AGI - Si è concluso senza accordo l'incontro a Bruxelles tra il presidente serbo, Aleksandar Vucic, e il premier del Kosovo, Albin Kurti. "Riguardava la responsabilità di entrambi i leader di ridurre urgentemente l'escalation. Purtroppo oggi non hanno concordato una soluzione", ha detto l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell.
Borrell non ha esitato ad aggiungere che i due dovranno ritenersi "responsabili di qualsiasi escalation e violenza che potrebbero verificarsi sul campo". Vucic e Kurti erano stati convocati nella capitale belga poche ore prima della scadenza, proprio oggi, dell'ultimatum dato da Pristina sulle targhe utilizzate dai serbi kosovari, un incontro dell'ultimo minuto per trovare una soluzione.
La crisi si trascina da quando il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza dalla Serbia nel 2008, un passo mai riconosciuto dal governo serbo. Ma ora il Kosovo ha anche deciso che i circa 10mila cittadini serbi kosovari nel nord del suo territorio e i cui veicoli hanno targhe emesse dalla Serbia devono sostituirle con targhe kosovare, a rischio di pesanti multe.
Parlando con la stampa serba, Vucic ha assicurato di esser stato "assolutamente costruttivo" mentre la leadership kosovara "non ha voluto accettare nulla in nessun momento, aggiungendo cose che erano chiaramente impossibili" da accettare.
Dal canto suo, Kurti ha replicato che il Kosovo avrebbe voluto colloqui più ampi per arrivare alla piena normalizzazione delle relazioni. Borrell ha riferito di aver presentato a Vucic e a Kurti una proposta che il serbo ha accettato ma "purtroppo" non il kosovaro.
Ora -ha aggiunto- l'Ue si attende che "il Kosovo interrompa immediatamente le nuove immatricolazione dei veicoli nel Nord del Kosovo e che la Serbia sospenda la distribuzione di nuove targhe"; ha anche spiegato che questa era la proposta avanzata a entrambi i leader ma, poiché non è andata in porto "per tanti motivi diversi", ha chiesto a Belgrado e Pristina di "aderire comunque alle sue richieste"; in attesa appunto di trovare "una soluzione sostenibile" per entrambi. Perché "non si può passare di scadenza in scadenza, di crisi in crisi".
Pristina aveva deciso di prorogare fino al 21 novembre, e dunque fino a oggi, l'ultimatum dato ai serbi kosovari per cambiare le loro targhe serbe con targhe kosovare. Ma partire dal 21 novembre e per due mesi, il possesso delle targhe serbe in Kosovo sarà punito con multe: mentre tra il 21 gennaio e il 21 aprile sarà consentito l'uso di targhe temporanee, per cui l'uso obbligatorio delle targhe kosovare per i serbikosovari slitta fino al 22 aprile.
Comunque insoddisfatti, all'inizio di novembre, i rappresentanti dei serbi del Nord del Kosovo nelle istituzioni del Paese hanno rassegnato le dimissioni da tutte le loro cariche pubbliche, in Parlamento, nel governo, nella giustizia, nella polizia e nei quattro comuni del Nord del Kosovo dove i serbi sono la maggioranza. Borrell ha sottolineato che né la missione di polizia che l'Ue ha dispiegato in Kosovo, né la missione militare della Nato possono sostituire il lavoro della polizia locale nel Nord del Paese, poiché questo compito non figura nei loro mandati né hanno le capacità per farlo.
Borrell ha assicurato che informerà i ministri degli Esteri dell'Ue e i loro partner internazionali "sul mancato rispetto degli obblighi giuridici internazionali" di entrambe le parti, "soprattutto del Kosovo", ma ha sottolineato che Pristina e Belgrado hanno inviato "un messaggio politico molto negativo".
