AGI - Oggi in Turchia è il giorno dell'ultima chiamata per l'opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan. È previsto a ore l'annuncio del candidato che sfiderà il leader turco alle urne il prossimo 14 maggio.
La frattura che ha spaccato lo scorso venerdì il tavolo di 6 partiti che formano la coalizione che si oppone a Erdogan è stata ricomposta con l'annuncio del ritorno della segretaria del partito nazionalista Iyi, Meral Aksener, dopo la rottura consumatasi rispetto alla scelta dello sfidante del presidente in carica. Per rimettere insieme i pezzi dell'opposizione è stato decisivo l'intervento diretto dei due nomi che Aksener aveva indicato come papabili candidati, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu e il primo cittadino di Ankara, Mahsur Yavas.
I due hanno comunicato oggi che correrebbero come vice presidenti in una formula che ha costituito il tentativo ultimo e decisivo di convincere Aksener a tornare nella coalizione. Una proposta che presuppone che lo sfidante di Erdogan sarà il segretario del partito Chp Kemal Kilicdaroglu, che Aksener non ha voluto nei precedenti colloqui e su cui sembra essersi ormai arresa, anche perché la leader del partito İyi non ha un nome interno su cui puntare.
Negli ultimi due mesi aveva fatto discutere la mancanza di un candidato del tavolo di sei partiti, quattro dei quali minoritari, impegnati in colloqui che andavano avanti da più di un anno.
Tra le ipotesi che si erano fatte largo c'era quella di una strategia decisa apposta per non dare a Erdogan un punto di riferimento da attaccare e non mostrare un obiettivo da colpire per media filo governativi e un apparato giudiziario non nuovo a intromissioni nella politica. Tuttavia per l'opposizione è stato grave ritrovarsi senza un candidato nei difficilissimi giorni seguiti al terremoto che ha colpito il sud della Turchia lo scorso 6 febbraio.
La rottura del partito nazionalista Iyi, che i sondaggi danno intorno al 12%, si era consumata proprio sulla scelta del candidato e conferma che invece che non vi era alcuna strategia deliberata dietro l'attesa.
Aksener ha accusato il leader del partito repubblicano Chp, principale forza di opposizione data intorno al 25%, Kemal Kilicdaroglu, di averla costretta a scegliere "tra la morte e la malaria" e di aver messo "la propria ambizione prima del Paese". Kilicdaroglu con un video diffuso venerdì sera ha paragonato la posizione del proprio partito come "una tavola a cui tutti sono invitati" e assicurato che "tutti i pezzi andranno al proprio posto".
Al di là della ricomposizione andata in scena oggi è innegabile non vi sia stato un segnale di debolezza e scarsa compattezza della coalizione in un momento drammatico per il Paese. Aksener spingeva da mesi per la candidatura del sindaco di Ankara Yavas o il primo cittadino di Istanbul Imamoglu, entrambi del Chp. Al di là di quelle che sarebbero potute essere scelte strategiche già lo scorso novembre erano andate in scena delle frizioni all'interno della coalizione.
Ekrem Imamoglu, l'uomo che ha sottratto la metropoli sul Bosforo al partito di Erdogan dopo 25 anni, era infatti stato colpito da una sentenza a 2 anni e 7 mesi e la reazione della gente non tardò ad arrivare con raduni e bandiere dell'opposizione che hanno sventolato come non si vedeva da anni. Forse proprio dalla vittoria di Imamoglu a Istanbul. Il dilemma del candidato che i politici non era stati capaci di sciogliere sembrava paradossalmente essere stato risolto dalla sentenza di condanna di Imamoglu che aveva assunto in un primo momento toni di un clamoroso autogol per Erdogan.
La partecipazione popolare, l'entusiasmo, il senso di ingiustizia, ma anche la capacità di Imamoglu di parlare alla gente e unire sembravano aver dato un segnale all'intera opposizione e Aksener si era espressa a favore del sindaco di Istanbul, scontrandosi però con l'indifferenza di Kilicdaroglu.
"Da mesi i sondaggi ci dicono che questi due nomi possono battere Erdogan. Abbiamo chiesto che fosse scelto un candidato secondo questi criteri, ma ci è stato opposto un rifiuto", ha detto Aksener. Oltre al Chp di Kilicdaroglu e al partito Iyi di Aksener nella coalizione siedono partiti minori, tra cui il nuovo partito 'Deva' di Ali Babacan, che fu ministro dell'Economia con Erdogan, il partito, anche all'esordio, 'Futuro' di Ahmet Davutoglu, che sempre con Erdogan fu ministro degli Esteri e premier, il partito della Felicità (Saadet) guidato da Temel Karamollaglu e il partito Democratico di Gultekin Uysal.
Questa settimana è attesa anche la scelta del candidato del partito filocurdo Hdp, che correrà da solo e il cui peso potrebbe essere cruciale in un eventuale secondo turno. Hdp è infatti diventato negli anni la terza forza politica del Paese, con un bacino di voti compreso tra l'11 e il 13% e una crescita che nel 2015 gli ha permesso, per la prima volta, di correre da solo superando l'altissima soglia del 10%.
Una crescita troncata dalla carcerazione dei due segretari del partito, Selattin Demirtas e Figen Yuksekdag nel 2016, dal commissariamento dei comuni dove Hdp ha vinto le elezioni, dall'incriminazione di attivisti ed esponenti e da un ricorso pendente presso la Corte Costituzionale che chiede la chiusura del partito. Il tutto nel silenzio degli altri partiti di opposizione.
Nonostante Hdp sia stato fondamentale per infliggere a Erdogan le sconfitte del 2015 e del 2019 sembra infatti che il partito filo curdo non sia inviso al presidente turco più di quanto non lo sia agli altri partiti di opposizione e correrà il primo turno da solo. A meno di due mesi dalle elezioni, Erdogan non ha ancora uno sfidante e la metà del Paese che gli si oppone attende di sapere per chi votare.