto essere evitato se i medici avessero avuto la possibilità di intervenire. "Ma paramedici, infermieri e medici non possono accedere per prendersi cura dei civili feriti e i civili, a loro volta, non possono accedere ai servizi". Oltre ai morti e ai feriti causati direttamente dal conflitto, Tedros ha detto che l'OMS prevede che ce ne saranno "molti di più" a causa di epidemie e dal mancato accesso a cibo, acqua e altri mezzi di sostentamento oltre che per probabili disordini.
La fuga dei seguaci di Bashir
L'esercito sudanese, infine, ha annunciato mercoledì che il deposto presidente del Paese, Omar al-Bashir, e molti suoi ex seguaci non sono più detenuti in carcere, ma sono stati trasferiti in un ospedale militare. In particolare, l'esercito ha annunciato che Bashir e il suo ex ministro della Difesa Abdel-Rahim Muhammad Hussein sono stati trasferiti in ospedale su raccomandazione del personale medico della prigione di Kober prima dello scoppio degli scontri. A
questo si aggiunge la notizia dell'evasione di Ahmed Harun, figura di spicco del regime dell'ex dittatore. L'agenzia AFP riferisce che "Harun, che ha guidato la famigerata campagna di contro-insurrezione del regime nella regione occidentale del Darfur a metà degli anni duemila ed è ricercato per crimini di guerra dal Tribunale penale internazionale, afferma di essere fuggito dalla prigione di Kober, nella capitale".
Dopo essere stato intrappolato nel carcere cittadino, nel "fuoco incrociato di questa battaglia", Harun ha detto in un discorso televisivo registrato che lui e gli altri ex membri del regime hanno riconquistato "la libertà, che ora è nelle nostre mani". L'ufficio del procuratore della Corte penale internazionale ha dichiarato di seguire gli sviluppi della situazione, ma ha aggiunto che non vi è alcuna conferma indipendente sullo status dei detenuti di Kober. Bashir ha governato il Sudan per tre decenni prima di essere deposto da una rivolta popolare nel 2019 ed è ancora ricercato dalla Corte penale internazionale (CPI) con accuse gravissime, compresa quella di aver dato atto a un vero genocidio.