AGI - Cosa rende grande una città?, si chiede il New York Times, per rispondersi che, forse, si viva a Durban, in Sudafrica, o a Medellín, in Colombia, “due persone dello stesso posto non daranno la stessa risposta”. Ma una città è grande solo “per la qualità della sua vita”. Il giornale osserva che diverse città in tutto il mondo si stanno “reinventando” per migliorare la vita dei residenti e, nel frattempo, “stanno anche delineando un percorso al fine di risolvere alcune delle sfide più urgenti dell’estetica urbana”.
Si prenda Medellìn, ad esempio, “un tempo considerato uno dei luoghi più pericolosi al mondo, è diventato un modello per il rinnovamento urbano attraverso la creazione di un'architettura pubblica visionaria e infrastrutture di trasporto, dove i residenti delle aree rurali possono arrivare in centro in funivia”. Allora, ecco cosa “possiamo imparare da Medellín” e altre città che stanno “aprendo nuovi orizzonti nella trasformazione urbana”, sottolinea il quotidiano Usa.
Il New York Times annota che “poche città sono cambiate in modo così significativo e rapido come Medellín”, con infrastrutture di mobilità ma anche biblioteche e musei di grande impatto visivo “da inserire nei quartieri più trascurati”.
A Vancouver, invece, sebbene sia spesso considerata una delle città più sane del mondo, “alcuni progetti per rendere la città più vivibile, come l’aggiunta di alloggi di lusso, hanno contribuito alla gentrificazione e reso i prezzi degli affitti fuori portata dei più”. Sorge pertanto spontanea la domanda: “Sano e vivibile per chi?”, come se l’ha posta Andy Hong, direttore dell'Healthy Aging and Resilient Places Lab dell'Università dello Utah.
Poi c’è Durban, in Sudafrica, città in cui cessato l’apartheid “il governo ha deciso di investire nel mercato e fare qualcosa che non aveva mai fatto prima: ascoltare gli emarginati e invitare i commercianti di strada a riprogettare i propri spazi”. A cominciare dai mercati, così col tempo “sono state costruite strutture per ospitare gli ambulanti, nel rispetto dei codici sanitari della città”.
E poi c’è Sydney, in Australia, che colpita dalla pandemia proprio nei quartieri centrali degli affari ha riorganizzato gli spazi rimasti inutilizzati degli uffici rendendoli di più come “spazi abitativi e zone d’intrattenimento”.
"La pandemia ha stimolato una spinta alle riforme e una collaborazione senza precedenti tra tutti i livelli di governo, e ciò ha reso possibile per la prima volta una serie d’iniziative che sognavamo da tempo, come la chiusura delle strade, la ristorazione all'aperto e lo sviluppo d’una rete di biciclette connesse", ha spiegato Clover Moore, il sindaco della città.
Infine, Parigi, Lisbona e Singapore. Anne Hidalgo, la sindaca della capitale francese, ha limitato l’uso delle auto e rafforzato un piano “di investimento di 250 milioni di euro che incrementerà di 111 miglia le piste ciclabili sicure” per una città a portata di tutti “in 15 minuti”, anche se ha già una forte rete di trasporto pubblico; Lisbona, città calda per antonomasia, specie l’estate, ha implementato le aree verdi, che “raffreddano lo spazio urbano”.
Da ultima, Singapore: “Circondata dall'oceano da ogni lato, non ha molto spazio per nuovi edifici”, ma per affrontare il cambiamento climatico e fornire più spazio all'aperto ai residenti, la città ha avviato il programma Park Connector, una rete di sentieri che si estende per quasi 19 miglia intorno all'isola con rampe di facile accesso.
“Il sistema incoraggia le persone a muoversi camminando, facendo jogging, pattinando o andando in bicicletta”. Uno dei programmi di maggior successo, poi, riguarda l'edilizia popolare, a lungo un modello per tutti gli urbanisti nel mondo: “Più dell'80% della popolazione del paese vive in unità costruite dal governo. La maggior parte dei residenti acquista i propri appartamenti dall'Housing and Development Board e gli affitti sono disponibili per coloro che non possono permettersi di acquistare”.