AGI - Per la Turchia si sono mossi settanta Paesi di tutto il mondo; l'Ue ha mobilitato 28 squadre di ricerca e soccorso da 21 Paesi per un totale di circa 1.200 soccorritori e 79 cani da ricerca. Gli Stati Uniti hanno assicurato "tutto l'aiuto necessario", inviando intanto due squadre (oltre 150 esperti). La Nato è pronta ad attivare il meccanismo di solidarietà civile per stare al fianco dell'alleato in questo momento difficile, dove a causa del devastante terremoto sono morte oltre 3.500 persone.
Per la Siria, dove al momento il bilancio è a oltre 1.700 vittime, il quadro degli aiuti non è ancora chiaro. La discrasia rispetto alla Turchia è dovuta non solo alle condizioni interne - la regione colpita, nel Nord-Ovest del Paese tutt'ora sotto il controllo conteso con la violenza tra Governo di Damasco, opposizione, movimenti estremisti e minoranza curda - ma anche alla situazione geopolitica: la Turchia può contare su validi alleati (Nato in primis) che la Siria, isolata nel mondo dopo la rivoluzione del 2011, non ha. A farsi avanti al fianco di Damasco ora solo la Russia e la Cina, principali sponsor del Paese, insieme all'Iran. A pagare il prezzo rischia di essere, ancora una volta, la popolazione civile.
Aleppo, patrimonio Unesco, è stata resa dal suolo. Dopo aver sopportato anni di bombardamenti dai caccia di Damasco e Mosca. Le Ong internazionali fanno appello a intervenire per soccorrere gli intrappolati e dare una copertura agli sfollati. L'Unione europea, che comincia ad avere qualche dito puntato contro per la scarsa tempestività d'azione, spiega che "sta fornendo assistenza alle organizzazioni umanitarie partner che lavorano in loco".
E i soccorritori? "Le squadre dei soccorritori per lavorare sul campo in modo efficace hanno bisogno non solo dell'autorizzazione ma anche del sostegno delle autorità sul posto, altrimenti è impossibile lavorare in maniera effiace e sicura. Per questo lavoriamo su richiesta dello Stato", ha spiegato il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer.
"La richiesta di attivazione del Meccanismo europeo di protezione civile è stata avanzata dalla Turchia ma non dalla Siria. Volendo, potrebbe essere avanzata anche dall'Onu ma finora non è stato fatto", ha spiegato un altro portavoce della Commissione, Balazs Ujvari. "Ricordiamo che l'Ue è il principale donatore della Siria, dal 2011 a oggi ha devoluto 27 miliardi di euro, di cui 500 milioni solo l'anno scorso", precisa.
Nel frattempo però la Mezzaluna rossa siriana ha fatto appello ai Paesi occidentali affinchè revochino le sanzioni e forniscano aiuti. Il portavoce dell'Ufficio dell'Onu per gli aiuti umanitari (l'Ocha), Jens Laerke, ha spiegato che il punto di passaggio tra i due Paesi, unico porta attiva per la consegna di aiuti, è stato compromesso dal sisma. La quasi totalità degli aiuti umanitari destinati al Nord-Ovest viene convogliata dalla Turchia attraverso Bab al-Hawa, unico valico garantito da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
Laerke ha spiegato che il terremoto ha distrutto le strade in Turchia e ha avuto un impatto sul personale locale e internazionale dell'Onu, sui loro partner e sui camionisti che di solito trasportano aiuti. "Stanno cercando le loro famiglie tra le macerie. Anche noi quindi siamo colpiti come tutti" e "questo ha avuto un impatto immediato sull'operazione transfrontaliera", ha evidenziato.
"Useremo tutti i mezzi possibili per raggiungere le persone, compresa l'operazione transfrontaliera e l'operazione in prima linea dall'interno della Siria", ha assicurato. Come se non bastasse, "il fondo umanitario transfrontaliero, che è il principale strumento per fornire aiuti nel Nord-Ovest della Siria, è attualmente vuoto".
Va reintegrato con urgenza. "La Siria rimane una zona grigia dal punto di vista legale e diplomatico", fa notare Marc Schakal, responsabile del programma Siria di Medici senza frontiere. Teme che le Ong locali e internazionali vengano travolte in un Paese devastato da dodici anni di guerra civile, con la contrapposizione tra ribelli, alcuni dei quali orchestrati da potenze straniere, jihadisti, forze curde e l'esercito del governo di Bashar al-Assad, sostenuto dall'Iran, dalla Russia e messo al bando dai Paesi occidentali.