AGI - Decine di migliaia di morti, città colpite o rase al suolo, ma anche monumenti storici, palazzi antichi, moschee che non sono stati risparmiati dal tremendo terremoto dello scorso 6 febbraio. Una distruzione indiscriminata, tra le cui 'vittime' figura anche la cattedrale dell'Annunciazione di Iskenderun, sede del vicariato apostolico dell'Anatolia, soggetta alla Santa Sede, responsabile per la Turchia centro orientale.
Le macerie sovrastate dalla croce della facciata frontale compaiono all'improvviso in una via stretta non lontano dal mare che ha reso la città un importante centro per il commercio sin dai tempi dell'impero Romano d'Oriente.
Il crollo del muro esterno ha messo a nudo un pulpito ligneo su cui sono crollati pezzi del soffitto, le scale a chiocciola divelte, affreschi in frantumi e lo splendido altare di marmo ormai visibile dalla strada. In piedi la facciata frontale, il muro interno e le mura del retro, mentre il soffitto totalmente crollato.
Agi ha incontrato Padre Antuan Ilgit, vicario generale e assistente del vicario apostolico Paolo Bizzeti.
"La chiesa, così com'era, era stata costruita un secolo fa. Precedentemente aveva subito danni e incendi, ma per risalire al primo luogo di culto cristiano bisogna andare molto indietro nel tempo", racconta padre Antuan, che spiega che non si aspettava il crollo.
"Le pietre utilizzate erano spesse, ma è evidente che l'intonaco ha subito una lenta erosione in questi cento anni dovuta alla vicinanza al mare. Non sono un tecnico, ma la cosa che mi colpisce è che la sede dell'episcopato non ha subito alcun danno", spiega padre Antuan, che però in questo momento non pensa alla ricostruzione.
"Dal giorno del terremoto ho sempre usato l'immagine delle pietre vive, vale a dire i membri della nostra piccola comunità che sono rimasti in vita. Sono loro che dobbiamo assistere in questa fase. Solo dopo verrà il momento di pensare alla ricostruzione. Non si può immaginare la sede di un vicariato senza una cattedrale. Si tratta dell'unica presenza della chiesa latina cattolica ad Alessandretta".
Iskenderun, storicamente conosciuta come Alessandretta è una delle città della Turchia con la comunità cristiana più numerosa, conta infatti più di 3 mila battezzati e le famiglie praticanti costituiscono una comunità perfettamente integrata in un Paese a stragrande maggioranza musulmana, una convivenza priva di problemi, tanto che la maggior parte dei fedeli ha dato vita a famiglie miste. E l'assistenza che chiesa sta fornendo non esclude nessuno.
"Scoperto il crollo i nostri parrocchiani hanno iniziato a cercare rifugio qui, poi la voce si è sparsa e sono arrivati anche musulmani e armeni ortodossi. Per due giorni abbiamo ospitato 100 persone e dato fondo a tutte le provviste nelle nostre dispense e acqua condividendo tutto. Io ho tenuto aggiornati tutti attraverso Facebook e abbiamo iniziato a ricevere aiuti da più parti, dentro e fuori la Turcji", racconta padre Antuan mostrando numerosi scatoloni nel giardino dell'episcopato.
Gli ultimi, con vestiti e cibo, sono giunti da Istanbul, ma anche la Marina Spagnola ha inviato una quantità considerevole di provviste.
"Questo ci ha permesso di riattivare la cucina e preparare pasti caldi anche per chi sta fuori. Da 100 pasti i primi giorni ora siamo arrivati a preparare mille pasti e li distribuiamo a tutti".
Un sostegno che non si limita solo ai pasti, ma anche a un posto per dormire e a un'assistenza spirituale che in momenti come questi assume un carattere fondamentale.
"Aiutiamo tutti e ospitiamo tutti, il refettorio e le stanze dell'episcopato sono delle enormi camere da letto, il numero varia sempre perché in molti hanno lasciato la città. - spiega sempre padre Antuan - Attualmente sono 60-70 persone a dormire presso la nostra sede nel refettorio. Qui dormono, mangiano e celebriamo la messa, una celebrazione cui partecipano anche persone di altre fedi. In un momento come questo tutti sentono il bisogno di Dio". Non importa quale.