"Ho chiarito a entrambi che se l'adesione all'Ue è il loro obiettivo primario, per il quale entrambi si sono impegnati, ci aspettiamo che si comportino di conseguenza". Pur non avendo raggiunto un accordo, Borrell ha assicurato che il dialogo per normalizzare i rapporti tra la Serbia e il Kosovo continuerà ad essere tra le "priorita'" della sua agenda.
Con l'obiettivo principale di mandare un forte messaggio di distensione a Serbia e Kosovo, protagoniste di una crisi che preoccupa non solo l'Italia ma anche Bruxelles, i ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guido Crosetto, si recheranno domani in visita prima a Belgrado e poi a Pristina.
Al centro dell'agenda, questioni di carattere bilaterale e regionale: dal processo di integrazione Ue dei Balcani, alla normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, passando per i flussi migratori.
La missione si colloca sullo sfondo dell'urgenza di sottrarre la regione all'accresciuta influenza di Mosca, anche dopo l'invasione dell'Ucraina. A Belgrado prima e a Pristina poi, i due ministri hanno in programma di incontrare in modo congiunto i due leader: il presidente serbo, Aleksandar Vucic, e il premier del Kosovo, Albin Kurti.
Separatamente, invece, Tajani e Crosetto vedranno i rispettivi omologhi di Esteri e Difesa. In Kosovo, è prevista anche la visita ai militari italiani impegnati in loco: il nostro Paese partecipa alla missione europea Eulex e ha il comando di quella Nato Kfor, attiva in Kosovo dal 1999.
Sul piano bilaterale, i rapporti tra Roma e Pristina si incardinano soprattutto su questa nostra presenza (circa 700 soldati), che Tajani ha già definito "strumento di politica estera", mentre con Belgrado si punta anche al rilancio delle relazioni, dopo l'insediamento, lì come a Roma, dei nuovi governi.
Nei contatti telefonici avuti già a inizio novembre con Vucic e Kurti, il titolare della Farnesina ha ribadito "l'impegno dell'Italia per la stabilità nei Balcani". "Intendiamo svolgere un ruolo di stabilizzazione dei Balcani come grande Paese protagonista della storia nei rapporti fra i Balcani, l'Occidente e l'Europa", aveva poi aggiunto il ministro degli Esteri.
"La situazione sta degenerando", ha avvertito Crosetto, auspicando che la missione di domani contribuisca a "scongiurare" un aggravamento. La crisi è seria: Vucic ha messo l'esercito in stato d'allerta, Belgrado ha avvistato droni militari sul confine, mentre il 5 novembre i serbi impiegati nelle istituzioni pubbliche kosovare hanno dato le dimissioni in massa, chiedendo il ritiro delle disposizioni sulle targhe.
Per ora, solo i rappresentanti serbi sono tornati ai loro posti in Parlamento. Continua, intanto, il lavorio diplomatico dell'Ue: oggi a Bruxelles l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, ha ricevuto Vucic e Kurti per provare a trovre un accordo.
Un compromesso al vaglio è quello di introdurre una sorta di 'targhe neutre', che non prevedano simboli o sigle nazionali del Kosovo. La normalizzazione dei rapporti Belgrado-Pristina è strettamente legata al più ampio dossier dell'adesione dei Balcani all'Ue, su cui ora pesa il contesto geopolitico creato dalla guerra russa all'Ucraina: l'equilibrismo di Vucic, tra il sostegno politico di Mosca sul Kosovo e i fondi strutturali Ue, per rilanciare l'economia appare incompatibile con possibili progressi in tema di integrazione e l'auspicio è vedere la Serbia allinearsi alla politica di sicurezza Ue, in termini di sanzioni contro la Russia.
La missione nei Balcani ha in agenda anche il tema dei flussi migratori lungo la rotta balcanica, che ha visto gli arrivi passare dai 60 mila del 2021 agli oltre 100 mila già toccati nell'anno in corso: alla Serbia - che non prevede visti d'ingresso per diversi Paesi, tra cui alcuni africani - viene chiesto di allinearsi al regime di visti europeo.