AGI - Due terremoti, quattro scosse di magnitudo compresa tra 6.4 e 7.7 hanno fatto tremare ieri 10 diverse città della Turchia. Una catastrofe che il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha definito "il terremoto più disastroso dal 1938". Allora l'epicentro fu a Erzincan, nel Nord-Est, e nonostante si trattasse di un'area non densamente popolata la magnitudo, stimata in grado 7.8, fece 32.968 vittime.
La repubblica turca era stata fondata solo nel 1923 e la tragedia di Erzincan non fu il primo sisma a scuotere un Paese che già nel 1930 aveva contato oltre 2.500 morti, causati da un terremoto nella provincia di Hakkari, nel Sud-Est al confine con l'Iraq.
È la durissima realtà di un Paese ad elevato rischio sismico: la Turchia è attraversata da due faglie, la anatolica e la africana, a nord e a sud, generate dalla spaccatura della placca arabica che giace nel sud est del Paese. La faglia anatolica interessa inoltre tutta la costa del Paese, rendendo altamente sismiche sia le città del Mar Egeo che del Mar Mediterraneo.
Senza andare troppo a ritroso nel tempo basta guardare agli ultimi 25 anni per comprendere la precarietà della Turchia e la ciclicità con cui questo Paese si ritrovi a fare i conti con movimenti tellurici. Nell'agosto del 1999, un terremoto di magnitudo 7.6 ha fatto tremare per ben 45 secondi la regione del Mar di Marmara mietendo vittime anche a Istanbul. Il bilancio finale fu di 17 mila morti e 40 mila feriti. Si tratta del secondo terremoto più letale nella storia del Paese e non l'unico del 1999.
Nel novembre dello stesso anno un sisma di magnitudo 7.2 uccide 845 persone nella città di Duzce, lontana appena 100 km dall'epicentro del sisma di agosto. Nel 2003, un'altra scossa di magnitudo 6.4 colpisce la provincia di Bingol, una delle aree più povere della Turchia centro orientale. Il bilancio di 167 morti assume toni più drammatici alla luce del fatto che 83 erano bambini.
Passano 7 anni e tanti movimenti tellurici senza danni ne' vittime, ma nel 2010 scosse che supereranno il grado 6 si abbattono su Elazig, non lontana dal sisma del 2003, facendo 42 morti. L'anno seguente, il 2011, è un anno che nella città di Van, al confine con l'Iran, non dimenticheranno. Due diversi terremoti si abbattono nella città, uno di magntudo 7.2 a fine ottobre e uno di magnitudo 5.6 a inizio novembre, per un bilancio di 644 morti e più di 4 mila feriti.
Il terremoto del giugno 2017, a 10 km dalla città turistica di Bodrum e 16 dall'isola greca di Kos, fece appena due vittime e 480 feriti nonostante le scosse avessero raggiunto la magnitudo di 6.3. Il 2020 sarà poi ricordato come un altro anno tremendo per la Turchia. A gennaio, una scossa di magintudo 6.8 colpisce ancora Elazig dopo 10 anni mietendo 41 vittime.
Un sisma che ha fatto tremare anche Siria, Georgia e Armenia. Solo 10 mesi dopo un altro terremoto si abbatte nell'Egeo e uccide 117 persone nella città di Smirne, una delle principali della Turchia. La Turchia è un Paese in cui città estremamente popolose punteggiano una mappa altrimenti caratterizzata da una densità abitativa bassissima; capita così che molte scosse potenti non facciano ne' vittime ne' danni.
È stato il caso di una scossa di magnitudo 5.2 registrata pochi mesi fa nella provincia di Malatya, ma lontana dal centro della città e una scossa di magintudo 5.4 che ha fatto tremare il Mar Egeo pochi giorni fa e si è sentita fino a Istanbul.
La stessa metropoli sul Bosforo trema al pensiero di quanto accaduto in questi giorni. Istanbul siede su un tratto della falda anatolica, ha una densità abitativa tra le più alte al mondo e ha avuto uno sviluppo urbanistico che tra gli anni 80 e 90 si è basato su un'edilizia selvaggia, che assecondava la migrazione dalle aree rurali verso il centro che ha caratterizzato la demografia turca in quegli anni. I turchi ne sono consapevoli ed è per questo che la tragedia di ieri ha colpito ben oltre i confini delle regioni direttamente interessate dal sisma.l