AGI - Eleggere un presidente capace di arginare la violenza in Nigeria è la difficile sfida che deve affrontare il paese più popoloso dell'Africa, che andrà alle urne tra sette giorni per scegliere il Capo dello Stato.
Non passa settimana, non passa giorno, senza che vi siano attacchi, azioni di gruppi criminali, jihadisti o separatisti che tentano di piegare e gettare nel caos il gigante dell'Africa occidentale, uno dei paesi più dinamici del continente.
L'ex generale golpista Muhammadu Buhari, eletto democraticamente nel 2015 e nel 2019 per porre fine all'insicurezza, non si ripresenta alle presidenziali dopo due mandati segnati da un aumento della violenza, in particolare nella sua regione natale, il nord-ovest.
"I politici ci hanno abbandonato al nostro destino", accusa Dahiru Yusuf, che vive a Birnin Gwari, un distretto dello Stato di Kaduna, dove gruppi criminali chiamati "banditi" stanno aumentando gli attacchi ai villaggi e praticando rapimenti di massa a scopo di riscatto. "Non sono riusciti a proteggerci dai criminali che ci terrorizzano, quindi non hanno motivo di venire a chiederci voti", lamenta Yusuf.
Nel nord del paese la situazione è terribile: se il presidente Buhari e il suo esercito sono riusciti a riconquistare alcuni territori in mano ai jihadisti di Boko Haram e dello Stato islamico (Iswap), questo conflitto - dura da 13 anni e ha provocato più di 40mila morti e 2 milioni di sfollati - è tutt'altro che finito.
La situazione si è ulteriormente aggravata e negli ultimi anni si è aperto un nuovo fronte: nel nord-ovest e nel centro bande criminali, che usano ad arte un conflitto mai sopito tra pastori e contadini, operano impunemente nelle zone rurali, attaccando villaggi ma anche cittadini che transitano sulle strade di queste regioni.
Gruppi criminali, inoltre, pesantemente armati, hanno effettuato attacchi su larga scala contro le scuole nel 2021, rapendo più di mille studenti. Molti dei rapiti sono stati rilasciati dietro pagamento di un riscatto, ma alcuni di loro rimangono ancora nelle mani dei criminali nelle foreste, i luoghi dove si nascondono i banditi.
La sicurezza è uno dei temi principali della campagna elettorale di queste elezioni, che si preannunciano molto serrate tra i tre candidati: Bola Tinubu del partito al governo (Apc), Atiku Abubakar del principale partito di opposizione (Pdp) e Peter Obi, l'outsider visto come il candidato dei giovani (Lp).
I tre promettono di farla finita con la violenza e il terrorismo, lo stesso mantra del presidente uscente Buhari, obiettivo, però, che non è riuscito a raggiungere.
Ma la minaccia di violenze diffuse pesa anche sullo svolgimento dello scrutinio del 25 febbraio, durante il quale sono chiamati alle urne circa 94 milioni di elettori per scegliere il presidente, i deputati e i senatori.
Gli analisti, inoltre, pongono molta attenzione al dopo voto, "i gruppi criminali fanno crescere il rischio di proteste post-elettorali che potrebbero anche intensificarsi", secondo il think tank International Crisis Group (Icg). Il presidente della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), Mahmood Yakubu, ha recentemente assicurato che le elezioni si svolgeranno senza problemi.
Le autorità affermano di avere in programma lo schieramento di più di 400 mila uomini delle forze di sicurezza sul territorio. Nonostante ciò, secondo il gruppo di osservazione elettorale Yiaga Africa, lo svolgimento delle elezioni è compromesso in sei stati e 14 distretti locali, a causa dell'insicurezza o della presenza di gruppi armati.
Nel sud-est, afflitto dai disordini separatisti ereditati dalla guerra del Biafra, negli ultimi anni sono stati presi di mira più di 50 uffici delle commissioni elettorali e centinaia di agenti di polizia. Questa violenza è spesso attribuita al Movimento per l'indipendenza dei popoli indigeni del Biafra (Ipob).
Ma Ipob, che chiede la rinascita di uno stato separato per l'etnia Igbo, ha più' volte negato ogni responsabilità.
a quando il paese è tornato alla democrazia nel 1999, dopo anni di dittature militari, le elezioni sono state spesso segnate da violenze politiche, scontri etnici, voti "comprati", frodi elettorali e problemi logistici. La maggior parte degli analisti ritiene che la commissione elettorale sia meglio preparata di prima, in particolare grazie all'introduzione di software biometrici destinati a prevenire le frodi e al trasferimento elettronico dei risultati.
Ma i suoi funzionari hanno avvertito che le recenti gravi carenze di carburante e banconote potrebbero avere un impatto sulla logistica e sul trasporto del materiale elettorale. I nigeriani - la maggior parte dei quali vive in condizioni di povertà - non sono indifferenti alle carenze strutturali di uno stato che non riesce a far fronte ai bisogni della popolazione.
Anzi, da due settimane sono scoppiate sporadiche rivolte in diverse citta' del nord e del sud, con manifestanti che hanno bloccato strade o attaccato banche. Molti analisti temono una deflagrazione alla vigilia delle elezioni presidenziali.
Per il think tank Icg, "le prospettive post-elettorali sono ancora più fosche". In Nigeria i risultati sono quasi sempre stati contestati, e il rischio di violenze, in questa occasione, è ancora più grande perché il paese potrebbe essere chiamato, per la prima volta nella sua storia, a un secondo turno per il ballottaggio se nessuno dei candidati dovesse essere eletto al primo turno, allungando così il periodo elettorale e con esso il rischio di violenze e disordini.