AGI - “Ora tocca alla cultura e alla struttura militare cambiare. Le donne si sono fatte avanti e hanno fatto la loro parte, sotto una forte pressione”, scrive il Washington Post nel raccontare che sono trascorsi ormai dieci anni da quando Leon E. Panetta, allora segretario alla difesa, annunciò la fine dell’esclusione delle donne dal servizio militare. Tanto che nel 2015 la Ranger School ha aperto loro i battenti dopo un paio d'anni di resistenze, anche burocratiche.
Ora, sette anni dopo il loro ingresso, ce ne sono più di 100 che indossano l’etichetta con su scritto “Ranger”. Era il 2015 quando alcune di loro, le pioniere, hanno marciato per 12 miglia con lo stesso zaino che portavano gli uomini, divincolandosi sotto il filo spinato attraverso la famigerata fossa piena di fango e vermi. La fase iniziale della Ranger School sulle montagne fu così come per gli uomini molto fredda quell'inverno.
Il capitano dell'esercito Emily Lilly, madre single di due bambini, oggi quasi cinquantenne, laureata alla Virginia Tech, arrivata al vertice della squadra di combattimento della brigata con la Guardia nazionale dell'esercito della Carolina del Nord, ricorda quel periodo così: “Sapevo che dovevo riuscirci in modo che qualsiasi altra donna che desiderasse questa opportunità potesse ottenerla. Continuavo a pensare che se avessi rovinato tutto, avrebbero potuto chiuderci di nuovo la porta in faccia".
E invece Lilly e le altre, la porta l’hanno spalancata e la tengono aperta rispondendo - attraverso un gruppo di social media ristretto e di supporto – alle molte richieste d’iscrizione e offrendo consigli alle allieve della Ranger School, sottolinea il quotidiano.
Però il loro non è stato un ingresso facile nell’esercito. Se alcuni comandanti hanno cercato di includerle, molti erano i contrari. Una testimone, che adesso si è ritirata dall'esercito e lavora nel settore delle tecnologie, ha definito gli uomini “sorpresi, confusi e minacciosi”. Però con il tempo le cose sono cambiate: “Sono passata dall'entrare in una stanza dove tutti mi odiavano, all'entrare in una stanza senza nemmeno essere notata", ha poi aggiunto. Però, sottolinea, “le donne hanno dovuto a lungo utilizzare l'ironia per sminuire i commenti sulle ‘differenze’ che storicamente sono state utilizzate come arma contro di noi”.
Ma non è finita certo qua. La loro lotta continua, perché - come sottolinea il Post – “le forze armate hanno negato alle donne ruoli di combattimento, essenziali per scalare i vertici dell’esercito”, ponendo loro degli evidenti paletti e limiti. E questa, forse, è stata la parte più frustrante dell'integrazione per la maggior parte di loro, ovvero “la continua mancanza di donne assegnate alle unità delle forze speciali anche se qualificate” ma con tutti i requisiti professionali in ordine.
“Le donne hanno storicamente ricoperto ruoli critici nell'esercito. Tuttavia, esse costituiscono meno del 10% dei membri del servizio US Special Operations Command, rispetto a circa il 19% del Dipartimento della Difesa", si può leggere in un rapporto pubblicato il mese scorso dal Government Accountability Office. Appunto, per loro la lotta per cambiare l’esercito e la sua mentalità è ancora in corso.