AGI - Svezia e Finlandia hanno intrapreso strade diverse nel cammino verso la Nato. Un percorso su cui pesa ancora il veto della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan e che sembra ben incanalato per la Finlandia, ma in salita per la Svezia. Tuttavia per entrambi i Paesi ogni discorso sarà con tutta probabilità rinviato a dopo le elezioni generali previste in Turchia il 14 maggio prossimo.
Lo scorso mercoledì la Finlandia ha cancellato l'embargo nei confronti della Turchia applicato nel 2019 e ha annunciato la ripresa dell'export di acciaio per la produzione di componenti di armamenti e blindati da guerra. Il quotidiano finlandese Hufvudstadsbladet ha annunciato che la finlandese Miilix fornirà 12 mila tonnellate di materiale protettivo per blindati e corazzati fino al 2025. Helsinki ha insomma compiuto un ulteriore passo verso la Nato e l'opzione di un ingresso senza la Svezia, fino ad ora scartata, è diventata una possibilità.
Con il governo finlandese infatti non sembrano esserci particolari ostacoli, come confermato dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu la scorsa settimana. "Con la Finlandia non ci sono problemi, per la Svezia la strada è invece molto lunga", aveva detto il capo della diplomazia di Ankara prima del rogo del Corano che ha scatenato l'ira della Turchia. La situazione di Stoccolma è infatti precipitata in dieci giorni. Prima, a incrinare i rapporti tra Svezia e Turchia era stata una manifestazione andata in scena l'11 gennaio a favore dei separatisti curdi del Pkk. Esattamente quel tipo di manifestazione che Ankara chiede di vietare. Oltre alle bandiere del Pkk, un manichino di Erdogan appeso a testa in giù ha peggiorato il quadro. Inevitabile la convocazione dell'ambasciatore svedese ad Ankara.
A infierire un ulteriore colpo al processo di adesione della Svezia nella Nato l'autorizzazione accordata dalle autorità svedesi per una manifestazione in cui una copia del Corano è stata bruciata dinanzi l'ambasciata turca a Stoccolma. Azione perpetrata da Rasmus Paluden, politico danese con cittadinanza svedese, leader del partito di estrema destra Stram Kurs (Linea dura; ndr). Prima del rogo è scattata la seconda convocazione in una settimana per l'ambasciatore svedese ad Ankara, con cui i turchi hanno chiesto di ritirare l'autorizzazione.
Stoccolma ha però messo al primo posto una presunta 'libertà di espressione' e la situazione è precipitata. Cancellata la visita del ministro della Difesa svedese prevista ad Ankara, vertice trilaterale Turchia-Svezia-Finlandia previsto per febbraio annullato, sempre per volere di Ankara, e la dura condanna di Erdogan che solo apparentemente non lascia spazio a dubbi. "Chi non rispetta i valori sacri non si attenda il nostro sostegno per entrare nella Nato", aveva tuonato appena ieri sera il presidente turco.
Una chiusura apparentemente totale, ma che tuttavia lascia ancora spiragli alla Svezia: "La Turchia sostiene una politica delle porte aperte nella Nato, ma chi vuole entrare a farvi parte deve sottostare alle regole dell'alleanza e agire con uno spirito adeguato. Riteniamo indispensabile che vengano compiuti passi concreti nei confronti di organizzazioni terroristiche, in particolare Feto (i golpisti del 2016; ndr) e Pkk/Ypg (separatisti curdi; ndr)" si legge in un comunicato del Consiglio della Difesa turco, presieduto dallo stesso Erdogan.
Ankara, per dare il via libera, vuole che i due Paesi scandinavi mantengano le promesse contenute nel protocollo di intesa siglato nel vertice Nato di Madrid dello scorso giugno. Gli aspiranti membri Nato, per convincere la Turchia a togliere il veto all'allargamento si erano impegnati ad abolire l'embargo sulla vendita di componenti militari, vietare manifestazioni e raccolte fondi a sostegno del Pkk ed estradare in Turchia i terroristi di cui Ankara chiede la consegna. Il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, aveva parlato di "sei mesi di tempo" per Stoccolma per cambiare le leggi.
Le parole di Kalin sono state pronunciate prima del rogo del Corano, poi definito dallo stesso consigliere "crimine d'odio", ma lasciano semiaperta la porta a Stoccolma, anche perché la barricata contro l'allargamento non potrà reggere per sempre e questo ad Ankara lo sanno bene. Gli emendamenti che la Svezia ha già approvato in linea con il protocollo di Madrid sono entrati in vigore lo scorso 1 gennaio, ma ulteriori cambiamenti saranno necessari nei prossimi mesi.
La Turchia è attesa dalle elezioni il prossimo 14 maggio e il parlamento sarà sciolto 60 giorni prima di quella data. Una circostanza che rende impossibile la ratifica per l'ingresso dei due Paesi nella Nato prima delle elezioni. A cercare di accelerare il processo ci hanno provato gli Stati Uniti. Durante la visita della scorsa settimana a Washington, il segretario di stato Anthony Blinken ha promesso a Cavusoglu che gli Usa avrebbero accelerato sulla fornitura di jet da guerra F16 alla Turchia in cambio del semaforo verde nella Nato a Stoccolma.
Niente di fatto. Ankara vuole che i due Paesi scandinavi mantengano le promesse contenute nel protocollo di intesa siglato nel vertice Nato di Madrid. La Finlandia è sulla strada giusta, la Svezia invece non potrà contare sulla pressione degli Usa e non ha altra scelta che mantenere fede agli impegni contenuti nel protocollo di Madrid.