Due anni dopo che India e Cina si sono scontrate in una serie di schermaglie al confine, la recente istituzione di zone cuscinetto nella regione himalayana del Ladakh è stata salutata come un passo significativo verso il contenimento delle tensioni tra i due giganti vicini, riferisce il Washington Post, secondo cui però “il costante ritiro dell'India dalle sue aree storicamente rivendicate ha finito per sottrarre preziosi pascoli ai Changpas, un popolo tibetano semi-nomade famoso per la produzione di lana di cachemire Pashmina”, meglio conosciuto come l'"oro tenero", un tempo prediletto dai reali Mughal e dall'imperatrice Giuseppina, moglie di Napoleone.
"Quasi tutte le nostre aree di pascolo invernale ora rientrano nelle zone cuscinetto recentemente concordate", ha affermato Konchok Stanzin, un rappresentante del governo locale in Ladakh, tant’ è che “le zone cuscinetto sono state create solo da parte della nostra terra mentre la Cina non ha perso nulla”. Per secoli, dunque, i Changpa hanno allevato le loro capre Pashmina su queste montagne, ad altitudini che superano i 17.000 piedi, oltre 5 mila metri.
E le robuste capre coltivano morbidi sottopelo, rinomati per il loro estremo calore e leggerezza, e i Changpas tagliano la lana e la trasportano nella vicina valle del Kashmir, dove famiglie di abili artigiani tessono le fibre grezze su telai di legno in scintillanti scialli, indumenti e coperte. Tanto che sin dal 1800, questi ambiti materiali da esportazione sono stati spediti dal Kashmir ad acquirenti entusiasti fino a Parigi e Londra. Oggi il cashmere, parola inglese che deriva dal nome della regione, “rimane sinonimo di lana pregiata, anche se la maggior parte del cashmere proviene in realtà da produttori in Cina, Mongolia e Afghanistan”, sottolinea il Post.
Tuttavia nelle regioni indiane del Ladakh e del Kashmir, pastori e tessitori affermano che le loro difficoltà stanno aumentando. Perché se prima del giugno 2020 un chilogrammo di cashmere grezzo costava 120 dollari, ora di dollari ce ne vogliono quasi 220 a causa di uno scontro tra truppe indiane e cinesi che ha portato alla chiusura di aree che un tempo sostenevano le mandrie dei Changpa. Una fornitura disturbata proprio da questo conflitto. Che ha mietuto anche delle vittime tra gli opposti eserciti e se ora il conflitto dovesse continuare “ci sarà un enorme calo delle capre Pashmina” sostengono gli allevatori.
Sta di fatto che l’atmosfera al confine rimane tesa, nonostante le zone cuscinetto. A novembre, il capo dell'esercito indiano, ha dichiarato a una conferenza a Nuova Delhi di non aver visto una "riduzione significativa" del livello delle truppe cinesi vicino al Ladakh. E il 9 dicembre, soldati indiani e cinesi hanno combattuto con mazze e pugni nell'Arunachal Pradesh, uno stato indiano più a sud e ad est lungo il confine di 2.100 miglia. Ad agosto, poi, l'India ha annunciato di schierare imbarcazioni d'assalto anfibie nel lago Pangong. Nel frattempo, sul lato nord del lago, la Cina ha costruito strutture radar e una base militare, circondata da trincee, che potrebbe servire da centro di comando per una divisione di 10.000 soldati.
Il punto è che da una parte l'esercito indiano "vede queste aree come un semplice deserto", ha detto Stobgais, "ma per noi, queste montagne sono la nostra ancora di salvezza", dicono i contadini del cashmere.