AGI - Stanno tutti bene e rientreranno a Roma con un volo dell'Aeronautica militare intorno alle 18 - 19. Tutti gli italiani che volevano lasciare il Sudan sono ora a Gibuti, al sicuro. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani dal Lussemburgo, impegnato per il Consiglio Affari Esteri europeo, comunica gli ultimi sviluppi dell'operazione di rimpatrio dei nostri connazionali.
"L'Italia ha aiutato anche cittadini di altri Paesi a lasciare il Sudan - aggiunge Tajani -. Io ho continuato a restare in contatto con i due leader delle fazioni che stanno combattendo. Hanno entrambi garantito l'incolumità dei convogli degli italiani e così è stato. Hanno rispettato l'impegno che avevano preso con me. Quindi li ho anche ringraziati perché hanno permesso al nostro convoglio di arrivare con tutti sani e salvi all'aeroporto e questo è un fatto molto positivo". Il ministro non nasconde le difficoltà e i rischi incontrati per condurre in porto l'operazione di evacuazione e ha ringraziato l'unità di crisi della Farnesina e tutti i militari che hanno partecipato.
Due velivoli con all'interno 96 persone, 83 italiani e 13 stranieri, di rientro dal Sudan, atterreranno tra le 20 - il primo - e le 23.30 - l'altro -, all'aereoporto del 31esimo Stormo dell'Aeronautica Militare a Ciampino, si apprende da fonti miliari. All'interno dei velivoli - un Boing 767 e un C130 - oltre che italiani, anche cittadini del Sudan e greci, ma non britannici.
Il rientro degli Italiani con un volo militare
Diciannove italiani erano già riusciti ad arrivare in Egitto l'altro ieri, con la collaborazione della nostra ambasciata a Khartoum e dell'ambasciata al Cairo. Erano persone che facevano parte di un gruppo di sub che avevano organizzato una crociera per fare attività subacquea. "Siamo riusciti a farli arrivare in Egitto. - spiega Tajani - Tutti coloro che volevano partire sono stati trasferiti a Gibuti. Sono rimasti alcuni volontari di Emergency e credo qualche missionario che non ha voluto lasciare il Paese. È una loro libera scelta", ha evidenziato il capo della diplomazia italiana.
"Apprezzamento per l'operazione efficiente, brillante e rapida che è stata compiuta in Sudan per i nostri concittadini", è stato espresso dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso dell'incontro al Quirinale con una rappresentanza delle associazioni combattentistiche e d'arma, nella ricorrenza del 78esimo anniversario della liberazione.
In salvo anche i cinque volontari enovesi di 'Music For Peace', associazione di volontariato e solidarietà, bloccati dal 15 aprile a Karthoum, in Sudan, a causa degli scontri scoppiati tra esercito e paramilitari.
Il racconto di cinque volontari
Stefano Rebora e Valentina Gallo, con il figlio, e i due volontari Pietro e Chiara, sono saliti sull'aereo messo a disposizione dall'Aeronautica per Gibuti, da dove prenderanno un altro volo per l'Italia.
I due punti di raccolta organizzati dalla Farnesina erano "la residenza Ambasciata d'Italia (Khartoum 2) entro le 12 oppure presso OVCI (Omdurman) entro le 14. Lo spostamento dalla propria residenza al punto di raccolta e' sotto responsabilita' e organizzazione dei singoli".
Un viaggio durato tantissimo, soprattutto quello dall'ambasciata fino all'aeroporto che li ha portati a Gibuti: un viaggio, raccontano, "in una città fantasma, con macchine crivellate di colpi e abbandonate, negozi saccheggiati, vetrine rotte e cadaveri per strada".
La Francia chiude l'ambasciata
La Francia chiuderà la sua ambasciata in Sudan "fino a nuovo avviso" per ragioni di sicurezza legate agli scontri nel paese africano. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri di Parigi. La missione francese a Khartoum non servirà più come punto di raccolta per gli stranieri che cercano di lasciare il Sudan, ha aggiunto il ministero degli Esteri francese.
