AGI - Taiwan può contare da oggi sul riconoscimento di soli tredici Paesi, dopo l'annuncio di Pechino e Tegucigalpa dell'allacciamento delle relazioni diplomatiche. Più della metà di questi Paesi, sette, si trovano in America Centrale e nei Caraibi, al centro di un viaggio nei prossimi giorni della presidente di Taiwan, che farà anche due scali negli Stati Uniti - il maggiore partner di Taipei e fornitore di armi all'isola - a New York e Los Angeles, sulla via di andata e ritorno.
Il passaggio dell'Honduras a riconoscere diplomaticamente Pechino è il decimo caso di un Paese che ha deciso di rompere i legami con Taiwan in altrettanti anni, ovvero da quando al vertice della Cina c'è Xi Jinping, recentemente rieletto per la terza volta presidente cinese.
Un'erosione costante e condannata, anche oggi, da Taipei, come frutto della "diplomazia del dollaro" messa in campo da Pechino. Con lo "switch" diplomatico, tre Paesi africani (Gambia, Sao Tome' and Principe e Burkina Faso) cinque centro-americani (Panama, Nicaragua, Repubblica Dominicana, El Salvador e, da oggi, Honduras) e due Stati insulari del Pacifico (Isole Salomone e Kiribati) hanno allacciato relazioni con Pechino.
Il principio dell'unica Cina
La formula da abbracciare è sempre la stessa e prevede il riconoscimento della versione cinese del "principio dell'unica Cina", ovvero che "esiste una sola Cina al mondo e il governo della Repubblica Popolare cinese è l'unico governo legale che rappresenta l'intera Cina e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese", interpretazione riconosciuta e siglata oggi, anche da Tegucigalpa, durante l'incontro a Pechino tra il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, e il suo omologo honduregno, Eduardo Enrique Reina.
Una formula che Taipei non riconosce e che condanna come una forma di repressione e come un esempio di "diplomazia del dollaro" da parte di Pechino, che conquista alleati promettendo aiuti e ingenti finanziamenti ai progetti di sviluppo: "una gara insensata", l'ha definita la presidente Tsai Ing-wen, a cui l'isola non intende partecipare. Taiwan rimane oggi con un solo alleato diplomatico in Africa, il piccolo eSwatini, mentre in Europa, a riconoscere diplomaticamente Taipei è rimasto soltanto il Vaticano.
Taiwan può contare sull'alleanza diplomatica con quattro Paesi insulari del Pacifico (Marshall Islands, Nauru, Palau e Tuvalu) e su sette Paesi dell'America Centrale, in gran parte poveri o in via di sviluppo (Belize, Guatemala, Haiti, Paraguay, Saint Christopher and Nevis, Saint Lucia e Saint Vincent and the Grenadines). Tra i Paesi che hanno lasciato Taiwan per allacciare rapporti con Pechino, particolarmente doloroso per Taipei è stato il caso di Panama. L'allora presidente, Juan Carlos Varela, ha annunciato lo "switch" nel 2016, con un messaggio trasmesso in televisione, ponendo fine al riconoscimento diplomatico della Repubblica di Cina cominciato già nel 1912, all'indomani della caduta della dinastia Qing, l'ultima che ha retto il Celeste Impero.
Il caso del Gambia
In Africa, invece, di particolare interesse è il caso del Gambia, che ha rotto le relazioni diplomatiche con Taipei già alla fine del 2013, ma le ha allacciate con Pechino solo nella primavera del 2016, poche settimane dopo la vittoria alle presidenziali di Taiwan di Tsai Ing-wen, che non ha mai dichiarato il riconoscimento del "principio dell'unica Cina". Il riconoscimento del principio è considerato da Pechino essenziale per avere rapporti con l'altro lato dello Stretto di Taiwan, e il principio era infatti riconosciuto dal predecessore di Tsai, Ma Ying-jeou - del Kuomintang, il Partito Nazionalista Cinese - che ne ha sempre sottolineato le differenze di interpretazione di Pechino e Taipei.
Di particolare interesse, negli ultimi anni, è stato, poi, il passaggio di due Stati insulari del Pacifico al riconoscimento della Cina: le Isole Salomone e l'arcipelago delle Kiribati, che hanno entrambi allacciato relazioni diplomatiche con Pechino nel 2019. Le mire e i metodi utilizzati da Pechino per cercare di conquistare alleati nel Pacifico non lasciano indifferenti gli Stati Uniti e l'Australia. A destare preoccupazione sono le possibilità che Pechino vede in questi Paesi insulari, minacciati soprattutto dagli effetti del cambiamento climatico: con le Salomone, la Cina ha firmato nell'aprile 2022 un accordo sulla sicurezza che ha allarmato gli Stati Uniti, al punto che Washington ha deciso, dopo ventinove anni di assenza, di riaprire l'Ambasciata a Honiara.
Nel 2021, invece, si erano diffuse voci che Pechino potesse utilizzare come pista d'atterraggio un atollo pressoché disabitato delle Kiribati nel Pacifico centrale, Kanton, come avvenuto già durante la Seconda guerra mondiale da parte degli Stati Uniti, con un progetto che avrebbe fatto di quell'isola a tremila chilometri a sud delle Hawaii una sorta di "portaerei fissa", strategicamente situata a meta' strada tra il continente asiatico e il continente americano.