AGI - Il Giappone ha approvato il suo più grande rafforzamento militare dalla seconda guerra mondiale. E ha messo in guardia dal fatto che la Cina rappresenta la "più grande sfida strategica di sempre", ciò che ha indotto il Paese del sol levante a sviluppare una capacità di contrattacco e di difesa militare finanziata da una spesa record. A scriverne è il Guardian, secondo cui i piani annunciati dal governo venerdì “riflettono il crescente allarme per un esercito cinese sempre più determinato e un regime nordcoreano che continua a migliorare le sue capacità nucleari e i missili balistici”.
Ciò che colpisce di più nella decisione del governo è che il Giappone dopo ben sette decenni di assoluto pacifismo praticato dal dopoguerra ad oggi ha ora smesso d’improvviso di sostenere questa linea. Il risultato di quest’abbandono è che adesso il Giappone ha raddoppiato la spesa per la propria difesa portandola al 2% del Pil almeno per i prossimi cinque anni, derogando così a quello che sembrava essere un proprio imperativo categorico di mantenere la spesa all’1% del suo prodotto interno lordo. Ciò che finirebbe con allinearlo con i paesi della Nato e lo renderebbe il terzo più grande investitore mondiale nella difesa dopo gli Stati Uniti e la Cina.
Si tratta di una contraddizione in termini dal punto di vista costituzionale, visto che l’articolo 9 della Carta giapponese redatto dalle forze di occupazione statunitensi dopo la Seconda Guerra mondiale, esplicitamente “rinuncia alla guerra e vieta al Giappone di usare la forza per dirimere le controversie internazionali”, analizza il quotidiano londinese. In ogni caso, il sostegno dell’opinione pubblica al riarmo e ad avere un esercito più rafforzato è cresciuto in Giappone dopo che è scoppiata la guerra in Ucraina e in seguito “ai timori che un’invasione cinese di Taiwan potesse rappresentare una minaccia per la sicurezza del Giappone” seguita a scrivere il Guardian.
Quanto all’ambasciatore degli Stati Uniti a Tokyo, Rahm Emanuel, questi ha accolto con favore le strategie come "una pietra miliare epocale" per le relazioni Usa-Giappone e per fare dell’Indo-Pacifico un luogo “libero e aperto" e una realtà sostenibile.
Tuttavia, nonostante il consenso del governo sulla natura e la gravità delle minacce alla sicurezza del Giappone, il partito liberaldemocratico al potere si è diviso “su come finanziare l'aumento della spesa per la difesa”, tant’è che il primo ministro, Fumio Kishida, “si è opposto alle richieste di utilizzare i titoli di stato per aiutare a pagare la spesa per la difesa, stimata in 43 trilioni di yen, pari a 320 miliardi di dollari, nei prossimi cinque anni”, optando invece per scommettere sugli aumenti delle tasse che il suo partito e il suo partner di minoranza nella coalizione, Komeito, ha approvato venerdì.
Per il momento, intanto, le forze di autodifesa saranno riorganizzate, con l'esercito, la marina e l'aeronautica “posti sotto un comando congiunto per rispondere più rapidamente alle emergenze”, sottolinea il Guardian.