Erdogan si offre come mediatore
Un funzionario diplomatico sudanese ha rivelato al Sudan Tribune che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha suggerito ai leader militari sudanesi di tenere negoziati in Turchia. Il confronto militare in corso tra l'esercito sudanese e le Forze di supporto rapido (RSF) sono in corso da nove giorni, provocando scontri in varie regioni di Khartoum.
Secondo il funzionario diplomatico, Erdogan nelle telefonate degli ultimi due giorni, ha parlato con Al-Burhan e Hemetti, trasmettendo il desiderio della Turchia di mediare la fine della guerra.
Il leader turco si è offerto di ospitare negoziati diretti ad Ankara, con assicurazioni al comandante del supporto rapido, ha aggiunto il funzionario. Non c'è una chiara indicazione della posizione dei due uomini sulla proposta turca. Tuttavia, fonti hanno confermato che Al-Burhan ha rifiutato di negoziare con il comandante delle forze di supporto rapido prima che si ritirassero da Khartoum.
Da parte sua, domenica Hemetti ha detto a Sky News Arabia che si rifiuta di negoziare con al-Burhan, ma accetta di sedere con gli "onorevoli membri" delle forze armate sudanesi. In uno sviluppo separato, tre paesi del Golfo il 22 aprile hanno proposto un'iniziativa per le parti militari in conflitto per risolvere la crisi e fermare i violenti scontri a Khartoum. Inoltre, il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha contattato i suoi omologhi nei paesi confinanti con il Sudan per estendere la tregua umanitaria che terminerà il 25 aprile 2023.
A causa della distruzione di diversi mercati centrali causata dalla guerra, a Khartoum è in corso una grave crisi alimentare. I residenti di Khartoum sono fuggiti in altri quartieri e stati per evitare i sanguinosi scontri tra l'esercito e le forze di supporto rapido. Ci sono state anche segnalazioni di attacchi e saccheggi da parte delle Forze di supporto rapido contro famiglie che cercavano di lasciare la capitale.
Cittadini e diplomatici stranieri via dal Sudan
I Paesi stranieri si sono affrettati a evacuare i loro cittadini dal Sudan mentre i combattimenti mortali infuriavano per la seconda settimana tra le forze fedeli a due generali rivali. I voli di evacuazione sono continuati anche nelle prime ore di lunedì, con centinaia di persone che hanno lasciato il paese durante la notte a bordo di aerei militari. Anche gli stranieri sono fuggiti dalla capitale Khartoum in un lungo convoglio delle Nazioni Unite, mentre milioni di residenti spaventati si sono rintanati nelle loro case, molti a corto di acqua e cibo.
In tutta la città, che conta cinque milioni di abitanti, l'esercito e le truppe paramilitari hanno combattuto feroci battaglie di strada dal 15 aprile, lasciandosi dietro carri armati carbonizzati, edifici sventrati e negozi saccheggiati. Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di 420 persone sono state uccise e migliaia ferite, tra i timori di un'agitazione più ampia e di un disastro umanitario in una delle nazioni più povere del mondo.
Le forze speciali statunitensi hanno avviato domenica una missione di salvataggio per circa 100 membri del personale dell'ambasciata e i loro parenti, intervenendo con elicotteri Chinook per trasportarli in una base militare a Gibuti.
Le forze statunitensi "rimarranno dispiegate a Gibuti per proteggere il personale degli Stati Uniti e altre persone fino a quando la situazione della sicurezza non richiederà più la loro presenza", ha dichiarato domenica il presidente Joe Biden in una lettera al presidente della Camera.
Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha dichiarato che anche le forze del Regno Unito hanno salvato i diplomatici e le loro famiglie, mentre il primo ministro canadese Justin Trudeau ha detto che il suo Paese ha temporaneamente sospeso l'operazione di evacuazione. "I nostri diplomatici sono al sicuro - sono stati estratti e stanno lavorando dall'esterno del Paese", ha twittato Trudeau. Germania e Francia hanno dichiarato di aver iniziato l'evacuazione dei propri cittadini e di quelli provenienti da altri Paesi. Due aerei francesi con a bordo circa 200 persone di diverse nazionalità sono atterrati a Gibuti. L'esercito tedesco ha dichiarato di aver evacuato 101 persone con il primo dei tre aerei militari inviati in Sudan. Il primo Airbus A400M "è atterrato in sicurezza in Giordania" intorno alla mezzanotte ora locale (2100 GMT di domenica), ha dichiarato la Bundeswehr su Twitter.
