AGI - A oltre settant’anni dalla fine della guerra, la figlia di un eccentrico collezionista d’arte svizzero, Bruno Stefanini, ha chiesto ad una commissione indipendente svizzera di verificare se gli oggetti della sua vasta collezione siano per caso stati sottratti agli ebrei durante il secondo conflitto mondiale.
La richiesta di Bettina Stefanini non è affatto peregrina, perché nel vasto mercato delle opere d’arte può capitare di incappare in oggetti rubati, frutto di saccheggio. Specie se del periodo della guerra. E non sempre si riesce a risalire con certezza all’origine delle proprietà. Ora la Fondazione che cura le opere e la memoria di Stefanini, deceduto nel 2018, sta cercando di mettere ordine e vederci chiaro in un patrimonio che comprende più di 100.000 pezzi unici, tra i quali 6 mila dipinti a olio, molti dei quali di importanti artisti svizzeri.
Secondo Bettina Stefanini, infatti, “c’è un chiaro obbligo morale nel fare le cose per bene se ce lo si può permettere”. La sua richiesta alla commissione è di valutare l'opportunità di restituire oggetti originariamente di proprietà di ebrei e ritenuti persi a causa della loro persecuzione, come riferisce il New York Times.
Il giornale spiega anche che quando si tratta di collezioni pubbliche, al contrario di quelle private, “i governi di Francia, Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi e Austria hanno istituito commissioni indipendenti per valutare i reclami” mentre la Svizzera “non dispone di un comitato di questo tipo”, anche se lo scorso anno il suo parlamento nazionale ha sollecitato il governo a crearne uno. La commissione è presieduta da Andrea Raschèr, avvocato ed ex funzionario del ministero della Cultura svizzero, specializzato in arte saccheggiata che s’è impegnato a valutare su standard internazionali e considerando anche i Principi di Washington del 1998 sull’arte confiscata dai nazisti.
Per Bettina Stefanini, con questo gesto la Fondazione costituita a nome del padre intende "fare un atto di coraggio e parlare di cose di cui in genere non si parla” e “se indaghiamo sulla provenienza e la proprietà delle opere, allora rafforziamo anche il discorso sulla sicurezza dei musei".
La ricerca sulla loro provenienza sarà pubblicata sul sito web della Fondazione. Finora i ricercatori hanno condotto una revisione preliminare sulle opere ritenute con tutta probabilità esser state sottratte ai loro legittimi proprietari e vendute in seguito alla loro persecuzione. Nel frattempo, la revisione ha messo in chiaro che 6 su 93 sono le opere su cui si sono concentrati i sospetti di una possibile appropriazione indebita. Ma per fugare tutti i dubbi è necessario un esame più approfondito. Da parte sua, la Fondazione Stefanini non ha ancora diffuso l’elenco delle singole opere.
La commissione è composta da 80 persone chiamate a inventariare, fotografare e imballare 85.000 articoli della collezione. A ogni oggetto è stato assegnato un codice Qr per garantire che siano facilmente identificabili. Tuttavia, più di 20 mila opere devono ancora esser inventariate. Tra queste, oggetti come delle case delle bambole, dei sarcofagi, giradischi storici, un piccolo circo, lettere, fotografie e la scrivania in mogano su cui il presidente John F. Kennedy firmò nel 1963 un divieto parziale ai test nucleari. Oltre allo spazzolino da denti placcato in oro di Napoleone, con il suo stemma inciso sopra.