AGI - Le donne sono sempre più al centro del dibattito elettorale che in Turchia è già partito in vista delle elezioni del prossimo anno. Stavolta è toccato a Meral Aksener, una donna di ultradestra che cinque anni fa ha fondato un partito nazionalista (Iyi parti) abbandonando il partito cui apparteneva, Mhp, per il rifiuto di sostenere il governo di Recep Tayyip Erdogan e scegliendo di contrastare il presidente turco.
Aksener è diventata con il tempo una figura chiave dell'opposizione e pur avendo ribadito che non sfiderà personalmente il presidente turco alle prossime elezioni ha riempito un palazzetto dello sport di sole donne e si è lasciata andare a discorsi di carattere femminista che per lei sono del tutto nuovi, come del tutto nuova è stata l'apertura al movimento Lgbt, invitato alla manifestazione.
"Si abitueranno alle donne che vivono e ridono liberamente, senza paura", ha detto Aksener, che ha poi accusato il governo di continuare a discriminare uomini e donne su luoghi di lavoro e nella vita sociale. Secondo Aksener infatti, Erdogan vuole che le donne facciano le mogli e le madri e chiude un occhio su femminicidi e matrimoni precoci.
"Scriveremo la storia delle donne di questo Paese nei giorni che verranno", ha ribadito il concetto la leader di un partito che al momento costituisce la seconda forza di opposizione. Ad Aksener si è accodato il nuovo partito Deva, fondato dall'ex ministro dell'economia di Erdogan, Ali Babacan, anche questo movimento fa parte del tavolo dei 6 partiti che si opporranno al presidente in carica.
Babacan ha promesso il ritorno della Turchia nella convenzione di Istanbul, abbandonata due anni fa e la formazione di un ministero che si occupi esclusivamente dei diritti delle donne e si opponga agli abusi e ai matrimoni precoci.
"Non usiamo le donne per la nostra agenda politica, usiamo l'agenda politica per migliorare le condizioni delle donne", ha detto Babacan. È evidente che in queste elezioni i voti delle donne fanno gola e la delusione rappresentata dalla decisione del governo di abbandonare la convenzione di Istanbul contro i femminicidi e le violenze di genere ha creato un malcontento enorme, alla luce anche dei drammatici numeri relativi i femminicidi nel Paese.
A questo si è aggiunto il caso di un matrimonio precoce denunciato da una donna che ora ha 24 anni, ma che è stata fatta sposare a 6 anni dal proprio padre, rappresentante di una confraternita religiosa. Segnali di vita e di voglia di lottare da parte dell'opposizione, apertamente sfidata da Erdogan appena 10 giorni fa a votare la riforma della costituzione che garantisce alle donne turche il diritto di indossare il velo e sancisce la parità tra donne velate e non.
La questione ha rappresentato un vero e proprio autogol per i movimenti che si oppongono al presidente turco. La proposta di riconoscere tali diritti era infatti partita proprio dall'opposizione, ma e' stata colta al volo da Erdogan, che non ha perso l'occasione per rilanciare uno dei temi che ne hanno determinato il consenso negli ultimi 20 anni.
"Ho l'impressione che sarà presto chiaro chi è che abusa dei diritti delle donne in questo Paese", ha detto il presidente turco dopo che la proposta di riforma è stata presentata con la firma di 334 membri del Parlamento turco, il partito Akp del presidente e gli alleati nazionalisti dell'Mhp, su un totale di 600 parlamentari. Numeri non sufficienti a cambiare la costituzione, servono infatti i 2/3 del parlamento, vale a dire 400 voti a favore o 360 per arrivare a un referendum e il ruolo dell'opposizione è essenziale.
Tocca ora proprio all'opposizione lanciare un segnale e raccogliere la sfida di Erdogan su un tema tornato in primo piano perché rilanciato a inizio a Ottobre da Kemal Kilicdaroglu, leader del partito repubblicano Chp di ispirazione laica e tradizionalmente contrario all'uso del velo. Una contrarietà caduta nel 2019, con la campagna elettorale che portato alla vittoria di Ekrem Imamoglu, membro del Chp, a Istanbul. In Turchia il velo è sempre stato un tema di discussione politica e un simbolo distintivo delle diverse anime del Paese.
L'uso del velo, fortemente osteggiato nei primi decenni della repubblica, è stato totalmente vietato in università, scuole, tribunali, parlamento e uffici istituzionali, ospedali e laboratori di ricerca dopo il colpo di stato del 1980. Il partito Akp di Erdogan è andato al potere catalizzando il malcontento accumulatosi in decenni abolendo gradualmente il divieto. L'abolizione del divieto da parte dell'Akp, gradualmente partita nel 2008, ha costituito un processo poi terminato nel 2017, quando è caduto il divieto di indossare il velo per polizia ed esercito.