AGI - Abbatterli non è possibile. Quando nel 2009 ne fu ucciso uno, le macabre immagini causarono un'ondata di indignazione nazionale. Anche castrarli è fuori discussione: si riproducono troppo velocemente. Le autorità colombiane hanno quindi stabilito che spedirli all'estero è l'unico modo per liberarsi dei cosiddetti "ippopotami di Pablo Escobar", che stanno devastando l'ecosistema del fiume Magdalena.
Gli animali sono discendenti dei quattro - un maschio e tre femmine - che il celebre narcotrafficante acquistò illegalmente dagli Stati Uniti, alla fine degli anni '80. per la sua tenuta privata. Alla sua morte, nel 1993, i grossi mammiferi si ritrovarono liberi di colonizzare le vaste aree paludose del dipartimento di Antioquia, dove proliferarono senza controllo. Oggi la Colombia ospita una popolazione di 130 capi che, ai ritmi attuali, secondo uno studio, è destinata a toccare le 1.400 unità nel 2035, in assenza di predatori che ne limitino la crescita.
I danni ambientali di quella che è considerata una "specie invasiva" sono già tangibili. Gli ippopotami mangiano circa 40 chili di vegetali ogni giorno, il che significa che solo i loro escrementi stanno già mettendo in grave pericolo un'area ricchissima di biodiversità, inquinando l'acqua e uccidendo i pesci. I pachidermi inoltre entrano sempre più spesso in conflitto con le comunità locali e i casi di attacchi ai danni di umani sono in aumento.
Archiviato il progetto di ridurne il numero uccidendoli, Bogotà ha deciso di spedire 10 ippopotami nella riserva di Ostok, nel Messico settentrionale, e altri 60 in una località in India che non è stata ancora rivelata. L'intera operazione avrà un costo di 3,5 milioni di dollari, ha spiegato all'agenzia France Presse il proprietario della riserva di Ostok, Ernesto Zazueta. Catturare le decine di esemplari che si intende esportare non sarà però un'impresa semplice. Zazueta e il governatore del dipartimento hanno spiegato che intendono attirare gli animali in gabbie dove verrebbero confinati in attesa di essere trasferiti all'interno di speciali casse.
Una diatriba che divide il Paese
La diatriba sulle sorti degli ippopotami ha polarizzato il Paese. C'è chi insiste sul valore della specie come attrazione turistica ma la minaccia per l'ambiente e le comunità di pescatori locali è la preoccupazione che ha prevalso. I modelli elaborati dagli scienziati hanno evidenziato l'enorme potenziale distruttivo della maggiore popolazione di ippopotami a vivere al di fuori dell'Africa. Alcune ricerche hanno dimostrato che gli stagni e i laghi in cui questi animali si sono stabiliti sono ricchi di cianobatteri e fioriture algali potenzialmente tossiche, che compromettono la qualità dell'acqua. Altri scienziati hanno previsto che gli ippopotami potrebbero soppiantare le specie in via di estinzione originarie del fiume Magdalena, come il lamantino delle Antille.
I trafficanti di animali stanno già vendendo illegalmente cuccioli di ippopotamo, lanciando una tendenza che potrebbe intensificarsi nei prossimi anni. "Quando le autorità colombiane hanno riconosciuto per la prima volta la velocità con cui la popolazione di ippopotami stava crescendo - afferma Jorge Moreno Bernal, paleontologo dei vertebrati presso l'Università del Nord a Barranquilla, in Colombia - sono state attuate misure per ridurne il numero. Nel 2009, però, sono state divulgate foto dell'uccisione di Pepe, il maschio di Escobar, da parte dei soldati. Questo ha portato alle proteste degli attivisti per i diritti degli animali. Il Ministero dell'ambiente è quindi sprofondato in una sorta di paralisi istituzionale".
"Gli ippopotami non sono endemici della Colombia - ha sottolineato Sebastian Restrepo Calle, ecologista dell'Università Javeriana di Bogotà - questa specie è originaria dell'Africa subsahariana". Secondo alcuni studi, per azzerare la popolazione entro il 2033 sarebbe necessario rimuovere circa 30 esemplari ogni anno. La castrazione e la sterilizzazione non sarebbero quindi sufficienti.
"Abbiamo a cuore l'interesse di questi esemplari - spiega Nataly Castelblanco Martinez, biologa della conservazione colombiana presso l'Università autonoma di Quintana Roo a Chetumal, in Messico - più tempo aspettiamo, più sarà necessario intervenire in un numero maggiore di animali che dovranno essere abbattuti, castrati o catturati. Le comunità rurali potrebbero poi decidere di intervenire in autonomia, provocando ancora più danni agli ippopotami". "Se non agiamo ora - afferma Castelblanco Martinez - nei prossimi due decenni il problema non avrà soluzione".