AGI - "Fuggi, combatti o non muoverti": la maggior parte dei miliardari russi noti per essere vicini a Vladimir Putin si sono affidati fin dall'inizio della guerra in Ucraina alla famosa massima di difesa contro le sanzioni occidentali. Colpiti, questi "oligarchi" hanno visto i loro conti congelati, i loro yacht e le loro case sequestrati, ma stanno aggirando o combattendo le sanzioni e aspettando giorni migliori.
Alcuni inizialmente hanno tentato di sfruttare la loro fama per intenerire le autorità occidentali. È il caso di Petr Aven, magnate del petrolio nell'epoca post-sovietica, che sosteneva di essere stato preso di mira dalle sanzioni per aver "risposto a Putin al telefono" e di non sapere "come sopravvivere" con i conti bloccati. Roman Abramovich, il più famoso degli "oligarchi", fa da sensale tra Mosca e l'Occidente ma deve ancora vendere la squadra di calcio inglese Chelsea, uno dei gioielli del suo impero.
Da allora è stato visto diverse volte in Russia, in Israele - di cui è anche cittadino - così come a Dubai o in Turchia, Paesi che non hanno preso provvedimenti contro i super-ricchi russi. Dubai, in particolare, sta aprendo loro le braccia al punto che un quartiere è stato ribattezzato "Piccola Mosca".
Petr Aven, ex comproprietario del conglomerato 'Letter One' con Mikhail Fridman e German Khan, si è stabilito in Lettonia, di cui è cittadino, mentre Oleg Deripaska avrebbe optato per Mosca. Imparando a sue spese il prezzo di una parola di troppo. Secondo la stampa, uno degli alberghi del magnate dell'alluminio è stato sequestrato dai tribunali russi poco dopo che questi aveva definito l'invasione dell'Ucraina una "guerra", termine bandito dal Cremlino che parla solo di "operazione speciale".
Mikhail Fridman, nel frattempo, ha scelto di restare a Londra, ha confermato ad AFP il suo avvocato. Gli oligarchi hanno lanciato la loro controffensiva legale, segno che hanno ancora i mezzi per permettersi i servizi di costosi avvocati. Petr Aven ha chiesto in particolare alla giustizia britannica di poter prelevare 60.000 sterline (67.000 euro) al mese dai suoi conti congelati per i "bisogni essenziali" della sua famiglia.
Anche i suoi ex soci Mikhail Fridman e Guerman Khan, o Alicher Ousmanov e Roman Abramovich, hanno intrapreso un'azione legale contro le sanzioni imposte dall'UE o dal Regno Unito. Oleg Deripaska ha visto la sua fortuna dimezzarsi nell'ultimo anno, a 1,7 miliardi di dollari. E secondo la stampa finanziaria, anche quello di Abramovich, il maggiore azionista dell'acciaieria Evraz, è dimezzato, a circa 7 miliardi.
In totale, i beni congelati dal Regno Unito ammontano a 18,4 miliardi di sterline (20,7 miliardi di euro) e a circa 17 miliardi di euro nell'Unione europea. "È difficile sapere se (gli oligarchi) stanno soffrendo, perché non sappiamo quanto hanno", ha detto Jodi Vittori, professore alla Georgetown University, intervistato da AFP "se congeliamo loro una villa a Londra, ciò non significa che non ne abbiano altre in qualche paradiso fiscale, a nome di parenti, società di comodo o trust anonimi".
Transparency International, in un recente rapporto, rileva che quasi 52.000 proprietà sono ancora detenute anonimamente nel Regno Unito, alcune da "cleptocrati e oligarchi", nonostante l'entrata in vigore dei registri obbligatori lo scorso anno. Altri cercano di passare attraverso la loro famiglia o tramite intermediari.
Secondo il Guardian, Abramovich ha modificato i trust offshore tre settimane prima dell'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, per trasferire miliardi di dollari in beni ai suoi figli. Un britannico è stato anche arrestato perché sospettato di aver aiutato Oleg Deripaska ad acquistare illegalmente immobili negli Stati Uniti.
"Sembrano esserci ancora troppi modi per evitare le sanzioni", afferma Duncan Hames di Transparency International UK. Le stesse misure sanzionatorie rimangono incomplete: le personalità prese di mira in Europa non sono prese di mira negli Stati Uniti.
Per Tyler Kustra, professore ad Harvard e all'Università di Nottingham, resta da dimostrare l'efficacia delle sanzioni contro gli oligarchi per ostacolare la guerra lanciata da Vladimir Putin in Ucraina. Ma per Jodi Vittori, questi uomini d'affari rimangono pedine chiave nella macchina del Cremlino: "possono non avere un'influenza diretta su Putin, ma portano cose al regime: mercenari" come il capo del gruppo Wagner, Evgue'ni Prigojine, "minerali chiave, riciclaggio di denaro... L'adozione di sanzioni nei loro confronti rimane importante".