AGI - Con la riforma delle pensioni e la ciliegina sulla torta del ricorso all'articolo 49 comma 3 della Costituzione per approvarla, il presidente francese Emmanuel Macron si è isolato ulteriormente rimanendo (quasi) solo contro tutti. Contro cioè la grande maggioranza dei francesi che non vogliono la riforma, contro i sindacati e ovviamente contro le opposizioni.
All'inizio di questo mese, l'indice di popolarità dell'inquilino dell'Eliseo era pari al 37% secondo un sondaggio Ifop-fiducial, in aumento di tre punti rispetto al mese precedente. Ma la forzatura sulle pensioni, privando l'Assemblea Nazionale della possibilità di esprimersi sul testo, rischia di far precipitare il prossimo indice di gradimento. Considerato da una buona fetta del popolo francese come un presidente altezzoso che strizza l'occhio ai poteri forti, Macron si trova adesso sempre più isolato anche nei palazzi del potere.
Il governo ha adottato il testo sulla riforma delle pensioni senza il voto del Parlamento
Il ricorso all'articolo 49 è stato inevitabile: avendo solo una maggioranza relativa all'Assemblea Nazionale, il governo di Elisabeth Borne aveva bisogno di una quarantina di voti dei Republicains, ovvero i gollisti che in questa legislatura sono l'ago della bilancia che consente all'esecutivo di raggiungere la maggioranza assoluta. Ma quando Macron ha capito che questi voti non erano garantiti, ha optato per il 49.3, a costo di sacrificare la sua prima ministra nell'arena del Palais Bourbon (sede dell'Assemblea) con le mozioni di sfiducia al governo (ne sono già state presentate due e se una sola fosse approvata dalla maggioranza l'esecutivo dovrà dimettersi e la riforma non sarà più legge). Il capo dello Stato era convinto che la riforma andasse approvata a ogni costo per la tenuta finanziaria del Paese. E così ha deciso di attuare l'articolo 49.3, che consente al governo di adottare un testo senza il voto del Parlamento, ma con il rischio di essere poi colpito da una mozione di sfiducia.
Coro di critiche dai giornali: si è messo in un vicolo cieco
"Emmanuel Macron si è lui stesso messo in un vicolo cieco politico", osserva Patrick Jankielewicz sul quotidiano La Voix du Nord. "Se si voleva salvare la riforma delle pensioni, c'era un solo modo per farlo: andare al voto. Certamente si correva il rischio di essere battuti, ma in politica a volte è meglio cadere con onore piuttosto che passare con la forza e senza gloria, con il rischio di gettare benzina sul fuoco sociale", si legge ancora nell'editoriale. In un'analisi su Le Figaro, dal titolo "Il gusto del fallimento per il governo", Yves Threard ritiene che "fino alla fine Emmanuel Macron non avrà saputo condurre questa riforma delle pensioni".
"Con un rifiuto massiccio (della riforma, ndr) nelle strade, nei sondaggi e all'Assemblea Nazionale, l'esecutivo è più che mai indebolito", aggiunge il giornalista. "La rabbia sindacale e popolare che si è intensificata ieri, dopo la seduta al Palais Bourbon, è gravida di minacce. Con, nel peggiore dei casi, un blocco prolungato del Paese", scrive su Sud-Ouest Christophe Lucet.
"Il presidente potrebbe salvare la situazione annunciando che la legge sarà abrogata dopo questo passaggio antidemocratico. Ma ascoltare i francesi non è il suo stile", si rammarica Dov Alfon su Liberation. "C'è ancora un pilota nell'aereo dell'Eliseo, responsabile e con i piedi per terra, pienamente consapevole del caos che sta creando nel suo paese?", si chiede Olivier Biscaye su Midi Libre.
Il 57% dei francesi desidera che la protesta prosegue anche dopo l'approvazione del testo
Macron è in grande difficoltà. Se era già un'anatra zoppa dopo le elezioni politiche dello scorso anno, in cui ha perso la maggioranza assoluta all'Assemblea Nazionale, oggi è un'anatra dentro la casseruola, con il fuoco acceso. Secondo un sondaggio realizzato pochi giorni fa dall'istituto Odoxa-Backbone Consulting per Le Figaro, il 57% dei francesi desidera che la protesta contro la riforma delle pensioni prosegua anche dopo l'approvazione definitiva del testo. Inoltre, il 69% degli intervistati ha dichiarato di approvare ancora il movimento di contestazione. È quindi la stragrande maggioranza dei francesi.
Basti pensare che solo una piccola maggioranza (il 55%) dei simpatizzanti del partito di Macron, Renaissance, si è detta "contraria" alla protesta. All'opposto un terzo dei sostenitori del presidente (il 32% per l'esattezza) si è detto favorevole alla mobilitazione. Una tendenza che si avverte anche tra i sostenitori dei Repubblicains, elettori che hanno comunque a cuore la tenuta dei conti pubblici: fra loro, il 39% dice di sostenere il movimento di protesta.
Le manifestazioni indice di un forte malcontento
Un dato davvero significativo. "Le manifestazioni stanno diventando sempre più quelle di un forte malcontento diffuso, una sensazione che la vita sia sempre più difficile e costosa", ha osservato Veronique Reille-Soult, direttrice di Backbone Consulting. Al punto che nemmeno la minaccia di una paralisi del Paese riuscirebbe più a invertire la tendenza. Sei francesi su dieci si dicono infatti pronti a sopportarne le conseguenze, un calo di soli 3 punti rispetto al 31 gennaio.