Un altro aereo con 113 persone era in viaggio verso la Giordania. L'Italia ha evacuato circa 300 persone in totale, secondo il ministero degli Esteri. "Ribadiamo l'appello al cessate il fuoco e alla ripresa del dialogo in Sudan", ha twittato il ministro degli Esteri di Madrid Jose Manuel Albares. L'Irlanda ha dichiarato che sta inviando una squadra di emergenza per assistere l'evacuazione dei suoi cittadini e delle persone a loro carico.
L'Egitto, grande vicino del Sudan a nord, ha dichiarato di aver evacuato 436 cittadini via terra. Lunghi convogli di veicoli e autobus delle Nazioni Unite sono stati visti lasciare Khartoum diretti a est verso Port Sudan sul Mar Rosso, a 850 chilometri di distanza, trasportando "cittadini da tutto il mondo", secondo un evacuato della Sierra Leone.
Infuriano i combattimenti
Nessun luogo è sicuro: i combattimenti sono scoppiati il 15 aprile tra le forze fedeli al capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e il suo vice diventato rivale Mohamed Hamdan Daglo, che comanda le potenti forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Le RSF di Daglo sono nate dai combattenti Janjaweed che l'ex leader Omar al-Bashir ha scatenato nella regione del Darfur, dove sono stati accusati di crimini di guerra, tra cui il genocidio. I militari hanno rovesciato Bashir nell'aprile 2019 a seguito delle proteste di massa dei cittadini.
I due generali hanno preso il potere con un colpo di stato nel 2021, ma in seguito si sono scontrati in un'aspra lotta per il potere, recentemente incentrata sulla prevista integrazione dell'RSF nell'esercito regolare.
Negli ultimi giorni sono state concordate diverse tregue, poi ignorate. L'aeroporto di Khartoum, dove gli scafi anneriti degli aerei distrutti giacciono sulle piste, è sotto il controllo dell'RSF. Il conflitto ha lasciato i civili terrorizzati a rifugiarsi nelle loro case, con la corrente elettrica in gran parte spenta in mezzo al caldo soffocante e internet fuori uso per la maggior parte.
I combattimenti sono scoppiati anche altrove in Sudan, la terza nazione più grande dell'Africa. Le battaglie infuriano nel Darfur, dove il gruppo di soccorso Medici Senza Frontiere (MSF) ha dichiarato che i suoi medici sono stati "sopraffatti" dal numero di pazienti con ferite da arma da fuoco, molti dei quali bambini, nella città di El Fasher.
Alcuni ospedali sono stati bombardati e altri saccheggiati, con più di due terzi degli ospedali di Khartoum e degli Stati vicini "fuori servizio", ha dichiarato il sindacato dei medici. La corsa alla fuga degli stranieri ha aumentato i timori dei sudanesi su ciò che accadrà quando i diplomatici che potrebbero fungere da potenziali mediatori se ne saranno andati. "Spingere per ottenere passaggi sicuri per l'evacuazione degli internazionali senza spingere contemporaneamente per porre fine alla guerra sarà terribile", ha dichiarato il ricercatore Hamid Khalafallah.
"Gli attori internazionali avranno meno impatto una volta usciti dal Paese", ha detto, aggiungendo in un messaggio alle nazioni straniere: "Fate tutto il possibile per andarvene in sicurezza, ma non lasciate il popolo sudanese senza protezione".
L'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ha dichiarato che sta aumentando l'assistenza alle persone che si trovano tra le fazioni in guerra. L'USAID "ha dispiegato una squadra di assistenza ai disastri nella regione per coordinare la risposta umanitaria a chi ne ha bisogno sia all'interno che all'esterno del Sudan", ha dichiarato domenica il capo dell'agenzia Samantha Power, ribadendo gli appelli per un cessate il fuoco.