AGI - "Nel 2021, almeno 160 Stati membri dell'Unesco avevano ancora leggi penali sulla diffamazione. Allo stesso tempo, negli ultimi cinque anni è stata approvata una serie di nuove leggi che puntano a stigmatizzare la cattiva informazione e la disinformazione, il crimine informatico o l'incitamento all'odio, ma con implicazioni potenzialmente gravi per la libertà dei media".
È quanto emerge dal rapporto dell'Unesco "L'uso scorretto del sistema giudiziario per attaccare la libertà di espressione", reso noto in Italia dall'associazione Ossigeno per l'Informazione alla vigilia della Giornata mondiale dell'Onu del 10 dicembre. "Dal 2016 sono stati adottati o emendati almeno 57 leggi e regolamenti in 44 paesi per il loro contenuto eccessivamente vago - si legge nello studio Unesco - o per le sanzioni sproporzionate da esse previste che rappresentano un rischio per la libertà di espressione online e la libertà dei media". Il rapporto evidenzia un arresto nella campagna mondiale volta a depenalizzare della diffamazione, che andava diffondendosi un decennio fa, anche all'interno di Paesi che hanno reintrodotto la criminalizzazione della diffamazione.
A livello mondiale sono ora 160 i Paesi che puniscono la diffamazione come un reato. Negli ultimi cinque anni sono state approvate una serie di nuove leggi per combattere la cattiva informazione e la disinformazione, la criminalità informatica o l'incitamento all'odio, ma con conseguenze potenzialmente disastrose per la libertà dei media.
Inoltre, diversi Paesi hanno inasprito o reintrodotto norme in materia di diffamazione scritta e orale e ingiuria, promulgando nuove leggi volte a rafforzare la sicurezza informatica, e a combattere le "notizie false" e l'incitamento all'odio. Oltre all'inasprimento della diffamazione penale, c'è stato anche un aumento dei ricorsi per diffamazione civile, che spesso si traduce in richieste sproporzionate di indennizzi e in fenomeni di turbativa della libertà di espressione e del lavoro dei giornalisti.
La nota dell'Unesco evidenzia anche l'aumento di pratiche abusive come il "forum shopping", che si riferisce alla pratica di selezionare il tribunale in cui intentare un'azione sulla base della prospettiva dell'esito più favorevole, anche quando non vi è o vi è solo una tenue connessione tra le questioni legali e la giurisdizione di riferimento.
Le azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica (SLAPP) da parte di attori potenti che vogliono mettere a tacere le voci critiche e minare il controllo sono in aumento in diverse zone, per il significativo interesse e attenzione dimostrati nei loro confronti da parte di avvocati e organismi internazionali, in particolare in Europa.
Il vero obiettivo delle liti temerarie (SLAPP) non è vincere una causa giudiziaria, ma sopraffare l'imputato attraverso procedimenti legali prolungati, costi eccessivi - anche a rischio di bancarotta - con tutte le conseguenze psicologiche che essi comportano.
Le SLAPP incentrate sulle accuse di diffamazione sono spesso utilizzate per spingere i giornalisti a mollare il loro lavoro impedendo così la pubblicazione di determinati contenuti che vengono rimossi e scoraggiando altri dal trattare gli stessi problemi. "Un'altra tendenza preoccupante è l'aumento dell'uso delle cause civili per diffamazione in tutte le regioni, e in particolare nei paesi che l'hanno depenalizzata - si legge nel rapporto Unesco - Ciò spesso genera risarcimenti danni eccessivi, e un uso improprio per prendere di mira i giornalisti che pubblicano contenuti che infastidiscono pubblici ufficiali o soggetti economici potenti".